di
Mons. Donald J.
Sanborn 1
Le
variazioni introdotte dal Concilio Vaticano II e
dalle successive riforme nel culto, nella morale e
nella disciplina della Chiesa cattolica hanno
causato la reazione di numerosi sacerdoti e fedeli
che hanno deciso di resistere a tali variazioni
rifiutandone l'adozione. Tuttavia, pur condividendo
la critica al Concilio, questi cattolici fedeli alla
Tradizione non si trovano d'accordo tra loro sulle
implicazioni che comporta la loro resistenza,
soprattutto per quello che concerne il grave
problema posto dai rapporti con l'Autorità che ha
promulgato tali cambiamenti. Giacché la Nuova Messa,
il nuovo Codice di Diritto Canonico e una miriade di
documenti in rottura con il Magistero bimillenario
della Chiesa sono stati varati dai «papi
conciliari», quale dev'essere l'attitudine dei
cattolici nei confronti dell'Autorità nella Chiesa?
Può un cattolico resistere al Papa e rimanere
cattolico? È ancora Papa chi promulga qualcosa di
dannoso per le anime? |
Presentazione
Il sedevacantismo è la
posizione teologica di quei cattolici «tradizionalisti» che
con la massima certezza credono nel papato,
nell'infallibilità pontificia e nel primato del Romano
Pontefice, e tuttavia non riconoscono Francesco I come
legittimo successore di Pietro nel primato. In altre parole,
non riconoscono Jorge Mario Bergoglio come vero Papa. Il
termine «sedevacantismo» è composto da due parole latine che
insieme significano «la Sede (Apostolica) è vacante».
Nonostante i vari argomenti sollevati contro questa
posizione - cioè che sia basata su una falsa aspettativa che
il Papa non possa commettere errori, o che si tratti di una
reazione emotiva ai problemi nella Chiesa - la posizione
sedevacantista è fondata sulle dottrine cattoliche
dell'infallibilità e dell'indefettibilità della Chiesa.
Bisogna che il cattolico «tradizionalista» si chieda
anzitutto perché ha scelto di essere tale. Perché non
assiste alle Messe del Novus Ordo? Perché rigetta gli
insegnamenti del Concilio Vaticano II sulla libertà
religiosa e sull'ecumenismo?
Sopra: 7 marzo
1965: Paolo VI celebra la prima Messa in lingua
volgare nella
chiesa parrocchiale di Ognissanti, a Roma.
Perché rifiuta il nuovo Codice
di Diritto Canonico secondo il quale, in certe circostanze,
gli scismatici e gli eretici possono, senza abiura dei loro
errori e senza professione della fede cattolica, ricevere da
un sacerdote cattolico i Sacramenti della Penitenza,
dell'Estrema Unzione, e la SS.ma Eucaristia? Se il cattolico
tradizionale risponde correttamente alla prima domanda,
afferma molto semplicemente che la Nuova Messa è senza
dubbio un pericolo per la fede e che, a causa dei
cambiamenti radicali nell'Offertorio e nella Consacrazione,
è dubbio che la transustanziazione abbia luogo.
Nella stessa
occasione, Paolo VI comunica i fedeli non più in ginocchio,
ma in piedi. É
l'inizio della rivoluzione liturgica...
In risposta
alla seconda domanda, il cattolico tradizionale dovrebbe
affermare propriamente che gli insegnamenti che si trovano
nei decreti sulla libertà religiosa e sull'ecumenismo del
Vaticano II sono stati condannati dai Papi precedenti, e in
particolare da Papa Pio IX nel Sillabo degli Errori.
Infine, alla terza domanda, il cattolico «tradizionalista»
risponderebbe sicuramente che tale legge del nuovo Codice
non può mai essere considerata come legislazione vera e
obbligante poiché i Sacramenti verrebbero altrimenti
amministrati sacrilegamente ad eretici e scismatici. Mons.
Marcel Lefebvre ebbe a scrivere in modo pertinente il 29
giugno 1976, in occasione della sospensione a divinis
comminatagli da Paolo VI:
«La
Chiesa conciliare è una Chiesa scismatica,
perché rompe con la Chiesa cattolica qual'è
sempre stata. Essa ha i suoi nuovi dogmi, il suo
nuovo sacerdozio, le sue nuove istituzioni, il suo
nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in
molti documenti ufficiali e definitivi. La Chiesa
conciliare è scismatica, perché ha preso per base
per il suo aggiornamento, principî opposti a quelli
della Chiesa cattolica, come la nuova concezione
della Messa espressa al nº 5 della Prefazione al
(decreto) "Missale Romanum" e al nº 7 del suo primo
capitolo, che attribuisce all'assemblea un
ruolo sacerdotale che non può esercitare; come
similmente il naturale - vale qui a dire divino -
diritto di ogni persona e di ogni gruppo di persone
alla libertà religiosa. Questo diritto alla
libertà religiosa è blasfemo, perché attribuisce
a Dio scopi che distruggono la Sua Maestà, la Sua
Gloria, la Sua Regalità. Questo diritto implica
libertà di coscienza, libertà di pensiero, e tutte
le libertà massoniche. La Chiesa che afferma tali
errori è al tempo stesso scismatica ed eretica.
Questa Chiesa conciliare è, pertanto, non cattolica.
Nella misura in cui Papa, vescovi, preti e fedeli
aderiscono a questa nuova Chiesa, essi si separano
dalla Chiesa cattolica». |
Ma può un vero Papa separarsi
dalla Chiesa di cui è capo? Per quanto questo argomento
possa essere spiacevole, i cattolici «tradizionalisti»
devono perciò dare una risposta a queste terribili e
brucianti domande: La Chiesa conciliare è la Chiesa
cattolica? Francesco I, capo della Chiesa conciliare, è un
vero Papa? Il sedevacantista risponderebbe senza esitazione
e senza ambiguità: no.
Credere altrimenti, rispondere sì
alle domande di cui sopra, implicherebbe che la Chiesa
cattolica ha fallito il suo scopo, che la Chiesa di Cristo
non è infallibile e indefettibile, che il Papa non è la
roccia su cui Cristo ha fondato la Sua Chiesa, che la
promessa di Cristo di essere con la Sua Chiesa «tutti i
giorni fino alla consumazione del mondo» e che la
speciale assistenza dello Spirito Santo sono mancate alla
Chiesa, conclusioni che nessun cattolico potrebbe mai
accettare. E d'altra parte, come può un cattolico da un lato
rifiutare la Nuova Messa, gli insegnamenti eretici del
Concilio Vaticano II e il nuovo Codice di Diritto Canonico,
e dall'altra continuare a riconoscere come vero Papa proprio
colui che ufficialmente promulga e impone questi errori?
Sopra: il 13
novembre del 1964, mentre era in corso la seconda sessione
del Concilio Vaticano II,
Paolo VI
lasciò il suo trono e avanzò nella Basilica vaticana con la
mitra in testa reggendo
un cuscino con
la tiara. Il Papa, tra lo stupore dei presenti e lo sgomento
di alcuni prelati, depose la tiara
sull'altare. A
molti parve una rinuncia del potere pontificio,
simboleggiato da quel copricapo.
Introduzione
Un fatto immensamente
deplorato tra coloro che hanno resistito ai cambiamenti
voluti dal Concilio Vaticano II (1962-1965) è che
essi stessi non sono d'accordo tra loro. Perché sebbene
concordino sulla necessità fondamentale di resistere alle
riforme introdotte dal Vaticano II, nondimeno cercano di
differenziarsi gli uni dagli altri su altre istanze.
Infatti, i «tradizionalisti» impiegano la maggior parte
delle proprie energie nel combattersi a vicenda, e non nel
combattere i modernisti. Tale stato di cose dev'essere
certamente una delizia per il diavolo, poiché questa lotta
intestina indebolisce smisuratamente la resistenza al
modernismo. Alla radice di quasi tutte le dispute vi è la
questione della Chiesa. «Dov’è la Chiesa»?
La fede cattolica
è da identificarsi con la religione del Novus Ordo Missæ?
Si tratta di una faccenda spinosa, poiché se si risponde
affermativamente - e cioè che la religione del Novus Ordo
Missæ è la fede cattolica - allora la resistenza ad
essa diviene scismatica, ed eventualmente eretica.
D'altra parte, se la risposta è negativa, allora sorge il
problema della Chiesa cattolica priva di una Gerarchia
visibile. Così, la grande linea di demarcazione tra le
diverse fazioni di «tradizionalisti» è costituita dalla
questione della Chiesa. E poiché il Papa è il capo visibile
della Chiesa, tale controversia si esprime ovviamente nei
termini del «papato» di Francesco I.
Sopra: Sia
Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno dato la comunione
nella mano.
Ecco un'altra
novità introdotta dalla cosiddetta «pastorale liturgica».
La ragione per cui così
tanti «tradizionalisti» lo considerano Papa, è che di fatto
insistono che egli sia tale non perché sono innamorati della
sua teologia, ma piuttosto perché per loro l'identificazione
della religione del Novus Ordo Missæ con la Chiesa
cattolica romana è una necessità teologica. Essi la
considerano un'esigenza a causa dell'indefettibilità della
Chiesa, e cioè che essa deve perdurare fino alla fine dei
tempi con una Gerarchia visibile. Da ciò, essi concludono
che, eretico o meno, Francesco e il collegio dei Vescovi del
Novus Ordo Missæ rappresentano la Gerarchia della
Chiesa cattolica, poiché essi sono stati debitamente eletti
e nominati, e sono succeduti al soglio dei loro predecessori
cattolici.
«Negate questo - essi dicono - e
negherete la Chiesa. Ripudiate questa Gerarchia - essi
dicono - e sarete degli scismatici, poiché vi tagliate
fuori dalla Gerarchia cattolica». Tuttavia, all'interno
dell'altro schieramento l'indefettibilità conduce in realtà
alla conclusione opposta. Il Vaticano II è eretico.
Francesco I è eretico. I Vescovi sono eretici. I nuovi
sacramenti non sono cattolici e, nella maggior parte dei
casi, sono entrambi dubbiosamente validi o categoricamente
invalidi. Nel nome dell'indefettibilità, perciò, questi
«tradizionalisti» dichiarano che è una necessità teologica
che la religione del Novus Ordo Missæ non sia la fede
cattolica e, conseguentemente, la Gerarchia del Novus
Ordo Missæ non può essere la Gerarchia cattolica.
Sopra: A.
Villani e Figli, Giovanni da Modena. L'inferno: gli
scismatici,
Bologna,
chiesa di San Petronio (Cappella Bolognini).
Questo
amaro disaccordo, che ironicamente trae origine dallo stesso
principio di indefettibilità, è il risultato del fatto che
quei «Papi» e quei «Vescovi» che sono succeduti, attraverso
le normali vie di successione, sui seggi dei Papi e dei
Vescovi cattolici preconciliari, hanno dato vita, attraverso
il Vaticano II e le sue successive riforme, ad una religione
che non è identificabile con la fede cattolica bimillenaria.
Quindi, la questione è: in cosa consiste l'indefettibilità?
Consiste nella fede? O consiste in una successione visibile
dal tempo degli Apostoli?
La risposta è che
l'indefettibilità della Chiesa cattolica consiste in
entrambe, e negare l'una o l'altra sarebbe un «errore
grave e pernicioso», per usare le parole di Papa
Leone XIII (1810-1903). Se consideriamo il fine primario
della Chiesa (e le immediate cause efficienti di salvezza),
constatiamo che si tratta indubbiamente di un’istituzione
spirituale; ma a riguardo degli elementi che la
costituiscono e dei mezzi che conducono a tali doni
spirituali, essa è anche esteriore e necessariamente
visibile.
Per tale motivo, la Chiesa è spesso chiamata nella
Sacra Scrittura Corpo, e per giunta Corpo di Cristo: «Ora
voi siete corpo di Cristo» (1 Cor 12, 27). E
precisamente in quanto Corpo, essa è la Chiesa visibile; e
poiché è il Corpo di Cristo, essa è vivente e vivificante,
perché per mezzo dell'infusione del Suo potere, Cristo la
custodisce e la sostiene, proprio come la vite dà nutrimento
e rende fruttiferi i tralci ad essa attaccati.
«Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto,
perché
senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene
gettato
via come
il tralcio
e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo
bruciano» (Gv 15, 7-8).
E come negli
animali il principio vitale è invisibile ed è reso evidente
e manifesto dai movimenti e dalle azioni delle membra, così
il principio della vita soprannaturale nella Chiesa è
chiaramente mostrato in ciò che viene realizzato da essa. Da
ciò ne consegue che quelli che arbitrariamente evocano e si
immaginano una Chiesa nascosta e invisibile sono caduti in
un errore grave e pernicioso. Ma ci sono anche quelli che
considerano la Chiesa come un'istituzione umana che richiede
una certa obbedienza nella disciplina e nei doveri esterni,
ma che è priva della perenne comunione del dono della grazia
divina, ed è priva di tutto ciò che testimonia, tramite
costanti ed indubitabili segni, l'esistenza di quella vita
attinta da Dio.
È certamente impossibile che la Chiesa di
Gesù Cristo possa essere l'una o l'altra cosa separatamente,
come se l'uomo potesse essere o il solo corpo o la sola
anima. La connessione e l'unione di entrambi gli elementi è
assolutamente necessaria alla vera Chiesa come lo è l'intima
unione di anima e corpo nella natura umana
2.
Analisi della dottrina dell'infallibilità
della Chiesa
La nozione fondamentale di
indefettibilità è che la Chiesa deve perdurare fino alla
fine dei tempi con la natura essenziale e le qualità di cui
Gesù Cristo l'ha dotata fin dalla sua fondazione. In altre
parole, è impossibile che la Chiesa cattolica subisca un
cambiamento sostanziale. Può, e deve, in effetti, subire
molti cambiamenti accidentali, specialmente nelle sue leggi,
in modo da reagire prudentemente a circostanze diverse in
epoche diverse, ma tali cambiamenti accidentali non devono
mai toccare la sostanza della fondazione di Gesù Cristo.
Questa indefettibilità è un segno certo dell'origine e del
carattere soprannaturale della Chiesa, perché nessuna
organizzazione umana potrebbe attraversare duemila anni e
rimanere essenzialmente identica. La sua indefettibilità è
sempre più un segno della sua origine e assistenza divine,
soprattutto se si considera quante volte e con quale forza i
nemici della Chiesa hanno cercato di alterarla nella sua
essenza. In che consiste tale natura essenziale? Quali sono
queste qualità essenziali? L'indefettibilità primaria della
Chiesa cattolica risiede nella dottrina.
La fede
oggettivamente considerata, ossia il deposito della sacra
dottrina rivelata, è il fondamento dell'intera struttura
della Chiesa cattolica. Parimenti, la fede soggettivamente
considerata, cioè la virtù della fede, è la base dell'intera
vita soprannaturale dell'anima. Per cui, il modo più
rilevante in cui la Chiesa cattolica non può errare sta
nell'insegnamento della vera dottrina. Dal momento che
Dio è immutabile, la dottrina della Chiesa è dunque
immutabile, ed è una prova dell'assistenza di Gesù
Cristo verso la Sua Chiesa che il suo insegnamento sia
rimasto identico e coerente nel corso di duemila anni della
sua esistenza.
Una sola contraddizione o incoerenza
all'interno del suo Magistero ordinario e straordinario
sarebbe sufficiente per provare che, in un dato momento,
essa è stata privata dell'assistenza di Dio. Tuttavia, la
sua indefettibilità non si limita alla dottrina, ma si
estende anche a tutte quelle cose di cui è stata dotata dal
suo Divino Fondatore. Sappiamo che Cristo a dotato la Sua
Chiesa di
una struttura e di un potere. Egli ha fondato la Chiesa come
una monarchia, collocando tutti i poteri nelle mani di San
Pietro. Ha istituito anche i Vescovi che, in unione a San
Pietro e a lui soggetti, avrebbero governato la Chiesa nelle
varie località.
«Io sono il
Signore, non cambio» (Ml 3, 6).
A tale struttura Egli ha conferito il potere
di insegnare, di governare e di santificare l'intera razza
umana. Questo potere deriva dalla missione apostolica, vale
a dire l'atto di essere inviati da Cristo allo scopo di
salvare le anime. Perciò, questa struttura e questa missione
verso le anime degli uomini deve perdurare inalterata in
tutte le epoche. Per di più, la Chiesa è investita del
potere degli ordini, attraverso i quali gli esseri umani
vengono resi strumenti soprannaturali del potere divino per
effettuare la santificazione soprannaturale degli uomini
attraverso i Sacramenti, e in particolare il Santissimo
Sacramento dell'Eucaristia. Perciò la Chiesa sarebbe in
errore:
-
Se cambiasse la sua
dottrina;
-
Se alterasse o
abbandonasse la sua struttura monarchica e gerarchica;
-
Se perdesse o cambiasse
sostanzialmente o abbandonasse la missione apostolica
dell’insegnamento, del governo e della santificazione
delle anime;
-
Se perdesse, cambiasse
sostanzialmente o abbandonasse il potere degli ordini.
L'insegnamento
dell'indefettibilità è confermato da diversi documenti
ecclesiastici. Il primo è la Bolla Auctorem Fidei
(del 28 agosto 1794) di Papa Pio VI (1717-1799), che
condannò come eretica la seguente proposizione del
Conciliabolo di Pistoia (1786):
«In
questi ultimi tempi è stato diffuso un oscuramento
generale delle verità più importanti attinenti alla
religione che sono le basi della fede e degli
insegnamenti morali di Gesù Cristo». |
Sopra: Papa
Pio VI.
Il secondo documento è
l'Enciclica Satis Cognitum, di Papa Leone XIII.
Avendo prima spiegato in cosa la Chiesa sia spirituale e in
cosa sia visibile, ed enfatizzando il fatto che queste due
cose sono assolutamente necessarie alla vera Chiesa,
analoghe alla necessità dell'unione di corpo e anima per
l'essere umano, egli poi afferma: «E poiché la Chiesa è
quello che è per volontà e istituzione divina, ha da
rimanere tale in perpetuo». Inoltre, il Concilio
Vaticano I (1870) ha proclamato: «Il Pastore eterno e
Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne la salutare
opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa»
3. Vi sono altresì molti scritti dei
Padri che sostengono l'indefettibilità della Chiesa, e
d'altronde questo è l'insegnamento universale dei teologi.
Il problema
Come si concilia il presente
stato della Chiesa cattolica con l'indefettibilità? Questo
problema, con le sue diverse soluzioni, è alla radice della
maggior parte delle controversie tra quanti sono rimasti
fedeli alla Tradizione. Il problema si pone più direttamente
in questo modo: dov'è la Chiesa? Poiché nessuno può errare
nel seguire la Chiesa cattolica, almeno nei suoi compiti
essenziali di insegnamento della dottrina, di guida delle
anime verso il Paradiso attraverso le sue leggi generali, e
nel suo compito di santificare le anime per mezzo di
Sacramenti validi.
Perciò, allo scopo di salvare la propria
anima, basta semplicemente sapere dov'è la Chiesa. Uno può e
deve, in perfetta buona fede, seguire l'insegnamento e i
precetti della Chiesa in maniera da salvare la propria
anima; porsi contro questi precetti equivale ad essere
eretici, scismatici o
almeno gravemente disobbedienti. In ogni caso, una persona potrebbe
non salvare
la propria anima. Tale particolare questione è altamente
problematica
per il fatto che non importa come si risponde a riguardo
della religione del Novus Ordo, ossia se essa
possieda o meno la fede cattolica, ma rischia di incorrere
nel grave problema dell'indefettibilità:
-
Se si risponde che il
Novus Ordo è cattolico, allora ci si imbatte
nell'immane problema dell'abbandono dell'insegnamento,
della defezione della legislazione generale della Chiesa
e della defezione dei Sacramenti. Esso riduce
all'assurdità - senza far menzione del peccato di
disubbidienza e di scisma - la resistenza sistematica al
Novus Ordo opposta dai «tradizionalisti».
-
Se, d'altra parte, si
risponde che il Novus Ordo non è cattolico,
allora ci si trova ineluttabilmente di fronte al
problema di trovare la Chiesa visibile, poiché
sembrerebbe che l'intera Gerarchia cattolica abbia
apostatato e creato questa nuova sétta non cattolica.
Così, la risposta affermativa conduce alla defezione
delle qualità spirituali essenziali della Chiesa.
Sopra: Assisi,
20 settembre 2016; Francesco I durante l'ennesimo incontro
interreligioso
di preghiera per la pace insieme ai leader delle
religioni mondiali
(eretici,
scismatici, islamici, ebrei, pagani, ecc...).
Posta in altro modo, la
risposta affermativa sembra condurre all'abbandono della
missione della Chiesa, dal momento che la risposta negativa
sembra condurre a una defezione della sua struttura.
Tuttavia, sappiamo da Papa Leone XIII che entrambe sono
assolutamente necessarie per la Chiesa, come il corpo e
l'anima per la natura umana, e che entrambe devono durare
fino alla fine dei tempi in modo che la Chiesa sopravviva
grazie alla sua indefettibilità. Ecco che si possono
scorgere facilmente le cause dell'aspra controversia, poiché
ciascuna fazione percepisce sé stessa come l'autentica
salvatrice della Chiesa.
Una fazione, quella che sostiene la
cattolicità del Novus Ordo, considera sé stessa come
quella che afferma la struttura visibile della Chiesa contro
quelli che invece la vorrebbero abbandonare, mentre l'altra
fazione, quella che non considera cattolica la religione del
Novus Ordo, si considera quella che afferma la purezza
spirituale e dottrinale della Chiesa contro quelli che la
vorrebbero macchiare associandola al Novus Ordo. E
poiché c'è in corso una battaglia per la Chiesa stessa, i
«tradizionalisti» combattono molto più aspramente tra loro
che non contro il Novus Ordo.
Le soluzioni
Esistono essenzialmente tre
soluzioni proposte per risolvere questo problema:
-
La soluzione dell'Ecclesia
Dei (o del motu proprio Summorum Pontificum);
-
La soluzione lefebvriana;
-
La soluzione
sedevacantista.
Si sarebbe portati a pensare
che esistano solo due soluzioni, essendovi qui solo due
principî in gioco, ossia l'integrità materiale della Chiesa
da una parte e quella spirituale dall'altra. Ma, come
vedremo in seguito, la soluzione lefebvriana è un ibrido di
entrambe, che combina virtualmente in un'insalata tutti gli
elementi degli altri due sistemi. Esaminiamo nel dettaglio
ciascuna di queste soluzioni.
La soluzione proposta dall'Ecclesia
Dei
Il 5 maggio del 1988,
l'Arcivescovo Marcel Lefebvre (1905-1991) firmò il
tanto discusso Protocollo dell'8 maggio 1988 col quale egli siglò un accordo
preliminare con la Gerarchia del Novus Ordo. Tale
accordo richiedeva il riconoscimento della Fraternità
Sacerdotale di San Pio X come Istituto di diritto
pontificio in cambio di certe assicurazioni da parte della
Fraternità stessa, tra cui l'accettazione del Concilio
Vaticano II, del nuovo Codice di Diritto Canonico, della
validità di tutti i nuovi riti sacramentali e della
legittimità di Giovanni Paolo II (1920-2005). Questo
accordo venne ritrattato il giorno successivo da Mons.
Lefebvre per il fatto che egli non aveva gradito i prelati
designati a far parte della «Commissione per la Tradizione»,
e perché non aveva gradito la data di consacrazione
stabilita da Giovanni Paolo II.
Sopra: 17
aprile 1990; l'allora Cardinale Ratzinger celebra la Messa
tridentina a Wigratzbad,
in Baviera,
con don Josef Bisig (a destra), superiore della la
Fraternità San Pietro.
Il 30 giugno 1988, Mons.
Lefebvre consacrò così
quattro Vescovi senza il mandato di Giovanni Paolo II, e
venne immediatamente scomunicato con un motu proprio
redatto il 2 luglio 1988 da Giovanni Paolo II, intitolato
appunto Ecclesia Dei. Alla vigilia di questo evento,
un numero significativo di sacerdoti e seminaristi del
gruppo lefebvriano si distaccò e accettò i termini del
Vaticano originariamente contenuti nel Protocollo. La
Fraternità San Pietro fu così fondata, e la Commissione
Ecclesia Dei fu costituita per sovrintendervi; da qui
il nome di tale soluzione.
Coloro che aderiscono a questo
sistema accettano la Gerarchia del Novus Ordo come
Gerarchia cattolica, e accettano il Concilio Vaticano II e
tutte le successive riforme. I modernisti hanno loro
concesso di adottare il Messale del 1962 di Giovanni
XXIII (1881-1963) e di gestire un seminario e un
Istituto in base a direttive più o meno pre-conciliari. La
loro soluzione, perciò, consiste nell'aderire alla
Tradizione sotto gli auspici e in obbedienza alla Gerarchia
del Novus Ordo. La loro adesione alla Tradizione,
quindi, non è considerata come una difesa della fede contro
i modernisti, ma piuttosto come una preferenza, qualcosa
come la Chiesa Alta nella comunione anglicana. Non dovrebbe
sorprendere, quindi, che essi invitino famosi potentati del
Novus Ordo (come l'entusiasta vaticansecondista
Ratzinger) a dir Messa per loro.
La soluzione proposta dai
lefebvriani
La soluzione lefebvrista, in
poche parole, è la seguente: riconoscere l'autorità
di Francesco I, ma non seguirlo nei suoi errori.
Sebbene sia molto difficile costringere i lefebvriani ad una
enunciazione permanente di posizioni e, in qualche modo,
coerente, le loro attività e le loro dichiarazioni prese
collettivamente danno luogo alla descrizione or ora esposta.
Mons. Lefebvre insisteva sul fatto che tutti all'interno
della Fraternità Sacerdotale San Pio X consideravano Papa
Giovanni Paolo II (e ora Francesco I), ed era solito epurare
da detta Fraternità chiunque sostenesse pubblicamente il
contrario.
Egli trattò sempre i modernisti come se avessero
autorità, cercando la loro approvazione per la sua
Fraternità. Come soluzione della crisi modernista, Mons.
Lefebvre predicò un movimento popolare tradizionale che in
ogni Diocesi del mondo reclamasse a gran voce sacerdoti
tradizionalisti e rifiutasse quelli modernisti. Egli temeva
che la soluzione sedevacantista avrebbe mandato in pezzi
tale movimento, poiché pensava che affermare che Paolo VI
(1897-1978) non era Papa fosse troppo difficile da
accettare da parte della persona media. All'evidente
problema dell’obbedienza che la sua posizione poneva, Mons.
Lefebvre replicava che nessuna autorità, inclusa quella
pontificia, ha il diritto di imporci di fare qualcosa di
sbagliato. Il Novus Ordo ha torto.
Mons. Marcel
Lefebvre.
Perciò il Papa non
può obbligare nessuno ad accettare il Novus Ordo.
Questo ragionamento portò alla necessità di vagliare il
Novus Ordo confrontandolo con il cattolicesimo. Come
l'uomo che estrae pepite d'oro nascoste nel fango, così il
cattolico deve setacciare il «magistero» e i decreti di
Paolo VI, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di
Francesco I per trovare le pepite della vera fede. Tutto ciò
che si rivela tradizionale dev'essere accettato, e tutto ciò
che è in odore di modernismo dev'essere rifiutato.
E dal
momento che Mons. Lefebvre è diventato il leader di
quelli che hanno aderito alla battaglia in favore della
Tradizione, la sua parola è divenuta l'immediata norma di
fede e di obbedienza per centinaia di sacerdoti e per decine
di migliaia di cattolici. In questo modo, la supposta
autorità di Giovanni Paolo II non era sufficiente per
indurre all'obbedienza la mente e la volontà dei cattolici
fedeli alla Tradizione, ma doveva essere avvalorata dall'approvazione
di Mons. Lefebvre.
Questo ruolo di setaccio che
la Fraternità ha acquisito è stato gelosamente custodito, e
chiunque ha osato ignorarlo è stato considerato un
sovversivo e alla fine espulso. Allo scottante quesito - se
il Novus Ordo sia o meno cattolico - Mons. Lefebvre e
i suoi seguaci hanno dato risposte che accontentano entrambe
le parti. È assai difficile dire cosa essi pensino a questo
riguardo. Durante l'«estate rovente» del 1976, Mons.
Lefebvre riferendosi alla Nuova Messa parlò di una «Messa
bastarda», e al Vaticano II come ad un Concilio
scismatico, e alla Chiesa Conciliare come a una
Chiesa scismatica. D'altra parte, si è ben guardato dal
dire che la Nuova Messa è intrinsecamente peccaminosa e che
tutti i nuovi sacramenti non sono certamente validi.
Sopra: il rito
di Paolo VI che Mons. Lefebvre definì «messa bastarda».
Questa
linea di ragionamento indica che i lefebvriani considerano
come una necessità che il Novus Ordo sia ritenuto
intrinsecamente virtuoso e valido, in quanto capiscono che è
impossibile che la Chiesa cattolica produca del male o riti
invalidi. Questa insistenza sul fatto che i nuovi riti
sarebbero buoni e validi denota invero che essi considerano
la religione del Novus Ordo come la fede cattolica.
A
dispetto di ciò, essi pronunciano dichiarazioni che sono
completamente incompatibili con la posizione secondo cui la
religione del Novus Ordo sarebbe la fede cattolica.
Ad esempio, in occasione delle consacrazioni episcopali del
1988, essi rilasciarono la seguente dichiarazione, firmata
dall'allora Superiore Generale don Franz Schmidberger
e da molti superiori di distretto:
«Non abbiamo mai voluto appartenere a quel sistema
che si fà chiamare "Chiesa conciliare" e che si
identifica con il Novus Ordo Missæ [...]. I
fedeli hanno il preciso diritto di sapere che i
sacerdoti che li seguono non sono in comunione con
una chiesa contraffatta». |
Sopra: don Franz Schmidberger,
per molto tempo Superiore Generale
della
Fraternità San Pio X, stringe calorosamente le mani a
Benedetto XVI,
capo della «chiesa contraffatta».
Ma non è forse Francesco I il
capo di questa «chiesa» falsificata che si identifica nel
Novus Ordo Missæ? Dobbiamo dunque concludere che essi
non sono in comunione con Bergoglio? Se non è così, perché
essi insistono nel dire che egli è Papa? Come può un
cattolico non essere in comunione con il Papa? Essi credono
di salvare l'indefettibilità riconoscendo la Gerarchia del
Novus Ordo come la Gerarchia cattolica, e
riconoscendo il Concilio Vaticano II e le sue riforme come
solo estrinsecamente cattive, ossia soggette a cattive o, in
qualche modo, fuorvianti interpretazioni.
Uno di loro ha
recentemente scritto in una lettera indirizzata ai
benefattori della Fraternità Sacerdotale San Pio X:
«Questo è il motivo per cui insistiamo nel riconoscere il
Papa e la Gerarchia, nonostante non ci sentiamo affatto
in comunione con loro». Questa frase è la più
descrittiva della loro posizione, la quale combina due cose
che sono intrinsecamente incompatibili, ovvero riconoscere
come Papa Francesco I, ma non essere in comunione con lui
nella stessa Chiesa. Il lettore deve capire che gli atti e
le dichiarazioni rilasciate dai lefebvriani nel corso degli
anni non hanno, a dir poco, seguito una linea coerente, e
che perciò è assai difficile determinare esattamente cosa
essi pensino.
Tuttavia, applicando una certa ermeneutica,
penso che sia giusto dire che essi considerano Francesco I
capo di due Chiese distinte: quella cattolica e quella
conciliare. Come capo della Chiesa cattolica, essi gli sono
fedeli; come capo della Chiesa conciliare, essi gli si
oppongono. In ultima analisi, era Mons. Lefebvre (e ora lo è
Mons. Bernard Fellay) a decidere cosa fosse
cattolico nei decreti e nelle azioni di Giovanni Paolo II e
cosa invece fosse conciliare, e quindi cosa doveva essere
accettato e cosa doveva essere rifiutato. Ora che egli è
dipartito, non sembra esservi nessuna figura emergente
capace di guadagnare la fedeltà dei seguaci nel modo in cui
lo faceva Mons. Marcel Lefebvre, fedeltà che è essenziale
alla loro unità.
Sopra: Mons.
Bernard Fellay e sullo sfondo la foto del «Santo Padre»,
al quale però
si può e si deve disobbedire quando non agisce o non parla
da cattolico.
La soluzione proposta dai
sedevacantisti
Il principio fondamentale di
tale soluzione è che è impossibile associare il Novus
Ordo e la Chiesa Cattolica. È impossibile, dicono i
sedevacantisti, a causa dell'indefettibilità della Chiesa in
questioni di fede, di morale, di culto e di disciplina. Se
si ammette che i cambiamenti apportati dal Novus Ordo
in tali questioni provengono dalla Chiesa cattolica, allora
si deve ammettere che la Chiesa cattolica è caduta
nell'apostasia.
Per cui, questi cambiamenti contraddicono
sostanzialmente la fede, la morale, il culto e la disciplina
della Chiesa cattolica. Ma è impossibile che la Chiesa
cattolica cada nell'apostasia. Perciò è inammissibile che
questi cambiamenti procedano dalla Chiesa cattolica. Quindi,
è impossibile che coloro che hanno attuato questi
cambiamenti (vale a dire, Paolo VI, Giovanni Paolo I,
Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco I) godano della
giurisdizione della Chiesa cattolica, ossia della missione
affidata da Cristo di governare i fedeli.
Se avessero goduto
di tale giurisdizione, avrebbero usufruito
dell'infallibilità in questioni di fede, di morale, di culto
e di disciplina, poiché è impossibile per questa autorità
insegnare qualcosa di falso o prescrivere qualcosa di
peccaminoso per la Chiesa. Il sedevacantista, perciò,
insiste sul fatto che non si può considerare la Gerarchia
modernista come la Gerarchia cattolica, poiché, in tal caso,
l'eresia, il sacrilegio, i sacramenti non validi, l'errore e
le leggi peccaminose verrebbero associati all'Immacolata
Sposa di Cristo, rendendo assurde le parole del Signore:
«Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10, 16).
Sopra: la
famosa disputa di Lipsia del 1519 tra Martin Lutero e il
teologo Cattolico Johannes Eck.
Quest'ultimo
ribatté gli errori dell'ex frate affermando che la Chiesa è
infallibile nel suo
magistero
ordinario. Lo stesso Lutero lo chiamava il maiale di
Ingolstadt e il «Dottor Scrofa».
In
breve, la posizione sedevacantista afferma che la Gerarchia
modernista non può possedere l'autorità cattolica che
sostiene di possedere, perché la vera autorità cattolica è
preservata, per mezzo dello Spirito Santo, dal commettere
ciò che i modernisti hanno commesso. L'obiezione più ovvia a
tale posizione è che la defezione in massa della Gerarchia
crea uno stato di vacanza universale delle sedi, e in tal
modo distrugge la visibilità della Chiesa. Il sedevacantista
replica che la vacanza del Soglio pontificio o episcopale
non è incompatibile con la visibilità della Chiesa, dal
momento che la Chiesa resta visibile durante i periodi di
vacanza che si verificano alla morte di ogni Papa o Vescovo.
Se da una parte la durata della vacanza della Sede mette
certamente la Chiesa in agitazione, dall'altra non vi è
nulla di intrinsecamente contrario alla natura della Chiesa
in tale vacanza. Inoltre, il sedevacantista sostiene che
identificare i modernisti con la Gerarchia cattolica non
salva la visibilità della Chiesa cattolica, ma mantiene
semplicemente la visibilità di una «chiesa» eretica. In
altre parole, l'indefettibilità non viene salvata da una
teoria che identifica la Gerarchia modernista con la Chiesa
cattolica, ma piuttosto viene distrutta da tale teoria.
Perché la fede - argomenta il sedevacantista - è molto più
importante della visibilità della struttura della Chiesa,
ovvero esiste una dipendenza della visibilità della Chiesa
dalla fede della Chiesa, e perciò, non è sufficiente per la
visibilità della Chiesa che qualsivoglia struttura sia
meramente visibile, ma serve piuttosto una struttura che
professi la fede cattolica.
Un'organizzazione visibile che
non professa la fede cattolica può essere un'organizzazione
visibile, ma non è la Chiesa cattolica. Un numero
considerevole di sedevacantisti si rifà alla teoria
materialiter-formaliter - la cosiddetta Tesi di
Cassiciacum ideata da Padre Michel Guérard des
Lauriers o. p. (1898-1988) - una teoria
largamente fraintesa che afferma semplicemente che sebbene
la Gerarchia modernista non goda di alcuna giurisdizione,
nondimeno, l'aspetto formale dell'autorità porta avanti la
successione materiale della Sede pontificia e di quelle
episcopali.
Sopra: Mons.
Michel Guérard des Lauriers.
I sostenitori di questa tesi affermano perciò
che, sebbene Francesco I non sia Papa, nondimeno è in
possesso di una valida elezione al Soglio che lo pone nella
possibilità di diventare Papa, qualora dovesse rimuovere gli
ostacoli che si frappongono alla ricezione dell'autorità.
L'ostacolo all'accettazione dell'autorità pontificia è la
sua adesione al Concilio Vaticano II che, se accettato,
causerebbe un disordine essenziale nella Chiesa cattolica,
giacché il Vaticano II contraddice l'insegnamento
bimillenario della Chiesa.
Secondo i sedevacantisti, egli è
anche in grado di rimuovere la propria l'elezione per mezzo
di un atto autorevole, come ad esempio per mezzo di un
Conclave di Cardinali cattolici, o addirittura, in caso di
necessità assoluta, tramite un Concilio di Vescovi
giurisdizionali, per quanto ridotto possa essere. Tale atto
è ovviamente improbabile in un immediato futuro, ma negli
anni '50 era altrettanto improbabile anche il Concilio
Vaticano II. Questa teoria, sostengono i sedevacantisti,
salva sia l'indefettibilità della Chiesa in questioni di
fede, di morale, di culto e di disciplina, che la permanenza
della Gerarchia della Chiesa, poiché essa necessita di una
continuità materiale durante la crisi.
L'altro tipo di
sedevacantista è il sedevacantista totale, il quale afferma
che, data la pubblica professione di eresia, palesata sia
mediante la parola che per mezzo degli atti, Francesco I e
la Gerarchia del Novus Ordo in generale hanno
pubblicamente apostatato dalla fede cattolica e hanno,
perciò, tacitamente rinunciato ai loro uffici, almeno
secondo lo spirito del Canone nº 188, § 4 del Codice di
Diritto Canonico del 1917 4.
Altri invocano la Bolla Cum Ex Apostolatus
(del 15 febbraio 1559) di Papa Paolo IV (1476-1559),
il quale dichiarò che anche se un eretico dovesse essere
eletto al pontificato da unanime consenso dei Cardinali, e
anche se dovesse apparentemente accedere al papato, egli
non sarebbe vero Papa.
Sopra: Papa Paolo IV.
Critica dei diversi sistemi
Prima ancora di iniziare ad
analizzare le diverse posizioni, devono essere stabiliti
certi principî:
-
Primo principio:
il Novus Ordo o è cattolico o non lo è affatto, e
non può essere entrambe le cose
La fede cattolica non ammette
livelli. Essa è per sua stessa natura integrale in quanto
deriva dall'autorità di Dio ed è creduta in base alla
medesima autorità. Per cui, essa non ammette eccezioni. Se
vi è la minima contaminazione di eresia in un insegnamento
dottrinale o morale, nel
culto o nella disciplina, allora non si è più cattolici. La
prassi della Chiesa è sempre stata la stessa, come è
dimostrato dall'unanime insegnamento dei Padri, che erano
abituati a ritenere fuori dalla comunione cattolica e alieno
alla Chiesa chiunque recedesse anche minimamente da
qualsiasi punto della dottrina proposta dal suo autorevole
Magistero 5.
Predicare in un
modo o nell'altro sia le parti cattoliche che quelle non
cattoliche del Novus Ordo sarebbe un'assurda
contraddizione, per non dire una bestemmia. E qui si deve
comprendere che con il termine Novus Ordo si intende
quel sistema - giacché esso è un Ordo, un «ordine» -
di dottrine, di insegnamenti morali, di culto e di
disciplina scaturito dal Concilio Vaticano II e dalle varie
riforme post-conciliari.
-
Secondo principio:
se il Novus Ordo è cattolico, dev'essere
accettato; ma se non lo è dev'essere respinto:
non esiste una via di mezzo
Il Novus Ordo è stato
promulgato in piena autorità da chi apparentemente
rappresenta la Chiesa cattolica. Nessun cattolico può perciò
arrogarsi di non seguire questi insegnamenti, questo culto e
questa disciplina. Inoltre, se si è cattolici, non v'è
alcuna ragione per resistere ai cambiamenti introdotti dal
Concilio Vaticano II. Se i suoi insegnamenti, il suo culto e
la sua disciplina sono cattolici, allora credere e osservare
questi precetti è indispensabile per conseguire la salvezza
delle nostre anime.
Ma se ci si può salvare l'anima nel
Novus Ordo, perché arrivare alla seccatura di conservare
anche ciò che è tradizionale? In tal caso, l'adesione alla
Tradizione sarebbe motivata da nostalgia o da capriccio, e
non sarebbe in alcun modo giustificata, essendo contraria
alla volontà della Gerarchia. D'altra parte, se il Novus
Ordo è un cambiamento sostanziale delle dottrine, del
culto e della disciplina ecclesiastica, è ovvio che il
cattolico deve combattere come se combattesse l'arianesimo o
il protestantesimo, preferendo la morte al compromesso.
Sopra: 10
aprile 1970. Paolo VI incontra i sei osservatori protestanti
che
hanno
attivamente collaborato alla stesura del nuovo rito della
messa.
- Terzo
principio: è impossibile riconoscere l'Autorità
del Papa senza al contempo riconoscere le prerogative di
questa autorità
L'Autorità pontificia è
infallibile quando insegna in materia di fede e di morale,
anche nell’esercizio del Magistero Ordinario Universale,
ed è infallibile in materia di culto e di disciplina, dato
che non può comandare nulla di peccaminoso, eretico o
dannoso per le anime in questi dominî. Il
riconoscimento dell'autorità pontificia in Paolo VI, in
Giovanni Paolo II, in Benedetto XVI e in Francesco I
comporta automaticamente il riconoscimento che il Concilio
Vaticano II è esente da errori dottrinali e che la liturgia
e i sacramenti del Novus Ordo - e anche il nuovo
Codice di Diritto Canonico del 1983 - non contengono né
errori dottrinali, né nulla di peccaminoso o dannoso per le
anime.
La cosa peggiore che potrebbe esser detta circa
queste cose, se si ammette che derivano dalla legittima
autorità pontificia, è che possano essere imprudenti, forse
meno estetiche, o in qualche modo estrinsecamente
ripugnanti. Bisogna invece ammettere che sono
intrinsecamente cattoliche, perfette e tendenti alla
salvezza eterna delle anime. Papa Pio VI dichiarò
«falsa,
sconsiderata, scandalosa, nociva,
offensiva alle pie orecchie, ingiuriosa per
la Chiesa e per lo Spirito di Dio, da cui è
governata, o per lo meno erronea» |
la proposizione secondo cui
la Chiesa cattolica potrebbe prescrivere qualche disciplina
che sarebbe falsa o dannosa 6.
Papa Pio IX (1792-1878) criticò aspramente coloro che
da una parte riconoscevano la sua autorità, ma che
dall'altra ignoravano la sua disciplina:
«A
che cosa serve, infatti, proclamare il dogma
cattolico del primato del Beato Pietro e dei suoi
successori, ed aver diffuso tante dichiarazioni di
fede cattolica e di obbedienza verso la Sede
Apostolica, quando le azioni in sé smentiscono
apertamente le parole? Forse che non diventa
persino meno scusabile la caparbietà, quanto più si
riconosce il doveroso impegno dell’obbedienza? Forse
che l'autorità della Sede Apostolica non si estende
oltre ciò che è stato da Noi disposto, o basta avere
comunione di fede con essa, senza obbligo
d'obbedienza, perché si possa considerare salva la
fede cattolica? [...] Si tratta infatti,
Venerabili Fratelli e diletti Figli, dell'obbedienza
che si deve prestare o negare alla Sede Apostolica;
si tratta di riconoscerne la suprema potestà, anche
nelle vostre Chiese, quanto meno per ciò che
riguarda la fede, la verità e la disciplina; chi
l'avrà negata è un eretico. Chi invece
l'avrà riconosciuta, ma orgogliosamente rifiuti di
obbedirle, è degno dell'anatema»
7. |
Sopra: Papa
Pio IX, l'ultimo Papa-Re.
Ora che sono stati enunciati
questi principî, procediamo alla critica dei vari sistemi.
La soluzione dell'Ecclesia
Dei
Partendo dai principî
rinunciatari, il lettore determinerà facilmente che questa
non è affatto una soluzione. Dal momento che hanno accettato
come cattolico il Novus Ordo, essi hanno ridotto la
propria adesione alla Tradizione ad un «viaggio della
nostalgia». Sono divenuti una Chiesa Alta all'interno di
una Chiesa estremamente liberale, che addirittura ammette il
culto del dio Serpente, di Shiva, del Grande Pollice e di
Buddha, che loda eresiarchi come Martin Lutero
(1483-1546), per non citare le lettrici alla Messa in
topless.
In effetti, il nome più appropriato per questa
teoria sarebbe «la soluzione dell'Ecclesia diaboli».
Ma dev'essere detta una cosa in favore di quanti seguono
questa soluzione, e cioè che almeno essi sono coerenti e
logici nel loro modo di pensare, visto che capiscono che non
si può accettare Francesco I come Papa e al contempo
ignorarne la dottrina e la sua autorità disciplinare. Ma è
assolutamente deplorevole che queste persone possano
permettersi di essere talmente cieche da essere in
comunione, ossia nella stessa Chiesa, con i modernisti, dei
quali Papa San Pio X (1835-1914) disse:
«Dovrebbero essere presi a pugni».
Sopra: Papa
San Pio X.
La soluzione lefebvriana
Se accettiamo come
basilarmente accurata la descrizione data sopra della loro
posizione, e cioè che essi considerano Francesco I come capo
di due chiese - quella cattolica e quella conciliare -
allora è immediatamente evidente che la loro posizione
implica contraddizioni labirintiche dal punto di vista
dell'ecclesiologia cattolica. In primo luogo, essi vedono,
in qualche modo, il Novus Ordo allo stesso tempo come
cattolico e come non cattolico; per questa ragione «passano
al vaglio» i suoi insegnamenti e le sue discipline in modo
da raccogliere dalla massa corrotta qualsiasi cosa vi sia di
cattolico.
Perciò, essi associano il Novus Ordo alla
Chiesa cattolica, considerando la Gerarchia del Novus
Ordo come la Gerarchia cattolica, come se avesse
l'autorità di Cristo per insegnare, governare e santificare
i fedeli. Tuttavia, allo stesso tempo, essi sono
scomunicati da questa medesima autorità, in quanto
agiscono come se essa non esistesse, allontanandosi a tal
punto da consacrare Vescovi a dispetto di un diretto ordine
«pontificio». Per illustrare questa confusione, permettetemi
di citare una pubblicazione lefebvriana in cui leggiamo
queste allarmanti parole:
«La
Chiesa ha abbandonato la protettiva Tradizione di
Cristo. La Chiesa ha abbandonato la Messa,
i Sacramenti, gli insegnamenti della vera
dottrina nelle scuole, e persino la preghiera a
San Michele Arcangelo affinché ci protegga dalla
malvagità e dalle tentazioni del diavolo»
8. |
Può darsi che l'autore di
questo scritto abbia semplicemente espresso impropriamente i
suoi pensieri. Nondimeno, com'è posta, questa frase dichiara
esplicitamente la defezione della Chiesa cattolica.
Nella stessa pubblicazione, leggiamo queste allarmanti
parole nell'editoriale:
«Il
fatto che il Santo Padre rifiuti loro (ai
Vescovi consacrati da Mons. Lefebvre; N.d.R.) la
giurisdizione e conseguentemente l'autorità di
governare una parte del gregge è certamente
sfavorevole. Ma è a malapena più che accidentale
rispetto al loro ruolo più fondamentale di
preservare la fede e i Sacramenti nella Chiesa,
specialmente se si considera che la falsa nozione di
"collegialità" ha effettivamente paralizzato o
distrutto l'esercizio d'Autorità e
Gerarchia nella Chiesa». |
Sopra: il 30
giugno 1988, nonostante la volontà contraria di Giovanni
Paolo II,
Mons. Lefevre
e Mons. De Castro Mayer hanno proceduto all'ordinazione
di quattro
nuovi Vescovi e sono incorsi nella scomunica latæ
sententiæ.
Una tale dichiarazione
sminuisce la missione apostolica della Chiesa, affidata da
Cristo a San Pietro, riducendola a qualcosa di «a malapena
più che accidentale». Ma è questa stessa Autorità, il suo
possesso legittimo e la sua trasmissione che rendono
cattolica la Chiesa cattolica. Essa è la forma della Chiesa
cattolica, vale a dire ciò per cui essa è ciò che è. Niente
potrebbe essere più sostanziale per la Chiesa cattolica di
questa Autorità. Bisogna inoltre sottolineare che
esercitare il potere degli ordini senza l'approvazione
della Gerarchia della Chiesa cattolica è un gravissimo
peccato mortale, e fa pensare allo scisma quando
esercitato in maniera sistematica e permanente.
Si
potrebbero avanzare dei diritti sul principio di Ecclesia
supplet solo quando c'è il dubbio che uno abbia la
giurisdizione; usare detto principio contro la stessa
Autorità che possiede la giurisdizione equivale a
distruggere i principî costitutivi dell'intera Chiesa
cattolica. È affondare nel protestantesimo, dove
ogni ministro riceve il suo potere «direttamente da Dio».
Perché avere una Gerarchia, perché avere una giurisdizione
se ognuno può decidere di aver diritto ad esercitare i
proprî ordini supponendo che la Chiesa glielo concede
direttamente? In tal caso, la Gerarchia sarebbe puramente
accidentale, esattamente ciò che sono i ministri protestanti
per il loro credo, per il culto e per i loro sacramenti.
Sopra:
Ignaz von Döllinger (1799-1890), il sacerdote tedesco che
rifiutò
il dogma
dell'infallibilità pontificia stabilito dal Concilio
Vaticano I.
Fondatore dei
vetero-cattolici, egli venne scomunicato nel 1871.
La posizione lefebvriana è una posizione completamente
contraddittoria e distrugge l'indefettibilità della
Chiesa cattolica, poiché identifica la Chiesa cattolica
con la defezione disciplinare e dottrinale del Concilio
Vaticano II e con le sue successive riforme. Se i decreti
conciliari non rappresentano una defezione, allora perché
resistergli? Se essi non rappresentano un'apostasia, allora
cosa giustificherebbe la consacrazione di quattro Vescovi a
dispetto dell'ordine diretto di quella persona che essi
dicono essere il rappresentante di Cristo in Terra? La sola
cosa che giustifica la posizione dei «tradizionalisti» nel
loro sistematico rifiuto del Concilio Vaticano II e delle
sue riforme è il fatto che queste riforme non sono
cattoliche e portano alla perdizione delle anime.
Ma se non
sono cattoliche, allora coloro che le hanno promulgate non
possono assolutamente essere i veri detentori dell'Autorità
cattolica, poiché, se lo fossero, sarebbero stati
assolutamente incapaci di promulgare una simile cosa per la
Chiesa cattolica. Per cui, il gruppo di Mons. Lefebvre si
trova nell'impossibile posizione di resistere all'Autorità
della Chiesa cattolica in questioni di dottrina, di
disciplina e di culto, che sono gli effetti delle tre
funzioni
essenziali della Gerarchia cattolica, ossia la funzione di
insegnare, di
governare e di santificare, che sono le basi della triplice
unità della Chiesa
cattolica: l'unità di fede, l'unità di governo e l'unità di
comunione.
Sopra: il
Concilio Vaticano I stabilì che l'infallibilità del Sommo
Pontefice
per via della
divina assistenza promessa da Nostro Signore.
Resistere alla Chiesa cattolica in tali questioni equivale
ad un suicidio
spirituale, dal momento che l'adesione alla Chiesa cattolica
è
indispensabile per conseguire la salvezza eterna. Se è
ammissibile resistere
alla Chiesa in materia di dottrina, di disciplina e di
culto, allora in cosa si
deve obbedire alla Chiesa? Qual'è l’autorità di San Pietro
se essa può
essere ignorata in tali questioni? Questa «soluzione»,
perciò, viola tutti e
tre i principî che ho enunciato in quanto:
-
I lefebvriani sostengono che il Novus Ordo è una specie
di miscuglio
di dottrina cattolica e di dottrina non cattolica;
-
Essi ritengono che, sebbene il
Novus Ordo sia
intrinsecamente
cattolico, è lecito resistergli e rifiutarlo;
-
Essi riconoscono l'autorità di
Francesco I, ma allo stesso tempo rifiutano le
prerogative di tale autorità.
Poco prima
delle consacrazioni episcopali del 1988, in due interviste
distinte,
Mons. Lefebvre
definì Giovanni Paolo II prima «il Vicario di Cristo» e poi
«l'Anticristo».
In quest'ultima attitudine essi - purtroppo -
possono essere paragonati ai gallicani, ai giansenisti
e ad altre sétte di rito orientale che fecero esattamente la
stessa cosa, ossia «passarono al vaglio» le dottrine e i
decreti dei Pontefici Romani a loro piacimento. Così,
mentre credo che le persone coinvolte nel movimento
creato da Mons. Lefebvre siano di buona volontà e
desiderino di tutto cuore il bene della Chiesa, nondimeno
sono oppresse
da gravi errori speculativi e pratici. Esse sono anche
circondate da una
profonda incoerenza, e non sorprende granché che, secondo
quanto
riferito, tra loro vi siano molti cripto-sedevacantisti, o
dei simpatizzanti
dell'Ecclesia Dei.
Dove finirà
mai la Barca di Pietro se chi è al timone non è in grado di
evitare gli scogli?
La soluzione sedevacantista
Padre
édouard Hugon
(1967-1929), dell'Ordine dei domenicani, disse a
proposito
della famosa controversia tra il tomismo e il molinismo che
«ogni sistema
è soggetto a delle difficoltà; infatti, l’esclusione del
mistero in questa disputa
sarebbe un sintomo d’errore». Inoltre, egli sottolineò che
l'oscurità del
tomismo non sorge dai suoi principî, ma piuttosto dalla
debolezza
dell'intelletto umano nel comprendere come i suoi principî
certi vengano riconciliati in Dio. Il molinismo
9, d'altra parte, soffre di
un'eccezione fatta ai più universali e più certi principî
teologici di causalità divina e finisce per collocare la
passività in Dio.
Quindi, l'oscurità del molinismo sorge
dall'incapacità di riconciliare Dio e la passività, due
nozioni assolutamente contraddittorie, laddove l'oscurità
del tomismo sorge dalla riconciliazione in Dio di principî
che sono assolutamente certi. Per cui, il tomismo lascia
aperta la porta ad un mistero espandibile, mentre il
molinismo sfocia in una contraddizione. Similmente, la
posizione sedevacantista enuncia dei principî corretti, ma
rimane oscura perché non riusciamo ad assistere alla loro
riconciliazione finale.
In altre parole, mentre il
sedevacantismo sostiene tutti degli elementi essenziali
dell'indefettibilità della Chiesa, nondimeno esso non sa
fornire una spiegazione al mistero d'iniquità del Novus
Ordo, e cioè come la prolungata vacanza della Sede
Apostolica possa alla fine servire alla maggior gloria di
Dio, e come la Chiesa supererà un giorno questo terribile
dilemma. Ma nell'asserire che la Sede Apostolica è vacante,
il sedevacantismo non tenta di asserire dottrine
contraddittorie del tipo:
-
La religione del Novus
Ordo e la fede cattolica sono la stessa cosa (la
contraddizione degli aderenti all'Ecclesia Dei);
-
La Chiesa cattolica ha
promulgato insegnamenti, riti e discipline contrarie
alla fede e dannose per le anime (la contraddizione
propria
dei lefebvristi).
Il punto di partenza per il
sedevacantista è il principio secondo cui vi è una
sostanziale differenza tra il Novus Ordo e la fede
cattolica. Questa differenza è evidentissima nella
contraddizione virtuale e letterale tra il la Dichiarazione
conciliare Dignitatis Humanæ e l'Enciclica di Pio IX
Quanta Cura, ma è altrettanto chiara nella Nuova
Messa e nei sacramenti, nel nuovo Codice di Diritto
Canonico, nelle nuove discipline, nei nuovi
catechismi e nel nuovo «magistero» ordinario universale.
Queste due religioni sono incompatibili e non possono
coesistere nella stessa Chiesa. Ma se il Novus Ordo è
sostanzialmente diverso dalla Chiesa cattolica - dicono i
sedevacantisti - allora non può essere cattolico.
E se non è
cattolico - continuano nel loro ragionamento - allora è
impossibile che questi decreti siano stati promulgati
dall'Autorità della Chiesa, poiché tale Autorità non può
errare in materia di dottrina, di culto e di disciplina.
Perciò, concludono essi, è impossibile che coloro che hanno
promulgato il Novus Ordo posseggano l'Autorità della
Chiesa cattolica. È quindi impossibile che Paolo VI,
Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e
Francesco I siano veri Papi. I principî che hanno portato a
questa conclusione sono assolutamente inoppugnabili.
Essi
sono sorretti sia dalla filosofia che dall'insegnamento
della Chiesa. Sono inattaccabili e portano logicamente alla
loro conclusione. In questo sistema, l'indefettibilità della
Chiesa è salva, poiché il sedevacantista si rifiuta di
associare l'Immacolata Sposa di Cristo all'abominazione del
modernismo, che è opera del diavolo. Ma allora dov'è la
Chiesa visibile? Essa si realizza in coloro che aderiscono
pubblicamente alla fede cattolica e che, allo stesso tempo,
si augurano che giunga presto l'elezione di un autentico
Romano Pontefice.
E i Vescovi? Tale sistema non spoglia
necessariamente ogni Vescovo della sua autorità, ma solo
quelli che aderiscono pubblicamente alla nuova religione. Ma
se anche spogliasse ciascuno di loro dell'autorità, il
sedevacantismo non altera intrinsecamente la natura della
Chiesa cattolica, e lascia alla Provvidenza di Dio la
restaurazione del Sacramento dell'Ordine. D'altra parte, i
sistemi che temono di tagliarsi fuori dalla Gerarchia
modernista a causa della loro incapacità di abbracciare una
soluzione priva di tale Gerarchia, mescolano in effetti la
Chiesa cattolica e la defezione modernista, che sono due
cose assolutamente incompatibili, tanto incompatibili quanto
lo sono Dio e il diavolo.
Questi sistemi, che riconoscono il
pontificato dei «papi» conciliari, non possono assolutamente
essere veritieri. Il sedevacantismo può condurvi al mistero,
ma non alla contraddizione. Coloro che aderiscono al
sedevacantismo materialiter-formaliter affermano che
la Gerarchia visibile continua ad esistere materialmente,
che equivale a dire che, da un lato, le elezioni dei papi e
le designazioni dei Vescovi sono ancora valide, ma
dall'altro che a causa della promulgazione di false
dottrine, non hanno potere di giurisdizione. Per cui, essi
sono falsi papi e falsi Vescovi, ma sono anche papi e
Vescovi validamente eletti.
Conclusione
Come ho detto più sopra, la
nozione fondamentale dell'indefettibilità della Chiesa
cattolica è che essa deve durare fino alla fine dei tempi
con la natura e con le qualità essenziali che Cristo le ha
conferito fin dalla sua fondazione. La più importante
qualità essenziale della Chiesa è la sua fede, ed è per la
fede che la struttura visibile esiste. Se il Novus Ordo
è cattolico, allora non c'è problema di defezione e non ha
senso portare avanti il movimento tradizionalista.
Se il
Novus Ordo non è cattolico, allora esso implica una
defezione e sarebbe comunque blasfemo mescolare la Chiesa
cattolica con il Novus Ordo. Non esiste un'eventuale
terza via, proprio come non può esistere un'eventuale
alterazione, incremento o diminuzione sostanziale del
deposito della Rivelazione. O il Novus Ordo è
cattolico o non lo è. Ritengo fermamente che esso non sia
cattolico, e perciò reputo che qualsiasi sistema che
sostiene che il Novus Ordo ci è stato imposto
dall'autorità di Cristo sia oggettivamente blasfemo e
dannoso per l'indefettibilità della Chiesa.