di
Arnaud de
Lassus 1
Giovanni Paolo II, il 6 febbraio 1981, al Congresso
delle Missioni disse: «I cristiani, oggi, in gran
parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e
perfino delusi; si sono sparse a piene mani idee
contrastanti con la verità rivelata e da sempre
insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie
in campo dogmatico e morale, si è manomessa la
liturgia». Eppure, solamente vent'anni prima,
Giovanni XXIII, dando notizia al mondo della sua
intenzione di indire un Concilio, aveva
«profetizzato» che esso sarebbe stato per la Chiesa
una primavera, una nuova Pentecoste, una ventata di
aria fresca... Come mai solo qualche anno dopo
(1972) Paolo VI definì l'era postconciliare «una
giornata di nuvole, di tempesta, di buio»? Cos'è
successo? La colpa di questo disastro è da
attribuire al Vaticano II o ad una sua errata
interpretazione? E se esistono delle contraddizioni
insanabili con l'insegnamento precedente, può un
fedele aderire a queste nuove dottrine senza peccare
di apostasia? |
Introduzione
Quando a metà degli anni '80
il libro-intervista Rapporto sulla fede fece di
Vittorio Messori la sua comparsa negli scaffali delle
librerie cattoliche provocò un certo stupore. Per la prima
volta dalla fine del Concilio, un Cardinale di santa romana
Chiesa, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina
della Fede (l'ex Sant'Uffizio), formulava un giudizio
apertamente negativo sull'era postconciliare. Questa presa
di posizione ufficiosa (non si tratta infatti di un
documento ufficiale) causò negli ambienti più conservatori,
preoccupati del dilagare dell'errore e del caos in ogni
settore della Chiesa, un'ondata di ottimismo (e in molti
casi anche di ingenuità), una sorta di euforia che, a ben
vedere oggi, appare del tutto immotivata. Si credeva che
quel libro costituisse una specie di primo passo verso
un'imminente «restaurazione» della Chiesa, e che il
Cardinale Joseph Ratzinger, il «carabiniere di Dio», avrebbe
spazzato via il marciume che si era depositato in quei
vent'anni di progressismo sfrenato.
|
|
Rapporto
sulla fede |
Vittorio
Messori |
Oggi, possiamo dire che
non solamente ciò non è avvenuto, ma che nel frattempo
l'errore e l'anarchia hanno fatto passi da gigante, grazie
soprattutto al falso ecumenismo, che ha le sue radici in
Dichiarazioni conciliari come Nostra Ætate, e che è
stato portato avanti durante il lungo pontificato da
Giovanni Paolo II (1920-2005), e ora sotto quello di
Benedetto XVI. Non solo: anche l'identità di vedute tra
cattolici sulla diagnosi del Concilio e del periodo
postconciliare, di cui l'Autore del presente scritto
paventava l'incombente realizzazione, non è stata per nulla
raggiunta. Al contrario, l'insanabile spaccatura tra integristi e progressisti si è acuita e, nonostante
l'evidenza solare della profonda crisi dottrinale che
sconquassa la Chiesa fino alle fondamenta, la Gerarchia
cattolica continua a far orecchi da mercante davanti alle
grida di richiamo dei cosiddetti «tradizionalisti», gli
unici con cui non si cerca il «dialogo» (tranne che per
fagocitarli e riciclarli). Per questo motivo, l'analisi
compiuta vent'anni fa da Arnaud de Lassus rimane tuttora
valida. Se il Concilio è in perfetta continuità con i
Concilî e gli insegnamenti pontifici precedenti, è preciso
dovere di ogni cattolico sostenerlo, abbracciarlo e farlo
proprio senza remore. Se invece il Concilio rompe anche in
un solo punto con l'insegnamento precedente della Chiesa, va
da sé che qualsiasi tentativo di ricomposizione del mondo
cattolico non può che partire dal ritorno alla dottrina
tradizionale della Chiesa. Ciò, evidentemente, presuppone la
ferma volontà da parte della Gerarchia di riconoscere queste
deviazioni e di condannarle. Qualcuno potrebbe chiedersi che
diritto hanno un pugno di fedeli della Chiesa discente a
criticare e ad opporsi a quanto stabilito da un Concilio
Ecumenico, e solennemente promulgato dall'autorità suprema
della Chiesa (Paolo VI). Questa obiezione meriterebbe una
risposta che, per motivi di spazio, esula dallo scopo di
questo libretto. Come dice l'Autore nelle pagine che
seguono, non portiamo alcun giudizio (canonico) perché non
abbiamo l'autorità necessaria; semplicemente prendiamo atto
e constatiamo una contraddizione (di per sé impossibile) tra
l'insegnamento pontificio precedente (infallibile e
irreformabile, alla cui adesione la nostra coscienza è già
vincolata in eterno) e l'insegnamento del Concilio.
O l'una
o l'altra. Impossibile obbedire contemporaneamente a Pio IX
e a Paolo VI se ci comandano di seguire dottrine
antitetiche. Solo un Pontefice divinamente assistito potrà -
e siamo certi lo farà, anche se non sappiamo come e quando -
rimettere le cose a posto. Voglia Dio che ciò accada presto,
non fosse altro che per le innumerevoli anime che rischiano
di andare perdute a causa di uomini che non sopportando
«più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire novità,
si sono circondati di maestri secondo le proprie voglie,
rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle
favole» (2 Tm 4, 3-4).
I
LA QUESTIONE DEL CONCILIO
|
«È evidente che la
storia del presente Concilio dovrà essere scritta
secondo le norme che gli antichi hanno fissato agli
storici, e delle quali la prima è la seguente: "Non
osare di dire il falso, ma anche non nascondere
nulla della verità. Non scrivere nulla che possa
suscitare il seppur minimo sospetto di favoritismo o
di animosità"»
(Cicerone,
Or. 11, 15).
Paolo VI,
31 gennaio 1966, |
Quarant'anni dopo la sua conclusione, il Concilio Vaticano
II (1962-1965) resta un fenomeno contrassegnato da tre
caratteristiche più che stupefacenti:
-
Si tratta innanzitutto di un
argomento considerato fino a poco tempo fa come un tabù
nella maggior parte degli ambienti cattolici: durante il
Concilio Vaticano II, lo Spirito Santo si sarebbe espresso
per bocca dei Padri conciliari; sarebbe dunque impossibile,
senza cadere nell'empietà, esprimere anche la minima riserva
sui testi che essi hanno elaborato;
-
Esiste tuttavia un
disaccordo sugli avvenimenti della vita della Chiesa che
hanno seguito il Concilio e il loro legame con quest'ultimo.
Per certuni (la maggioranza), la crisi che si è sviluppata
da ormai quarant'anni all'interno della Chiesa sarebbe una
crisi di crescita; la Barca di Pietro, sotto
l'impulso del Concilio, sarebbe in pieno rinnovamento. Per
altri (i cosiddetti «conservatori»), questi avvenimenti
sarebbero negativi e risulterebbero non dal Concilio stesso,
ma dalla sua errata interpretazione. Infine, per un
piccolo numero di cattolici, questi stessi avvenimenti
sarebbero negativi e, per buona parte, direttamente
imputabili al Concilio;
-
Un altro disaccordo - forse
più grave - verte sul fatto stesso del Concilio, e, più
precisamente, sui testi conciliari e sulla natura dei
cambiamenti che essi hanno introdotto nella vita e nella
dottrina della Chiesa. Per la maggior parte dei cattolici,
questi cambiamenti sarebbero di ordine disciplinare e
pastorale, e non dottrinale. Le dottrine espresse nei testi
conciliari sarebbero in perfetta continuità con le
dottrine tradizionali, talvolta con delle formulazioni
diverse, con nuovi sviluppi e una certa insistenza su alcuni
punti precedentemente trascurati. Per altri cattolici, meno
numerosi, ci sarebbe una rottura col passato,
l'abbandono della dottrina di sempre, e l'introduzione di
nuove dottrine. Fino all'estate del 1985, una specie di
impossibilità psicologica di poter esprimere la più piccola
riserva sul Concilio regnava frequentemente negli ambienti
cattolici e mascherava questi disaccordi. Una proibizione
nefasta obbligava i fedeli a vivere in un clima
intellettuale malsano.
Uno dei grandi pregi dei libri
del Cardinale Joseph Ratzinger
Les principes de la
théologie catholique («I principî della teologia
cattolica»), apparso nel 1985 2,
e Rapporto sulla fede 3 è
di avere in qualche modo rimosso quel divieto: dopo la loro
pubblicazione si può discutere del Concilio, mettere in
causa tale o tal'altro dei suoi aspetti senza passare per
dei contestatari che mancano della più elementare deferenza
a riguardo della Chiesa docente. Approfittando di questo
nuovo clima venutosi a creare, e poggiando su alcune prese
di posizione del Cardinale 4,
proveremo a fare il punto sui disaccordi di cui il Concilio
è oggetto e che abbiamo appena evocato:
-
Il disaccordo sugli
avvenimenti consecutivi al Concilio;
-
Il disaccordo sulla
relazione di causa ed effetto di questi avvenimenti con
il Concilio 5;
-
Il disaccordo sul fatto
del Concilio.
II
IL DISACCORDO SUGLI AVVENIMENTI
SUCCESSIVI AL CONCILIO
Non ci interesseremo in questa
sede che delle divergenze dei cattolici sugli avvenimenti
successivi al Concilio (indipendentemente dalle loro
cause): il periodo postconciliare, considerato globalmente,
costituisce per certuni un rinnovamento e per altri una
decadenza. Un tale disaccordo avrebbe dovuto scomparire se
si fossero presi sul serio i notevoli studi pubblicati
sull'argomento. La maggior parte di questi studi ha
purtroppo subìto la sorte degli scritti qualificati come
«integristi»: campagne di silenzio nei media,
diffusione limitata ad un piccolo numero di fedeli,
eventuale discredito gettato sulla persona dell'autore in
modo che non si possa citarlo senza essere subito
squalificati. Mancava uno studio che emanasse da una
personalità romana che detenesse una posizione di autorità e
la cui la voce non potesse essere soffocata.
|
Sopra: alcune
copertine di libri critici nei confronti del Concilio. A
causa del loro contenuto «politicamente scorretto», queste
opere non sono mai state pubblicate da importanti librerie
cattoliche, ma, come una sorta di samizdat, sono
rimaste nella semiclandestinità. |
I testi del Cardinale Ratzinger
Il vuoto è stato parzialmente
colmato dai libri del Cardinale Ratzinger da cui abbiamo
appena parlato. Ne citeremo alcuni brani riportando dei
giudizi sulla situazione della Chiesa nei vent'anni che
hanno seguito il Concilio 6.
- Il Concilio non è stato
né un salto in avanti, né il punto di partenza di una
vita rinnovata
«E bisogna anche
riconoscere che - almeno sinora - non è stata esaudita la
preghiera di Papa Giovanni perché il Concilio significasse
per la Chiesa un nuovo balzo in avanti, una vita e un'unità
rinnovate» 7.
- Una certa perdita del
senso di Chiesa
«È vero, c'è stata e c'è
questa insistenza (la Chiesa considerata come "Popolo di
Dio"), la quale, però, nei testi conciliari, è in equilibrio
con altre che la completano; un equilibrio che è andato
perduto presso molti teologi [...]. Dietro il
concetto oggi così insistito di Chiesa come solo "Popolo di
Dio" stanno suggestioni ecclesiologiche, le quali tornano di
fatto all'Antico Testamento; e anche, forse, suggestioni
politiche, partitiche, collettivistiche [...]. La
Chiesa non si esaurisce nel "collettivo" dei credenti:
essendo il "Corpo di Cristo" è ben di più della semplice
somma dei suoi membri» 8.
- Conseguenze per la
Gerarchia della Chiesa di queste opinioni erronee
«(Tali conseguenze furono)
tra le più gravi. È qui l'origine della caduta del concetto
autentico di "obbedienza" [...]. Se la Chiesa,
infatti, è la nostra Chiesa, se la Chiesa siamo soltanto
noi, se le sue strutture non sono quelle volute da Cristo,
allora non si concepisce più l'esistenza di una Gerarchia
come servizio dei battezzati stabilita dal Signore stesso.
Si rifiuta il concetto di un'autorità voluta da Dio,
un'autorità che ha la sua legittimazione in Dio e non
[...] nel consenso della maggioranza dei membri
dell'organizzazione. Ma la Chiesa di Cristo non è un
partito, non è un'associazione, non è un club; la sua
struttura profonda e ineliminabile non è democratica, ma
sacramentale, e dunque gerarchica» 9.
|
Apertura al
mondo moderno. Sopra: nel 2009, nella città di Limache,
nella provincia centrale di Cordoba, in Argentina, un
collegio tenuto dai Padri passionisti ha deciso di
festeggiare l'anniversario della sua fondazione con una
festa all'insegna della baldoria... |
- Una crisi di fiducia nel
dogma
«Dalla crisi della fede
nella Chiesa come mistero dove il Vangelo vive, affidato a
una Gerarchia voluta da Cristo stesso, il Cardinale vede
discendere come logica conseguenza la crisi di fiducia nel
dogma proposto dal Magistero: "Molta teologia - dice -
sembra aver dimenticato che il soggetto che fà teologia non
è il singolo studioso, ma [...] è la Chiesa intera.
Da questa dimenticanza del lavoro teologico come servizio
ecclesiale, deriva un pluralismo teologico che in realtà è
spesso un soggettivismo, un individualismo che ha poco a che
fare con le basi della tradizione comune. Ogni teologo
sembra ormai voler essere "creativo" [...]. In questa
visione soggettiva della teologia, il dogma è spesso
considerato come una gabbia intollerabile, un attentato alla
libertà del singolo studioso [...]. Poiché la
teologia non sembra più poter trasmettere un modello comune
della fede, anche la catechesi è esposta alla frantumazione,
a esperimenti che mutano continuamente»
10.
- Una crisi di fiducia
nella Sacra Scrittura
«Un'esegesi che non viva e
non legga più la Bibbia nel corpo vivente della Chiesa
diventa archeologia: i morti seppelliscono i loro morti
[...]. Fino ad arrivare ad esperimenti assurdi come
"l'interpretazione materialistica" della Bibbia»
11.
- Un ritorno in forze dell'eresia
ariana che conduce ad un «progetto di salvezza
unicamente storico e umano»
«Certa teologia tende oggi
a risolversi in sola cristologia. Ma è una cristologia
spesso sospetta, dove si sottolinea in modo unilaterale la
natura umana di Gesù, oscurando o tacendo o esprimendo in
modo insufficiente la natura divina che convive nella stessa
persona di Cristo. Si direbbe il ritorno in forze
dell'antica eresia ariana [...]. La cristologia tende
essa stessa a perdere la dimensione del Divino, tende a
risolversi nel "progetto Gesù", in un progetto cioè di
salvezza solo storica, umana» 12.
- La teologia della
liberazione uscita dagli impulsi di Gaudium et spes
«L'America Latina cerca la
propria via nel tema della liberazione, in cui appare un
nuovo elemento caratteristico generato degli impulsi di
Gaudium et spes: l'insistenza sulla teologia propria
dell'America Latina, che dovrebbe trovare subito dall'altra
sponda dell'Atlantico un riscontro alla chiamata ad una
teologia africana. È noto che l'Università Cattolica di
Santiago del Cile è diventata sempre di più il focolaio di
questo genere di esperienze di nuovo pensiero; ed è risaputo
che la crisi così iniziata è giunta ad un tragico realismo»
13.
- L'eliminazione del
peccato originale
«L'incapacità di capire e
presentare il "peccato originale" è davvero uno dei problemi
più gravi della teologia e della pastorale attuali»
14.
- L'abbandono del
decalogo
«Subito dopo il Concilio si
cominciò a discutere se esistessero norme morali
specificamente cristiane [...]. Si arrivò
ineluttabilmente all'idea che la morale sia da costruire
unicamente sulla base della ragione e che questa autonomia
della ragione sia valida anche per i credenti. Non più
Magistero, dunque, non più il Dio della Rivelazione con i
suoi Comandamenti, con il suo decalogo. In effetti, ci sono
oggi moralisti "cattolici" i quali sostengono che quel
decalogo, sul quale la Chiesa ha costruito la sua morale
oggettiva, non sarebbe che un "prodotto culturale" legato
all'antico Medio Oriente semita. Dunque, una regola
relativa, dipendente da un'antropologia, da una storia che
non sono più nostre» 15.
- La crisi degli ordini
religiosi
«Sotto l'urto del
postconcilio i grandi ordini religiosi [...] hanno
vacillato, hanno subito pesanti emorragie, hanno visto
ridursi a limiti mai raggiunti i nuovi ingressi, e oggi
sembrano ancora scossi da una crisi di identità»
16. «All'inizio degli anni
Sessanta, il Québec era la regione del mondo con il più alto
numero di religiose rispetto agli abitanti, che sono in
tutto sei milioni. Tra il 1961 e il 1981 per uscite, morti,
arresto del reclutamento, le religiose si sono ridotte da
46.933 a 26.294. Una caduta, dunque, del 44% e che sembra
inarrestabile. Le nuove vocazioni, infatti, si sono ridotte
nello stesso periodo di ben il 98,5% [...]. Tanto
che, con una semplice proiezione, tutti i sociologi
concordano in una conclusione cruda, ma oggettiva: "Tra poco
(a meno di rovesciamenti di tendenza del tutto improbabili
almeno a viste umane), la vita religiosa femminile così come
l'abbiamo conosciuta non sarà in Canada che un ricordo"»
17.
- Un'evoluzione che
conduce al vuoto
«Mi sembra che qualcosa sia
diventato ben chiaro negli ultimi dieci anni:
un'interpretazione del Concilio che comprende solamente i
suoi testi dogmatici come il preludio ad uno spirito
conciliare non ancora giunto a maturità, che ne considera
l'insieme come una semplice preparazione a Gaudium et Spes;
e questo testo a sua volta come il punto di partenza di un
prolungamento rettilineo, nel senso di una fusione sempre
più grande con ciò che si definisce "progresso". Una tale
interpretazione non è più solamente in contraddizione con
l'intenzione e la volontà dei Padri conciliari stessi, ma il
corso degli avvenimenti l'ha condotta all'assurdo. Laddove
lo spirito del Concilio è usato contro la sua lettera e si
riduce ad una vaga distillazione di un'evoluzione che
avrebbe la sua sorgente nella Costituzione pastorale,
diventa spettrale e conduce al vuoto. Le distruzioni
occasionate da una tale mentalità sono così evidenti che non
ci possono essere contestazione serie a riguardo»
18.
- Diagnosi globale sull'epoca
postconciliare
«Il giudizio di Ratzinger
su questo periodo è netto: "È incontestabile che gli ultimi
vent'anni sono stati decisamente sfavorevoli per la Chiesa
cattolica. I risultati che hanno seguito il Concilio
sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti, a
cominciare da quelle di Papa Giovanni XXIII e poi di Paolo
VI. I cristiani sono di nuovo minoranza, più di quanto lo
siano mai stati dalla fine dell'antichità [...]. I
Papi e i Padri conciliari si aspettavano una nuova unità
cattolica e si è invece andati incontro a un dissenso che -
per usare le parole di Paolo VI - è sembrato passare
dall'autocritica all'autodistruzione. Ci si aspettava un
nuovo entusiasmo e si è invece finiti troppo spesso nella
noia e nello scoraggiamento. Ci si aspettava un balzo in
avanti e ci si è invece trovati di fronte a un processo
progressivo di decadenza che si è venuto sviluppando in
larga misura sotto il segno di un richiamo ad un presunto
"spirito del Concilio", e in tal modo lo ha screditato»
19.
- Una diagnosi su cui tutti
i fedeli dovrebbero trovarsi d'accordo
Tralasciamo questi brani
estratti dai libri Rapporto sulla fede e Les
principes de la théologie catholique. Essi costituiscono
una diagnosi globale di decadenza di questi ultimi
quarant'anni. Lungi dall’essere un salto in avanti e
l'inizio di una vita rinnovata, il Concilio ha aperto un
periodo di autodemolizione. Paolo VI (1897-1978)
stesso lo sottolineò nella sua celebre allocuzione al
Seminario Lombardo del 7 dicembre 1968: «La Chiesa si
trova in un'ora di inquietudine, di autocritica, si direbbe
di autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e
complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio
[...]. Si pensava ad una fioritura, ad una sana
espansione delle concezioni maturate nelle grandi assisi del
Concilio. Anche questo aspetto esiste. Ma [...] si
nota soprattutto l'aspetto doloroso. La Chiesa quasi quasi
viene a colpire sé stessa». Quattro anni più tardi, il
29 giugno 1972, Paolo VI evocò il fumo di Satana: «Da
qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel Tempio di
Dio: il dubbio, l'incertezza, la problematica,
l'inquietudine, l'insoddisfazione sono emersi [...].
Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata
di sole per la storia della Chiesa. È invece venuta una
giornata di nuvole, di tempesta, di buio. Cerchiamo di
scavare nuovi abissi anziché colmarli. Cosa è successo? Vi
confidiamo il nostro pensiero: si è trattato di un potere
avverso, il diavolo, questo essere misterioso, nemico di
tutti gli uomini, questa entità soprannaturale, venuta a
rovinare e disseccare i frutti del Concilio Ecumenico»
20. La diagnosi del Cardinale
Ratzinger va a completare quella di Paolo VI. Formulata
dalla più alta autorità romana dopo il Papa, essa merita di
essere conosciuta e dovrebbe far cessare definitivamente il
disaccordo tra i cattolici in buona fede nella loro analisi
della situazione postconciliare. Sarebbe già un grande
vantaggio condividere la stessa analisi della situazione.
III
IL DISACCORDO SUL CONCILIO
Il problema della continuità
dottrinale
Il secondo disaccordo già
segnalato riguarda il Concilio stesso, e più precisamente i
testi conciliari e i cambiamenti disciplinari e dottrinali
che essi hanno introdotto nella vita della Chiesa.
Disaccordo particolarmente grave. Come intendersi, infatti,
tra cattolici quando non si ha in comune lo stesso giudizio
su testi tanto conosciuti - e tanto importanti per la vita
della Chiesa - come quelli promulgati da Paolo VI su istanza
del Concilio? Disaccordo riconosciuto anche dal Cardinale
Ratzinger quando parla di «incertezza che pesa ancora
sulla questione del vero significato del Vaticano II»
21. Vorremmo ora esporre questo
disaccordo e segnalare una presa di posizione del Cardinale
che dovrebbe facilitare il ritorno all'unità di vedute. La
questione si pone in questi termini: c'è perfetta continuità
(di tutti i testi conciliari) o rottura (di certi testi) con
la dottrina tradizionale della Chiesa? Domanda alla quale
sembrerebbe a priori facile rispondere dopo l'esame
dei testi, e sul quale tuttavia il disaccordo tra cattolici
in buona fede persiste da oltre quarant'anni.
Continuità o discontinuità
dottrinale dei testi conciliari
Quando si esaminano dei testi
- qualunque essi siano - sotto il profilo della continuità
dottrinale, è necessario, a priori, considerare tre
categorie:
Quali di queste categorie si
possono applicare ai testi conciliari? Ecco, a questo
riguardo, alcune spiegazioni e testimonianze.
- Testi in continuità con
la dottrina tradizionale
È evidente che un gran numero
di testi conciliari rientra in questa categoria. Anche se
apportano nuovi punti di vista su questo o quest'altro
punto, si trovano nella linea della Tradizione,
conformemente alla celebre formula di San Vincenzo di
Lerino (V sec.): tutto ciò che riguarda la fede dev’essere
mantenuto «in eodem dogmate, eodem sensu, eademque
sententia» («nella stessa credenza, nello stesso senso e
nello stesso pensiero»).
- Testi la cui dottrina è
ambigua
È comprensibile che un insieme
così vasto come quello dei documenti conciliari contenga
alcuni testi ambigui. Ciò che risulta meno comprensibile è
che le ambiguità siano così frequenti. Ecco tre esempi:
- La
formula Ecclesia subsistit
Nella Costituzione conciliare
sulla Chiesa Lumen gentium (del 21 novembre 1964)
figura la seguente formula: «Questa Chiesa [...]
sussiste nella Chiesa cattolica» («Hæc
Ecclesia [...] subsistit in Ecclesia catholica»)
22. Tale formulazione è stata più
volte interpretata come se volesse dire: «La Chiesa di
Cristo sussiste nella Chiesa cattolica; ma potrebbe
sussistere anche in un'altra chiesa cristiana».
È ciò che sostiene il teologo brasiliano Padre Leonardo
Boff o.f.m. nella sua libro
intitolato Chiesa, carisma e potere
23. A partire da questa
interpretazione può svilupparsi tutto un «ecumenismo» che
mette sullo stesso piano le chiese protestanti e la Chiesa
cattolica 24.
- L'inizio
della Costituzione pastorale Gaudium et spes
Il primo capitolo («La dignità della persona umana»)
della prima parte (§ 12) di tale Costituzione comincia con
queste parole: «Credenti e non credenti sono generalmente
d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra
dev'essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo
vertice». Così commentava questa frase Mons.
Marcel Lefebvre (1905-1991) nel suo libro Lettera
aperta ai cattolici perplessi: «(Questa frase) si
spiega nel senso cristiano badando a quel che segue. Non di
meno, essa ha un significato intrinseco, vale a dire quello
che effettivamente vediamo tradursi in atto dappertutto
nella Chiesa postconciliare, sotto forma di una salvezza
ridotta alla prosperità economica e sociale dell'umanità»
25.
|
|
|
San Vincenzo di
Lerino |
Leonardo
Boff |
Mons. Lefebvre |
- La
prefazione alla Costituzione pastorale Gaudium et spes
Ecco come il Cardinale
Ratzinger commenta questo testo: «Mi accontenterò qui di
analizzare alcuni tratti caratteristici di questa
prefazione. Anche in questo caso, non è mia intenzione
esaurire in tal modo il testo stesso, ma la storia della sua
influenza, quale doveva mostrarsi, si ricollega proprio allo
spirito di questa prefazione e ha subito largamente
l'impronta della sua ambiguità. Un primo punto
caratteristico mi sembra risiedere nel concetto di "mondo"
che si trova utilizzato e che, malgrado i molteplici
tentativi di definizione proposti al n° 2, è rimasto in gran
parte ad un stadio pre-teologico, ed è grazie proprio a ciò
che ha potuto esercitare la sua influenza particolare. Per
"mondo", la Costituzione intende un faccia a faccia con la
Chiesa. Il testo deve servire a portarli entrambi in un
rapporto positivo di cooperazione il cui scopo è la
costruzione del "mondo". La Chiesa coopera col "mondo" per
costruire il "mondo"; è in tal modo che si potrebbe
caratterizzare la visione così determinante del testo. Non
si precisa se il mondo che coopera e il mondo in costruzione
sia lo stesso; non si precisa ciò che in ogni caso si
intende per "mondo"» 26. Simili ambiguità possono essere
indubbiamente risolte grazie ad una giusta interpretazione
che permette di comprendere i testi in causa nel senso della
dottrina tradizionale. Ma bisogna riconoscere che molti di
essi, letti alla lettera, deformano la dottrina in senso
contrario.
- Testi in opposizione con la dottrina tradizionale
Affrontiamo ora la questione relativa al disaccordo che si
manifesta e del quale abbiamo già parlato: c'è continuità
(di tutti i testi conciliari) o
rottura (di alcuni testi) con la dottrina tradizionale? Che
per alcuni di questi testi ci sia rottura od opposizione, la
cosa è stata abbondantemente provata da numerosi studi, i
quali hanno sollevato interrogativi che non hanno mai
ricevuto una risposta 27. Ecco alcune testimonianze a questo
riguardo:
- Testimonianze che si
riferiscono alla Dichiarazione conciliare sulla libertà
religiosa Dignitatis Humanæ (del 7 dicembre
1965)
- R. Teverence (pseudonimo di un teologo):
«Su tre punti
essenziali, la
suddetta Dichiarazione è in contraddizione con
l'insegnamento tradizionale
della Chiesa in materia. In effetti, essa nega che il potere
civile possa intervenire
legiferando in materia religiosa a vantaggio della religione
cattolica, cosa che
prima era stata insegnata costantemente. Essa afferma, senza
altra limitazione
che quella dell'"ordine pubblico", che la libertà religiosa
al foro esterno sia un
diritto inscritto nella natura della persona umana e nella
Rivelazione divina,
altra affermazione che era stata costantemente e
solennemente condannata fino
al Concilio [...]. Infine, la Dichiarazione conciliare
chiede che questo diritto,
assoluto sul piano religioso, sia iscritto nella Legge
civile, altra proposizione che
era stata severamente condannata, particolarmente
dall'Enciclica Quanta Cura
(dell'8 dicembre 1864), in cui Pio IX ha impegnato in modo
manifesto e in tutta
la sua forza, la sua autorità apostolica di Successore di
Pietro» 28.
- Padre Yves Congar o.p. (1904-1995): «Non si può negare
che questo
testo (la Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanæ)
contraddica materialmente
il Sillabo del 1864, e che affermi esplicitamente le
proposizioni
condannate ai nn. 15, 77 e 79 di questo documento»
29. «Ciò
che è nuovo in
questa dottrina rispetto all'insegnamento di Leone XIII e
anche di Pio XII,
sebbene il movimento si avviasse allora, è la determinazione
del fondamento
proprio e prossimo di questa libertà che non è ricercata
nella verità oggettiva del
bene morale o religioso, ma nella qualità ontologica della
persona umana» 30. In
questo ultimo testo, Padre Congar mette bene in evidenza il
punto essenziale:
la Dichiarazione conciliare introduce una nuova concezione
della libertà; la libertà non è più fondata su ciò che è
vero e ciò che è
giusto, ma sulla persona umana presa in sé stessa (si passa
dall'oggetto
al soggetto).
- Padre René Laurentin:
«In breve, con i suoi limiti e a dispetto delle sue
imperfezioni, la Dichiarazione sulla libertà religiosa segna
una tappa; essa assicura al tempo stesso la rottura di certi
ormeggi con un passato compiuto e l'inserimento realista
della Chiesa e della sua testimonianza nell'unico posto
possibile nel mondo d'oggi» 31.
- Mons. Roger
Etchegaray: «Dopo lo Stato cristiano, del quale la
Dichiarazione conciliare ha segnato la fine, dopo lo
Stato ateo che ne è l'esatta e tanto intollerabile antitesi,
lo Stato laico neutro, passivo e disimpegnato, è stato
certamente un progresso» 32.
Se la Dichiarazione conciliare «ha segnato la fine»
dello Stato cristiano, essa è necessariamente in rottura con
la dottrina tradizionale sui doveri dello Stato verso la
religione cattolica, espressa in particolare nell'Enciclica
Quas Primas di
Papa Pio XI (1857-1939).
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Padre Yves Congar |
Padre René Laurentin |
Roger
Etchegaray |
- Mons. Marcel
Lefebvre: «Al Concilio le discussioni più serrate
sono state sollevate dallo schema sulla libertà religiosa
[...]. Sono passati vent'anni e adesso possiamo
vedere come i nostri timori non fossero esagerati quando
quello schema fu promulgato sotto forma di una
Dichiarazione, che riuniva nozioni contrarie alla Tradizione
e all'insegnamento di tutti gli ultimi Papi. È vero infatti
che alcuni principî falsi, o espressi in maniera ambigua,
hanno ora immancabilmente applicazioni pratiche rivelatrici
dell'errore commesso nell'adottarli»
33.
- Contre-Réforme
Catholique: «Cento anni dopo il Sillabo, il
Concilio ha voluto riconciliare la Chiesa e la società
moderna mediante la proclamazione del diritto dell'uomo alla
libertà religiosa [...]. Questa libertà, dichiarata
un diritto naturale, è stata estesa dall'intimo delle
coscienze alla vita pubblica, dagli individui alle società
religiose, e infine dalle religioni alle ideologie, fino
all'ateismo stesso! La sola barriera ammessa resta quella
dell'"ordine pubblico", vale a dire... della ragion di
Stato»! 34.
- Padre John Courtney-Murray
s.j. (perito al Concilio): «I Papi del XIX secolo
hanno disapprovato il "liberalismo cattolico", sbarrando la
strada per sempre e in anticipo a quelli che avessero
cercato di far penetrare questa dottrina nella Chiesa. Ora,
quasi esattamente un secolo più tardi, la Dichiarazione
sulla libertà religiosa sembra affermare come dottrina
cattolica ciò che Gregorio XVI considerava come un "delirio",
un'idea folle. Tali sono i termini del problema»
35.
- Testimonianze che si riferiscono in generale alle tesi
liberali
- Commissione mista
cattolico-luterana: «Tra le idee del
Concilio Vaticano
II in cui è possibile vedere un'accoglienza delle richieste
di Lutero, si trovano
ad esempio:
-
la descrizione della
Chiesa come "Popolo di Dio" [...];
-
l'accento posto sul
sacerdozio di tutti i battezzati;
-
l'impegno in favore del
diritto della persona alla libertà in materia di
religione» 36.
- Paolo Bevani, sull'Osservatore
Romano: «La Chiesa che, con il Concilio, ha
assunto e superato le conquiste liberali democratiche della
Rivoluzione Francese, e che nella sua marcia in avanti
(vedi l'Enciclica Laborem exercens) si pone come qualcosa di
successivo alla Rivoluzione russa marxista, offre una
soluzione al fallimento del marxismo in questa "chiave" di
socialismo post-marxista, democratico, di radice cristiana,
autogestionario e non totalitario. La risposta all'Est è
rappresentata da Solidarnosc che pianta la croce di fronte
ai Cantieri Lenin» 37.
- Yves Maursaudon,
massone della Gran Loggia di Francia: «Pensiamo che un
massone degno di questo nome, e che sia anch'egli impegnato
a praticare la tolleranza, non possa che felicitarsi senza
alcuna restrizione dei risultati irreversibili del Concilio,
qualunque ne siano le conclusioni momentanee. Noi
applaudiamo a queste manifestazioni così inattese da essere
talvolta brutali, ma era evidente che la Chiesa più
dogmatica doveva un giorno scomparire o adattarsi, e per
adattarsi ritornare alle sorgenti [...]. (I cattolici)
non dovranno dimenticare che ogni strada conduce a Dio
(e tante sono le dimore nella casa del Padre mio...) e
mantenersi in questa coraggiosa nozione di libertà di
pensiero che - si può veramente parlare di rivoluzione -
partita dalle nostre Logge massoniche, si è
magnificamente estesa sotto la Basilica di San Pietro»
38.
- Gran Loggia di Francia:
«È proprio di tutti gli integralismi religiosi
sostituirsi alla Divinità di cui reclamano essere
un'istituzione codificante la rivelazione, potendo
condannare, con la coscienza perfettamente tranquilla e in
nome di Dio, chiunque contravviene alle sue regole. Più di
un secolo fa la Chiesa cattolica romana non era lontana da
somigliare a questo modello. Il suo autoritarismo dogmatico
non ci aveva risparmiati. Ma fortunatamente, sotto l'impulso
di uomini generosi come i Papi Giovanni XXIII e Paolo VI un
Concilio risvegliò grandi speranze e diede a questa
Chiesa un altro volto. La libertà di coscienza
cominciò ad essere presa in considerazione nello stesso
momento in cui si avviava un dialogo con la Massoneria»
39. Le espressioni «libertà di
coscienza» e «libertà di pensiero» di questo testo e del
testo precedente sono evidentemente da intendere nel loro
senso massonico. Esse designano due di queste «libertà
liberali», nate nelle Logge e costantemente condannate dal
Magistero della Chiesa fino al 1962.
- Marcel Prelot,
senatore del dipartimento del Doubs e cattolico liberale:
«Abbiamo lottato per un secolo e mezzo per far prevalere
le nostre idee all'interno della Chiesa, e non ci
siamo riusciti. È venuto infine il Vaticano II e abbiamo
trionfato. Le tesi e i principî del cattolicesimo
liberale sono ormai stati accettati definitivamente e
ufficialmente dalla santa Chiesa» 40.
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P. Courtney-Murray |
Yves Maursaudon |
Marcel Prelot |
- Testimonianze di carattere
generale
- Padre Yves Congar o.p.:
«(Con il Concilio) la Chiesa ha fatto,
pacificamente, la sua Rivoluzione d'Ottobre»
41.
- Don Georges de Nantes
(1924-2010): «In effetti, il Concilio riformatore
Vaticano II ha provocato non un perfezionamento, né un stile
nuovo di espansione religiosa, ma una rivoluzione che impone
per mezzo della costrizione un taglio radicale col passato e
un rigetto globale della sua plurisecolare eredità»
42.
- Don De Linarès: «Questa
sottile mescolanza di verità e di errore che costituisce il
fatto globale del Concilio» 43.
- Mons. Marcel
Lefebvre: «A ben guardare, la Rivoluzione è penetrata
nella Chiesa di Dio proprio sotto la sua livrea. È la
libertà, la libertà religiosa da noi descritta pagine
addietro che dà un diritto all'errore. È l'uguaglianza, cioè
la collegialità, che si afferma con la distruzione
dell'autorità personale, dell'autorità di Dio, del Papa, dei
Vescovi, con la legge del numero. È la fratellanza, infine,
che è rappresentata dall'ecumenismo. Con queste tre parole,
l'ideologia rivoluzionaria del 1789 è diventata la Legge e i
Profeti. I modernisti sono arrivati a quello che volevano»
44.
- Alain Woodrow,
giornalista di Le Monde: «Grazie ai valori
scoperti dal Concilio Vaticano II, quali il primato della
coscienza, la libertà religiosa, la povertà dei mezzi, la
verità professata anche dalle Chiese non cattoliche e dalle
religioni non cristiane, la roccaforte cattolica
edificata dal Concilio di Trento è stata largamente demolita»
45.
- Testis, giornalista
di Aspects de la France: «L'inviato speciale di Le
Monde, il San Giovanni Crisostomo del modernismo, dice
anch'egli ciò che affermano sempre quelli che non hanno
accettato le innovazioni introdotte dal Concilio Vaticano II:
che grazie a quest’ultimo la religione cattolica è stata
"largamente demolita". Che Alain Woodrow se ne rallegri,
mentre i cattolici tradizionalisti lo deplorano, non cambia
nulla al fatto in sé» 46.
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Georges de Nantes |
Alain Woodrow |
Queste citazioni (di cui
alcune - quelle di R. Teverence, di don Georges de Nantes e
di Mons. Marcel Lefebvre - non fanno solamente che
riassumere studi più evoluti) manifestano una stupefacente
identità di vedute tra «tradizionalisti» e liberali
(cattolici o meno), sulla seguente constatazione: i testi
conciliari hanno fatto proprî una parte delle tesi e dei
principî del liberalismo. Questo fatto giustifica il titolo
del summenzionato studio del teologo R. Teverence: Il
Concilio Vaticano II sfugge all'accusa di liberalismo?
47.
La tesi della discontinuità
dottrinale accreditata dal Cardinale Ratzinger
Qualunque sia la notorietà
delle personalità fin qui citate, qualunque sia la qualità
delle loro argomentazioni sulla questione del Concilio,
bisogna tuttavia riconoscere che la loro tesi non è stata
abbastanza diffusa negli ambienti cattolici, all'infuori di
quelli che si qualificano come
«integristi» e di quelli che proclamano, senza problemi, il
loro modernismo. Da qui il disaccordo sul fatto del Concilio
al quale abbiamo fatto allusione, un disaccordo carico di
gravi conseguenze. Quando, in materia di testi conciliari,
la maggioranza di sacerdoti e dei fedeli che si interessano
a queste tematiche, vedono le cose come vorrebbero che
fossero e non come sono realmente, finiscono per accecarsi
da sé stessi sul fatto conciliare e si separano da quelli
che rifiutano un simile disordine.
- Il giudizio del Cardinale
su tre testi conciliari
Dunque, è particolarmente
importante vedere come il Cardinale Ratzinger - con
l'autorità che di fatto è legata al suo nome - abbia messo i
puntini sulle «i» su di un aspetto essenziale dell'argomento
dibattuto. Rendendo nota la sua presa di posizione, possiamo
contribuire a ridurre il nefasto disaccordo tra i cattolici.
Che cosa dice il Cardinale? Nel suo libro Les principes
de la théologie catholique, nell'ultimo capitolo
intitolato L'Église e le monde («La Chiesa e il
mondo»), parlando a proposito della questione della
ricezione del Concilio Vaticano II, egli si sofferma
sull'influenza esercitata dalla Costituzione pastorale
Gaudium et spes, «(testo) considerato - ci dice -
dopo il Concilio sempre più come il suo vero testamento».
Ecco i passi di questo capitolo che si riferiscono
direttamente al soggetto che stiamo trattando. I sottotitoli
sono nostri.
- Una diagnosi globale
«Se si cerca una diagnosi
globale del testo (Gaudium et spes), si
potrebbe dire che esso è (insieme ai testi sulla libertà
religiosa e sulle religioni nel mondo) una revisione del
Sillabo di Pio IX, una sorta di contro-Sillabo».
- Il ruolo del Sillabo
«(Il Sillabo) ha tracciato
una linea di separazione davanti alle forze determinanti del
XIX secolo: le concezioni scientifiche e politiche del
liberalismo. Nella controversia modernista, questa doppia
frontiera è stata ancora una volta rafforzata e fortificata»
48. Il Cardinale precisa in nota:
«Ricordiamo che il Sillabo è un insieme di dichiarazioni in
cui Pio IX aveva preso posizione sui problemi spirituali e
politici prodotti nella sua epoca dalla secolarizzazione.
Nella lotta di Pio X contro il modernismo, la linea del
Sillabo venne ripresa e spinta più lontano»
49.
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Il
Sillabo |
Papa Pio IX |
- Evoluzione dei rapporti
tra la Chiesa e il mondo dopo
San Pio X (1835-1914)
«Da allora, senza dubbio,
le cose erano cambiate. La nuova politica ecclesiastica di
Pio XI aveva creato una certa apertura a riguardo della
concezione liberale dello Stato. L'esegesi e la storia della
Chiesa - impegnate in un combattimento silenzioso, ma
perseverante - avevano adottato sempre più i postulati della
scienza liberale e, d'altro canto, il liberalismo si era
visto nella necessità, durante i grandi rivolgimenti del XX
secolo, di accettare alcune correzioni notevoli. Ciò accadde
perché, soprattutto nell'Europa centrale, l'attaccamento
unilaterale, condizionato dalla situazione, alle posizioni
prese dalla Chiesa, per iniziativa di Pio IX e di Pio X,
contro il nuovo periodo storico inaugurato dalla Rivoluzione
Francese, era stato in una larga misura corretto via facti
50; ma una nuova determinazione
fondamentale dei rapporti con il mondo, come si presentava a
partire dal 1789, mancava ancora».
- Il ruolo del contro-Sillabo
Gaudium et spes
«Accontentiamoci qui di
constatare che questo testo (Gaudium et spes)
ha giocato il ruolo di contro-Sillabo nella misura in cui ha
rappresentato un tentativo di riconciliazione ufficiale
della Chiesa con il mondo come era diventato dopo il 1789
[...]. Solo questa prospettiva permette di
comprendere il senso di questo strano faccia a faccia della
Chiesa e del mondo: per "mondo", si intende, in fondo, lo
spirito dei tempi moderni, di fronte al quale la coscienza
di gruppo nella Chiesa si sentiva come un soggetto separato
che, dopo una guerra ora calda e ora fredda, ricercava il
dialogo e la cooperazione» 51.
Riassumendo:
-
Il Sillabo di Pio
IX costituiva, contro il liberalismo generato della
Rivoluzione Francese, una barriera che fu rafforzata da
San Pio X;
-
In seguito, la Chiesa fu
spesso condotta a tollerare, nella sua pratica politica,
il liberalismo e lo Stato liberale, ma senza cambiare la
«determinazione fondamentale» dei suoi rapporti
con il mondo liberale;
-
Il contro-Sillabo
Gaudium et spes costituisce una nuova
«determinazione fondamentale» dei rapporti tra la
Chiesa e «il mondo come era diventato dopo il 1789»:
l'obiettivo è la riconciliazione ufficiale della Chiesa
con questo mondo, con lo spirito dei tempi moderni.
Dunque, al Sillabo
del 1864 corrisponde il contro-Sillabo del
1964. Alla
dottrina del Sillabo corrisponde la dottrina del
contro-Sillabo. Siamo quindi in presenza di un cambiamento
dottrinale.
- Due obiezioni
-
Prima obiezione
Come spiegare il fatto -
direte voi - che il Cardinale Ratzinger sembra approvare
questo cambiamento dottrinale? C'è veramente approvazione da
parte del Cardinale? Non risponderemo a questa domanda che
esula dai limiti del nostro scritto. Accontentiamoci di
notare che il libro Rapporto sulla fede condanna a
più riprese lo spirito del 1789, detto anche lo «spirito
dei tempi moderni» 52. Ciò
che ci interessa qui, nelle prese di posizione del
Cardinale, non sono i giudizi che egli può esprimere sul
fatto in causa - un contro-Sillabo che va a
sostituirsi al Sillabo - ma il riconoscere
l'esistenza di questa discontinuità dottrinale. Lo
ripetiamo: sarebbe un progresso considerevole se tutti i
fedeli potessero riconoscere il fatto del Concilio così
com'è (e non come vorrebbero che fosse). A questo fine, il
contributo del Cardinale Ratzinger nel testo citato ci
sembra di grande importanza.
-
Seconda obiezione
Se il Cardinale riconosce il
cambiamento dottrinale operato dal passaggio della dottrina
del Sillabo a quella del contro-Sillabo, come
spiegare che abbia potuto scrivere nel libro-intervista
Rapporto sulla fede che «il Vaticano II si pone in
stretta continuità con i due Concilî precedenti li riprende
letteralmente in punti decisivi»? 53.
Non spieghiamo, ma constatiamo. Constatiamo che il Cardinale
riconosce la discontinuità dottrinale introdotta dal
Concilio in un testo sufficientemente dettagliato in cui
mostra che la Chiesa, dopo avere condannato il liberalismo
nel Sillabo, e in mille altri testi, ha cercato di
«riconciliarsi ufficialmente» con quest'ultimo (il che
presuppone, evidentemente, la soppressione delle condanne
precedenti). Il testo in cui afferma la continuità
dottrinale dei testi conciliari è una semplice affermazione
e non è corredata da nessun argomento. Poiché bisogna
scegliere tra questi due testi, il primo si impone senza
contraddizione.
IV
IL DISACCORDO SUL LEGAME DI CAUSA ED EFFETTO TRA
IL CONCILIO E GLI
AVVENIMENTI CHE LO HANNO SEGUITO
Bisogna imputare al Concilio
gli avvenimenti catastrofici che lo hanno seguito? O bisogna
imputarli non al Concilio stesso, ma alla sua
interpretazione in senso contrario alla Tradizione? Questo è
il terzo punto di disaccordo tra i cattolici in buona fede
che solleva ancora oggi l'avvenimento del Vaticano II.
Prima tesi: è colpa del
Concilio
Ecco come viene presentata da
due personalità così diverse come Mons. Marcel Lefebvre e
Padre Joseph Gélineau s.j. (1920-2008).
- Mons. Marcel
Lefebvre
«Dunque, il Vaticano II non
è un Concilio come gli altri, ed è per questo che abbiamo il
diritto di giudicarlo, seppure con prudenza e riserva. Di
questo Concilio e delle relative riforme, io accetto tutto
ciò che è in piena concordanza con la Tradizione. L'opera da
me fondata lo prova ampiamente. I nostri seminari, in
particolare, rispondono perfettamente ai desideri espressi
dal Concilio e alla Ratio fundamentalis della Sacra
Congregazione per l'insegnamento cattolico. Ma è impossibile
andare blaterando che solamente le applicazioni
postconciliari sono cattive. Le ribellioni del clero, la
contestazione dell'autorità pontificia, tutte le stravaganze
della liturgia e della nuova teologia, la desertificazione
delle chiese, non avrebbero dunque nulla a vedere, come si è
affermato anche recentemente, con il Concilio? Ma andiamo!
Ne sono invece i frutti» 54.
- Presa di posizione di
Padre Joseph Gélineau s.j. sui legami tra Concilio e riforma liturgica
«La riforma decisa dal
Concilio Vaticano II ha dato il segnale del disgelo
[...]. Alcuni pezzi interi crollano [...]. Che
non ci si inganni: tradurre non è dire la stessa cosa
con altre parole.
è cambiare la
forma. Ora, la liturgia non è solamente un'informazione o un
insegnamento di cui importano unicamente i contenuti. È
un'azione simbolica mediante le "forme" significative. Se
le forme cambiano, il rito cambia. Se un elemento
è cambiato, la totalità significata è modificata [...].
Bisogna dirlo senza mezzi termini: il rito romano come
l'abbiamo conosciuto non esiste più. Esso è stato
distrutto» 55.
Seconda tesi: la responsabilità non dev'essere
imputata al Concilio, ma ad una sua errata
interpretazione
Tesi sostenuta in particolare
dal Cardinale Ratzinger nel suo libro Rapporto sulla fede,
il quale contiene un paragrafo intitolato «Riscopriamo il
Vaticano II vero». Eccone un passaggio: «Non è dunque
il Vaticano II e i suoi documenti (è appena il caso di
ricordarlo) che fanno problema. Semmai, per molti - e Joseph
Ratzinger è tra questi, non da ieri - il problema è
costituito da molte interpretazioni di quei documenti che
avrebbero condotto a certi frutti dell'epoca postconciliare»
56. «Sono convinto che i guasti
cui siamo andati incontro in questi vent'anni non siano
dovuti al Concilio "vero", ma allo scatenarsi, all'interno
della Chiesa, di forze latenti aggressive, centrifughe,
magari irresponsabili, oppure semplicemente ingenue, di
facile ottimismo, di un'enfasi sulla modernità che ha
scambiato il progresso tecnico odierno con un progresso
autentico, integrale. E, all'esterno, all'impatto con una
rivoluzione culturale: l'affermazione in Occidente del ceto
medio-superiore, della nuova "borghesia del terziario" con
la sua ideologia liberal-radicale di stampo
individualistico, razionalistico, edonistico. Dunque, la sua
parola d'ordine, l'esortazione a tutti i cattolici che
vogliano rimanere tali, non è certo un "tornare indietro";
bensì "tornare ai testi autentici del Vaticano II autentico"
[...]. È all'oggi della Chiesa che dobbiamo restare
fedeli, non allo ieri o al domani: e questo oggi della
Chiesa sono i documenti del Vaticano II nella loro
autenticità. Senza riserve che li amputino. E senza arbitrî
che li sfigurino» 57.
Si può accusare l'interpretazione dei testi
conciliari senza accusare il Concilio stesso?
Quest'ultima tesi sembra
difficile da sostenere a partire dal momento in cui si
riconosce che l'interpretazione del Concilio in un senso
contrario alla dottrina tradizionale era stata programmata
in certi testi conciliari, e ciò per tre ragioni principali:
-
a causa dello spirito
generale che ha regnato durante la redazione di parecchi
documenti conciliari;
-
a causa della presenza tra
essi di numerosi testi ambigui, che possono essere
interpretati in un senso ortodosso, ma la cui
inclinazione naturale è diretta in senso opposto;
-
a causa della presenza di
testi in opposizione con la dottrina tradizionale.
L'ottimo libro del verbita Ralph Wiltgen
(1921-2007) intitolato Le Rhin se jette dans
le Tibre («Il Reno si getta nel Tevere»)
58, spiegando la genesi dei
documenti conciliari, da un'idea sorprendente di questa
programmazione.
|
|
Padre
Joseph Gélineau |
Padre Ralph Wiltgen |
Le constatazioni del Cardinale Ratzinger
Le constatazioni fatte dal
Cardinale Ratzinger avvalorano la tesi della responsabilità
diretta del Concilio:
- Prima constatazione:
uno dei principali orientamenti conciliari, quello dato da
Gaudium et spes, è stato «un tentativo di
riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo come era
diventato dopo il 1789», con «lo spirito dei tempi
moderni». Abbiamo già citato il testo in cui questa idea
è stata sviluppata.
- Seconda constatazione:
molte delle pessime attitudini dei cattolici risultano oggi
la messa in pratica, nella vita quotidiana, della
riconciliazione della Chiesa cattolica con il mondo, con lo
«spirito dei tempi moderni». È noto che questo
«spirito» si traduce:
L'uomo è diventato il padrone
assoluto di sé stesso e del suo destino, il suo creatore e
il suo signore; egli ha rotto i legami con Dio; il suo
«progetto di salvezza» è essenzialmente temporale. Si tratta
di ciò che è stato definito «umanesimo laico». Il
Cardinale lo descrive con precisione 59
e ne constata la presenza invadente negli ambienti
cattolici.
- Un «progetto di
salvezza solamente storico e umano»
Secondo il Cardinale, c'è un
ritorno in forza dell'eresia ariana che conduce ad una nuova
cristologia tendente a ridursi al «progetto Gesù», ossia ad
un «progetto di salvezza solamente storico e umano».
- Il compromesso di una
certa morale cattolica con l'etica della società
liberal-radicale
«Questo è dunque per lui lo
scenario drammatico dell'etica nella società
liberal-radicale, "opulenta". Ma come reagisce a tutto
questo la teologia morale cattolica?
60. "La mentalità ormai dominante aggredisce
alle fondamenta stesse la morale della Chiesa che -
l'osservavo - se resta fedele a sé stessa rischia di
apparire come un anacronistico, fastidioso corpo estraneo.
Così, per tentare di essere ancora "credibili", i teologi
morali dell'Occidente finiscono col trovarsi davanti ad
un'alternativa: sembra loro di dover scegliere tra il
dissenso con la società attuale e il dissenso con il
Magistero [...]. Ecco dunque la pesante alternativa:
o la Chiesa trova un'intesa, un compromesso con i valori
accettati dalla società alla quale vuole continuare a
servire, oppure decide di restare fedele ai suoi valori
proprî (e che, a suo avviso, sono quelli che tutelano l'uomo
nelle sue esigenze profonde) e allora si trova spiazzata
rispetto alla società stessa". Così, il Cardinale crede di
constatare che "oggi l'ambito della teologia morale è
diventato il luogo principale delle tensioni tra Magistero e
teologi, specialmente perché qui le conseguenze si fanno
immediatamente percepibili. Potrei citare alcune tendenze:
talvolta i rapporti prematrimoniali vengono giustificati,
almeno a certe condizioni; la masturbazione è presentata
come un fenomeno normale nella crescita dell'adolescente;
l'ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti è
continuamente rivendicata; il femminismo anche radicale
sembra guadagnare terreno a vista d'occhio nella Chiesa,
specialmente in alcuni ordini religiosi femminili [...].
Perfino riguardo al problema dell'omosessualità sono in atto
tentativi di giustificazione» 61.
Ecco la conclusione che deriva dalla messa a confronto di
questi testi: alcuni dei comportamenti catastrofici
constatati oggi in ambiente cattolico (un «progetto di
salvezza solamente storico e umano», un compromesso tra
la morale cattolica e «l'etica nella società
liberal-radicale»), non fanno che tradurre nella pratica
l'orientamento conciliare espresso da Gaudium et spes:
la «riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo
come era diventato dopo il 1789». Ecco dunque apparire
in piena luce la relazione di causa ed effetto tra
l'orientamento conciliare e i comportamenti presi in esame.
V
CONCLUSIONE
Sono più di quarant'anni che
il popolo cristiano è vittima di una mistificazione a
proposito del Concilio: quest'ultimo, totalmente ispirato
dallo Spirito Santo, avrebbe inaugurato un'era di
rinnovamento per la Chiesa pur mantenendosi in perfetta
continuità con i Concilî precedenti. Gli autori che
denunciavano questa visione erronea delle cose erano
ignorati dai media cattolici e sistematicamente
screditati ed emarginati. Salvo che in alcune cerchie
ristrette, ogni discussione ragionevole sull'argomento era
praticamente impossibile. Il Cardinale Ratzinger, prima
autorità della Chiesa dopo Giovanni Paolo II, è venuto a
portare il suo contributo alla necessaria demistificazione
del Concilio. Ecco un fatto nuovo di grande importanza. Due
verità fondamentali che fino ad oggi erano state occultate e
che erano state talvolta colte in maniera confusa solamente
da alcune persone di buonsenso, sono state messe alla
portata del grande pubblico da una voce che non si può
soffocare, da una personalità che non si può trattare con
disprezzo:
-
Gli avvenimenti del
periodo postconciliare costituiscono, nel loro insieme,
una catastrofe per la Chiesa;
-
il Concilio ha sostituito
il Sillabo, che condannava il liberalismo, con un
contro-Sillabo che «rappresenta un tentativo
di riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo
come era diventato dopo il 1789». Una terza verità
comincia ad essere meglio percepita; c'è relazione di
causa ed effetto tra il Concilio e la crisi detta
postconciliare. Gli avversari della Chiesa hanno ben
compreso l'importanza di questa presa di coscienza da
parte dei cattolici. Da qui le campagne onde evitare il
pericolo che si torni alle dottrine preconciliari.
Sarebbe veramente imperdonabile se anche noi non
traessimo partito da questa lezione;
-
La fase di
demistificazione del Concilio che sembra essere
iniziata, è un fase preliminare alla sua necessaria
rettifica. Nel suo discorso durante la riunione plenaria
del Sacro Collegio del 5 dicembre 1979, Giovanni Paolo
II ha parlato della «dottrina integrale del Concilio,
ossia compresa alla luce della santa Tradizione e
riferita al Magistero costante della Chiesa stessa».
Ciò evidentemente suppone che sia emendato tutto ciò che
non è conforme a detto Magistero.
Ecco il nocciolo del problema.
Purtroppo, dobbiamo constatare che, almeno fino ad oggi, a
tale dichiarazione non ha fatto seguito alcun atto concreto
di rettifica.
«Dai
frutti li riconoscerete» (Mt 7,
16)
Nel
1985, in Francia, i sacerdoti erano 28.629, mentre
nel 1904 erano 58.400. II calo si è manifestato
soprattutto a partire dal 1965, vale a dire dopo il
Concilio. Si può prevedere un aggravamento crescente
negli anni a venire, poichè le ordinazioni sono
calate da 285 nel 1970, a 161 nel 1975; dal 1977 al
1983, esse oscillano tra 95 e 125 per anno. Il
deficit riduce ogni anno gli effettivi. Siamo
ben lontani dai 2.000 preti ordinati nel 1830.
Questo calo non può essere spiegato con i soli
decessi, mal compensati da troppo rare ordinazioni.
Bisogna ammettere ciò che si chiama pudicamente le
«partenze»; le si stima circa 10.000 dal 1965 al
1985, e l'emorragia continua. Questo non incoraggia
l'entrata nei seminari: anche lì, il calo è stato
fulminante, poichè si è passati da 845 a 150, tra il
1965 e il 1975. All'inizio del XVIII sec., la
Francia cristiana contava 22 milioni di abitanti e
20.000 preti, cioè lo 0,1% della popolazione. La
Francia della fine del XX secolo non ne conta più
dello 0,02% con meno di sessantacinque anni, vale a
dire 10.000 al massimo. Queste cifre sono
fulminanti; lo stesso calo si constata globalmente
nel resto del mondo, poichè il numero dei preti è
passato da 413.000 nel 1969 a 343.000 nel 1976.
Diminuiscono anche gli effettivi dei religiosi in
Francia: stimati in 24.000 nel 1966, essi scendono a
14.294 nel 1985. Lo stesso vale per le religiose che
passano da 111.303 nel 1969 a 74.771 nel 1984. Un
ordine così potente come quello dei gesuiti ha
perduto, tra il 1964 e il 1977, 7.930 membri, cioè
il 22% del suo effettivo. Questa crisi religiosa
senza precedenti si traduce anche in un abbandono
della preghiera personale e collettiva.
Indirizzandosi, il 10 febbraio 1978, al clero
secolare e regolare di Roma, Paolo VI disse a
proposito delle defezioni sacerdotali: «Le
statistiche ci abbattono, ogni caso particolare ci
sconcerta, le motivazioni ci impongono, di certo,
rispetto e compassione, ma ci causano una pena
immensa. La sorte dei deboli che hanno trovato la
forza di disertare il loro dovere ci confonde»
(cfr. Osservatore Romano, del 12 febbraio
1978). «Il Vescovo di Coira dichiarò che nel
decennio 1954-1964 vi furono nella sua diocesi
(150.000 anime) 993 conversioni di protestanti al
cattolicesimo, e nel seguente decennio solo 318...
Negli Stati Uniti, prima del Concilio si contavano
annualmente circa 170.000 conversioni: adesso poche
centinaia» (cfr. D.
Le Roux,
Pietro mi ami tu?, Edizioni Gotica, Ferrara
1986, pagg. 55-58). |