di
Léon de Poncins
Sopra:
allegoria della Chiesa e della Sinagoga sulla cattedrale di
Strasburgo (XV secolo).
A sinistra, la
Chiesa trionfante con lo stendardo del Vangelo e il calice
dei Sacramenti
del Nuovo
Testamento. A destra, la Sinagoga con lo stendardo spezzato
dell'Antico Testamento
e una benda
sugli occhi, simbolo della cecità dovuta al rifiuto di Gesù
Cristo.
Il
visconte Lèon de Poncins (1897-1975) è ben
conosciuto dagli estimatori di quel genere di
scritti che trattano della cosiddetta «guerra
occulta», ovvero di quella lotta segreta che i
vertici della Rivoluzione conducono da almeno tre
secoli contro la Chiesa cattolica. Durante il
Concilio Vaticano II, de Poncins seguì, denunciò le
mosse e contrastò gli sforzi di oscure lobby
internazionali per influenzare la Santa Sede, trarre
in inganno l'opinione pubblica mondiale e snaturare
il dibattito conciliare sul problema ebraico. A tale
scopo, egli pubblicò, poco prima dell'approvazione
della Dichiarazione Nostra Ætate, il presente
studio incentrato sulle opere anticristiane del
Prof. Jules Marx Isaac. |
l
Presentazione
Uno dei cambiamenti più
dirompenti introdotti dal Vaticano II nella dottrina
cattolica è certamente quello relativo all'insegnamento
della Chiesa sul popolo ebraico. Fino a quarant'anni fa,
infatti, tutti i teologi, poggiando saldamente sui Vangeli,
sull'insegnamento dei Padri della Chiesa e sul Magistero
ecclesiastico di quasi duemila anni, ritenevano che con la
venuta di Gesù Cristo e con l'avvento della Nuova Alleanza
suggellata con il Suo Sangue, il nuovo Israele di Dio non
fosse più il popolo dell'Antica Alleanza, ma tutti gli
uomini chiamati a far parte della Chiesa cattolica mediante
il battesimo. Era inoltre opinione comune che gli ebrei
contemporanei del Salvatore e quelli vissuti in seguito
(nella misura in cui condividevano il «crocifiggilo» dei
loro padri) fossero deicidi, ossia che si fossero
macchiati del peggiore delitto: l'uccisione del
Figlio di Dio e il rifiuto della Sua messianicità e
divinità. Questo era ciò che credevano tutti i cattolici
almeno fino al 1965, quando con l'approvazione del documento
conciliare Nostra Ætate venne introdotta una nuova
dottrina secondo la quale gli ebrei non erano affatto
responsabili della morte di Gesù (addossata ingiustamente ai
romani, semplici esecutori materiali della crocifissione), e
che dunque non dovevano più essere ritenuti come maledetti
da Dio per il loro enorme peccato. Proseguendo su questa
linea di pensiero e di azione si andò ben oltre proclamando
ancora in vigore l'Antica Alleanza tra Dio e il suo popolo
1, e dunque sostenendo di fatto che
Dio non aveva rigettato Israele a causa del suo rifiuto di
Cristo e della salvezza offerta dalla Redenzione da Lui
operata sul Calvario 2; che
l'antisemitismo era un sentimento alimentato nella
popolazione dall'insegnamento cristiano preconciliare
3, e che tale sentimento sarebbe poi
sfociato nella feroce persecuzione degli ebrei messa in atto
dal nazismo e nell'Olocausto, di cui, dunque, la Chiesa
sarebbe responsabile. Ed ecco che i massimi rappresentati
della Sposa di Cristo, senza macchia e senza peccato, si
sono prostrati e hanno chiesto perdono ai successori di
Caifa per il delitto commesso da «popoli cristiani»
(!?), fomentati nel loro odio verso gli ebrei da una lettura
«distorta» dei Vangeli e dall'eccessiva foga di alcuni
oratori cristiani dei primi secoli. Sta di fatto che questo
documento conciliare - leggere per credere - non è corredato
da alcuna nota, e questo perché questa strampalata tesi
imposta ai fedeli di tutto l'orbe cattolico poggia sul
nulla! Non un solo passo della Sacra Scrittura, non un solo
Santo, non un solo Papa - almeno fino al 1962 - ha mai
sostenuto una simile teoria. Al contrario, come risulta
dalla lettura di questo agevole scritto, tutti i Santi,
tutti i Padri della Chiesa e tutti i Papi hanno ribadito con
fermezza la dottrina tradizionale. Ciononostante, tranne
qualche voce fuori dal coro «politicamente scorretta» e
quindi messa subito a tacere, il popolo cristiano,
lentamente avvelenato da altre nuove dottrine partorite dal
Concilio (ecumenismo, libertà religiosa, ecc...), ha
accettato passivamente questo diktat e si è allineato
con le novità. In realtà, dietro alla facciata
dell'ecumenismo, il vecchio Israele continua a coltivare
l'antico desiderio di assorbire il cristianesimo
(nell'impossibilità di annientarlo) dopo averlo «purgato»
dalla sua pretesa di religione divina. In fondo, non si
tratta di una novità: già nell'era apostolica, la Chiesa
dovette combattere la prima eresia, quella giudaizzante,
la quale pretendeva che fosse imposta ai pagani che
aderivano al cristianesimo la legge di Mosè. Tale eresia
venne solennemente condannata da San Pietro e da San Paolo
durante il primo Concilio della Chiesa tenutosi a
Gerusalemme (At 15, 1-21). Al di là di ogni calcolo
umano, di ogni volontà di compromesso e di qualsivoglia
disegno di pace terrena, noi crediamo che ogni tradimento
della verità evangelica sia un tradimento della fede che
abbiamo ricevuto nel battesimo e che vogliamo conservare
intatta fino alla nostra morte, anche se ciò comportasse
l'incomprensione dei nostri fratelli e persino la
persecuzione da parte di alcuni di essi, certi come siamo
che presto il Signore ristabilirà la verità nella sua
pienezza.
I
NOSTRA ÆTATE
Il 20 novembre 1964, l'assise
dei Vescovi, Arcivescovi e Cardinali di tutto il mondo,
riuniti in Concilio a Roma (3ª Sessione), presentò uno
Schema riguardante l'atteggiamento e la posizione della
Chiesa cattolica a riguardo degli ebrei e dell'ebraismo.
Dietro un'innocente apparenza
di unità ecumenica, di carità cristiana, di filiazione
spirituale comune e di riconciliazione delle chiese, questo
Schema sottintendeva un fatto di una portata gravissima,
poiché asseriva implicitamente che da duemila anni a
questa parte la Chiesa si era sbagliata, e che doveva
quindi riparare e rivedere completamente il suo contegno
verso gli ebrei. Questo obiettivo soddisfaceva la potente
propaganda condotta in quegli anni dai portavoce delle
grandi organizzazioni internazionali ebraiche (B'nai B'rith
4, Congresso Mondiale Ebraico,
ecc...), che miravano
ad ottenere una «revisione e una purificazione»
dell'insegnamento cristiano a riguardo dell'ebraismo,
propaganda che riassumeremo in seguito brevemente. Questo
Schema suscitò subito alcune violente reazioni nel mondo
musulmano e tra i cattolici di rito orientale.
Giovanni XXIII
(1881-1963) pensò che, essendo quest'argomento di una
portata politica e dottrinale molto grave, richiedesse una
matura riflessione; rifiutò quindi di ratificarlo e rimandò
la decisione alla successiva e ultima Sessione del Concilio,
la cui riapertura era stata fissata per il 14 settembre 1965
5. Riassumiamo ora brevemente i
fatti, poiché è necessario conoscerli per afferrare il
significato reale di questo problema, certamente uno dei più
gravi trattati dal Concilio. Novantanove Padri conciliari
votarono «no», 1.651 «sì», e 242 votarono «sì», ma «con
riserva». Lo Schema, d'altra parte, era provvisorio; nella
4ª Sessione del 1965 avrebbe avuto luogo lo scrutinio
definitivo. Nel corso delle Congregazioni generali, i
Vescovi orientali intervennero per dire che erano contrari
al fatto stesso di una Dichiarazione conciliare riguardante
gli ebrei. Ecco un estratto della Dichiarazione Nostra
Ætate inerente questo tema, votata dai Padri conciliari
il 20 novembre 1964 6:
A prima vista, questa mozione
sembrerebbe conforme
alla dottrina perenne della Chiesa,
la quale, pur cercando di tutelare la comunità
cristiana proteggendola dalle influenze
ebraiche, ha sempre condannato
tutte le persecuzioni. Anche uno scrittore
ebreo in buona fede come
Max Isaac
Dimont (1912-1992), affermava: «Se lo avessero desiderato,
i Papi e i sovrani del Medioevo avrebbero
potuto togliere gli ebrei dalla circolazione, ma non lo fecero. Quando, per ragioni
sociali, economiche e anche religiose, la
presenza degli ebrei diventava indesiderabile,
li cacciavano senza massacrarli. La Chiesa
insegna che ogni essere umano ha un'anima,
e che ad un uomo non basta quasi tutta
una vita per salvare la propria. Solamente
quando la religione perse tutta la sua influenza
sull'uomo avvenne che un popolo occidentale poté freddamente
concepire
lo sterminio di milioni di esseri umani con il semplice
pretesto che per essi
non vi era spazio sulla terra»
7. In realtà, la mozione
votata a Roma, dimostrò
da parte di molti Padri conciliari una profonda
misconoscenza
dell'ebraismo. Sembra che essi si siano attenuti solo
all'aspetto umanitario
del problema, presentato abilmente dai portavoce
dell'ebraismo mondiale
e da una stampa completamente animata da elementi israeliti.
II
ORIGINI DELLE RIFORME
PROPOSTE AL CONCILIO
Infatti, all'origine delle
riforme proposte al Concilio onde modificare la condotta e
la dottrina secolari della Chiesa verso l'ebraismo e verso
la Massoneria, vi furono diverse personalità e
organizzazioni ebraiche: Jules Marx Isaac
(1877-1963), Label Katz (1918-1975), Presidente del
B'nai B'rith, Nahum Goldmann (1895-1982), del
Congresso Mondiale Ebraico, ecc... Tra le personalità
ebraiche sopracitate, ve n'è una che ha svolto un compito
preminente: lo scrittore Jules Isaac, un ebreo d'Aix-En-Provence,
ex ispettore generale della Pubblica Istruzione Francese,
autore di testi classici e dell'Histoire de France
(Ed. Malet-Isaac), nonché membro del B'nai B'rith.
Durante il Concilio, dove aveva trovato appoggio tra i
Vescovi progressisti, Jules Isaac è stato il principale
teorico e promotore della campagna contro l'insegnamento
tradizionale della Chiesa in materia di ebraismo. Vediamo
ora la posizione che egli assunse per far prevalere la
propria tesi. Dopo la perdita della moglie e della figlia,
morte in un campo di concentramento nazista, egli dedicò i
suoi ultimi vent'anni di vita allo studio critico dei
rapporti tra l'ebraismo e il cristianesimo, e consacrò a
questo studio due libri importanti:
Jésus et Israël,
pubblicato nel 1946 e ristampato nel 1959;
Genèse de l'antisémitisme,
pubblicato nel 1948 e ristampato nel 1956.
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Jules Marx Isaac |
Label Katz |
Nahum Goldmann |
Ecco il nocciolo
della tesi sostenuta dall'Isaac: bisogna finalmente farla
finita con l'antisemitismo, il cui risultato è stato il
massacro degli israeliti europei ad Auschwitz e in altri
campi di sterminio durante la Seconda Guerra mondiale.
L'«antisemitismo cristiano», a base teologica, è
l'antisemitismo più temibile 8.
Infatti, l'atteggiamento dei cristiani verso gli ebrei e
verso l'ebraismo è stato sempre fondato sul racconto della
Passione tale quale è stato riportato dai quattro
Evangelisti, e sull'insegnamento che ne hanno fatti i Padri
della Chiesa: in particolare, San Giovanni Crisostomo,
Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gregorio Magno,
Sant'Agobardo, ecc...
Jules Isaac ha tentato di demolire
questa base teologica fondamentale, contestando il valore
storico dei racconti evangelici e screditando gli argomenti
avanzati dai Padri della Chiesa per preservarla
dall'influenza degli ebrei, accusati di nutrire intenzioni
sovversive contro l'ordine cristiano 9.
Subito dopo la guerra, egli cominciò ad organizzare riunioni
nazionali e internazionali con personalità cattoliche
filo-semite favorevoli alla sua tesi. Nel 1947
10, dopo incontri di questo genere
tra ebrei e cattolici, nei quali figuravano da parte ebraica
personaggi come Edmond Fleg (1874-1963) e Samy
Lattés (1902-1987), e dalla parte cattolica filo-semiti
come Henri Irénée Marrou (1904-1977), Padre Jean-Guénolé-Marie
Daniélou s.j. (1905-1974)
11, e Padre Vieillard, membro
della Segreteria dell'Episcopato francese. Isaac redasse una
relazione, stilata in diciotto punti, sulla «Revisione
dell'insegnamento cristiano nei confronti di Israele».
Nello stesso anno, egli fu invitato alla Conferenza
Internazionale di Seelisberg, in Svizzera, alla quale
parteciparono settanta persone provenienti da diciannove
Paesi diversi, tra cui
Padre Callixte Lopinot,
Padre Démann, il pastore Adolf Freudenberg
(1894-1977) e il Gran Rabbino Jacob Kaplan
(1895-1994). La Conferenza adottò in sessione plenaria i
«Dieci punti di Seelisberg», i quali proponevano alle chiese
cristiane le necessarie misure da prendere per emendare
l'insegnamento religioso nei riguardi degli ebrei. In
seguito, con il Gran Rabbino di Francia, con gli ebrei
Edmond Fleg e
Léon Algazi (1890-1971), e con alcuni
amici cattolici come Henri Marrou, Jacques Madaule
(1898-1993), Jacques Nantet, oltre ad altri amici
protestanti come il Prof. Lovsky e Jacques Martin,
egli fondò la prima Amitié Judéo-Chrétienne
(«Amicizia ebraico-cristiana»), seguita presto dalla
fondazione di altre Amitiés ad Aix, a Marsiglia, a
Nimes, a Montpellier, a Lione, e infine a Lille, dove egli
ottenne la protezione del Cardinale Achille Liénart
(1884-1973) 12.
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Edmond Fleg |
Henri Irénée Marrou |
Padre
Daniélou s.j. |
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Adolf Freudenberg |
Jacob Kaplan |
Cardinal Liénart |
Più tardi, egli
fondò anche altre associazioni similari nell'Africa del
Nord. Nel 1949, egli entrò in relazione con alcuni membri
del clero di Roma che fecero in modo che egli potesse essere
ricevuto in udienza privata da Pio XII (1875-1958),
presso il quale perorò la causa del giudaismo, chiedendogli
espressamente di prendere in esame i «Dieci punti di
Seelisberg». Nel 1959, Jules Isaac tenne una conferenza alla
Sorbona sulla necessaria revisione dell'insegnamento
cristiano nei confronti degli ebrei, che terminò con un
appello alla giustizia e all'amore per la verità a Giovanni
XXIII.
Poco dopo, egli si incontrò con molti prelati
appartenenti alla Curia romana, e in particolare con il
Cardinale Eugene-Gabriel-Gervais-Laurent
Tisserant (1884-1972), con il Cardinale André-Damien-Ferdinand
Jullien (1882-1965), con il Cardinale Alfredo
Ottaviani (1890-1979), con il Cardinale Augustin Bea
(1881-1968) 13, e il 13 giugno
1960, fu ricevuto da Giovanni XXIII, al quale chiese la
condanna «dell'insegnamento del disprezzo» e gli
consigliò la creazione di una sotto-commissione incaricata
di studiare tale problema. Più tardi, il Prof. Jules Marx
Isaac «ebbe la gioia di sapere che le sue proposte erano
state prese in considerazione dal Papa e trasmesse per lo
studio al Cardinale Bea», il quale creò allora,
all'interno del Segretariato per l'Unità dei Cristiani, un
gruppo di studiosi con l'incarico specifico di esaminare i
rapporti tra la Chiesa ed Israele.
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Cardinal
Tisserant |
Cardinal
Ottaviani |
Cardinale Bea |
Nel 1964, la questione fu
sottoposta al Concilio, per sfociare poi finalmente nella
votazione del 20 novembre 1964.
III
JULES ISAAC E L'INSEGNAMENTO CRISTIANO
Jules Isaac ha consacrato due
libri per criticare e abbattere i due pilastri
dell'insegnamento cristiano in tema di ebraismo. Nella prima
di queste due opere - Jésus et Israël - pubblicata
nel 1949 (di 596 pagine), e ristampata nel 1959
14, Jules Isaac critica gli
Evangelisti, e specialmente San Giovanni e San Matteo.
«Lo storico ha il diritto e il dovere - il dovere assoluto -
di considerare i racconti evangelici come testimonianze
faziose (contro gli ebrei), con questa aggravante
circostanza: che essi sono gli unici testimoni e tutti e
quattro vanno
nella stessa direzione; noi non abbiamo né
testimonianze ebraiche (di un certo valore), né
testimonianze pagane per confrontarle con le prime e
confutarle. Ora, in nessuna altro documento è più evidente e
più accentuato il partito preso dagli Evangelisti;
per contro, in nessun altro caso l'assenza di documenti
non-cristiani è più deplorevole come lo è per tutto
ciò che riguarda la storia della Passione [...].
Tuttavia, è chiaro che tutti e quattro gli Evangelisti hanno
avuto la stessa preoccupazione, ovvero quella di ridurre
al minimo le responsabilità romane, al fine di
aggravare quelle ebraiche [...]. D'altra parte,
il partito preso presenta sfumature diverse: Matteo
oltrepassa di molto non solo Marco e Luca, ma forse anche
Giovanni. Bisogna stupirsene? I fratelli nemici sono i
più accaniti; ora, Matteo è giudeo, fondamentalmente
giudeo, il più giudeo degli Evangelisti. Secondo una
tradizione che sembra fondata, egli scrisse "in Palestina e
per i palestinesi", per dimostrare, rifacendosi all'Antico
Testamento, che Gesù Cristo era veramente il Messia predetto
dalla Sacra Scrittura [...]. Ma tutto questo è stato
storicamente provato? È lecito dubitarne. Non è
affatto sorprendente constatare che dei tre sinottici, il
più parziale sia Matteo, e che il suo racconto della
Passione sia il più tendenzioso; per il momento, il
più imparziale - o il meno imparziale - è Luca, il solo
Evangelista non ebreo, il solo proveniente dai "gentili".
L'accusa cristiana contro Israele, l'accusa di deicidio,
accusa di crimine - essa stessa criminale - è la più
grave, la più nociva, e la più iniqua. Gesù Cristo è stato
condannato al supplizio della Croce, supplizio romano, da Ponzio Pilato, procuratore romano [...]. Ma i quattro
Evangelisti, unanimi su questo punto, affermano che Gesù
Cristo è stato consegnato nelle mani dei romani dai giudei;
solo sotto l'irresistibile pressione degli ebrei, Pilato,
desideroso di presentare Gesù innocente, lo condannò al
supplizio. Dunque, non sui romani, semplici esecutori, ma
sugli ebrei incombe la responsabilità del delitto; essa pesa
su di loro, di un peso soprannaturale che li schiaccia [...]. Solo Matteo (Mt 27, 24-25) sa e dice che il
procuratore Pilato si lavò le mani, secondo il costume
ebraico, per sgravarsi della responsabilità del sangue
innocente costretto a far versare. Solo Matteo nota anche
che "tutto il popolo" esclamò: "Il suo sangue ricada su
di noi e sui nostri figli". Marco, Luca e Giovanni non
sanno niente, e non dicono niente né dell'abluzione delle
mani, né della terribile esclamazione. Questo versetto,
che ha fatto tanto male, e che è stato sfruttato a
danno del popolo ebraico per tanti secoli e da tanti autori
cristiani, si trova solamente nel Vangelo di Matteo,
avvicinandosi così ai vangeli apocrifi, e non
corrispondendo per nulla alla verità storica»
15. In breve: dal racconto della
Passione rivisto e corretto da Jules Isaac, gli Evangelisti
appaiono come menzogneri matricolati, dei quali il
più velenoso è senza dubbio Matteo. «A lui la palma per
aver lanciato con mano sicura il dardo avvelenato che non si
può più estrarre» 16. Jules
Isaac conclude affermando perentoriamente: «Mai il
genere tendenzioso di un racconto, mai la preoccupazione
"a carattere dimostrativo" appare con maggior evidenza,
un'evidenza che prorompe e culmina in questi versetti
(24-25), generando convinzioni in ogni spirito libero. No,
Pilato non si è lavato le mani secondo il costume israelita.
No, Pilato non ha sfoggiato la sua innocenza. No, la folla
ebraica non ha esclamato "il suo sangue ricada su di noi e
sui nostri figli" [...]. Perché insistere oltre? La
ragione è chiara. Lo è per tutti gli uomini di buona fede.
Direi: lo è anche davanti a Dio stesso»
17.
IV
JULES ISAAC E I PADRI DELLA CHIESA
Nella seconda di queste opere
- Genèse de l'antisémitisme - pubblicato nel 1956,
Jules Isaac si sforzò di screditare i Padri della Chiesa. Ci
è impossibile riassumere in poche parole un volume di 350
pagine. Limitiamoci a citare alcuni passi tra i più
caratteristici: «È verissimo che nel mondo pagano c'è stata
una forte corrente d'antisemitismo, di molto anteriore
all'antisemitismo cristiano; è altrettanto vero che questo
antisemitismo ha talvolta scatenato sanguinosi conflitti o
dei "pogrom". Siccome c'è stato un antisemitismo pagano, la
cui sorgente risale al comandamento divino, in che cosa il
cristianesimo troverebbe la sua giustificazione per averlo
ereditato (dopo esserne stato esso stesso per lungo tempo la
vittima), e più ancora, dopo aver spinto fino al parossismo
la virulenza, la malvagità, le calunnie e gli odi mortali?
Contro il giudaismo e i suoi adepti, nessuna arma si è
rivelata più temibile dell'"insegnamento del disprezzo" inculcato soprattutto
dai Padri della Chiesa del IV secolo;
e in questo insegnamento nessuna tesi è stata
più nociva di quella del "popolo deicida". La
mentalità cristiana ne
è rimasta impregnata
fin nelle profondità del suo subcosciente [...].
Non riconoscerlo e non sottolinearlo, equivale ad ignorare o
a camuffare la più
grande sorgente dell'antisemitismo cristiano»
18. «Essa è la
grande sorgente
dove i sentimenti cristiani si sono alimentati senza
certamente originarla.
L'"insegnamento del disprezzo" è una creazione teologica»
19. «Ascoltiamo
dapprima emergere lungo i secoli, quale sordo rumore, il
coro delle accuse, delle
imprecazioni cristiane - lasciatemelo dire - pronunziate da
coloro che si dicono
cristiani, perché esse mal si accordano con le parole di
carità, di misericordia e di
amore fraterno, che sono gli insegnamenti fondamentali e la
gloria di Gesù Cristo. "Deicida": tale è l'accusa lanciata senza riserve e senza
distinzione alcuna contro tutto il popolo ebraico»
20. «La cieca violenza delle
masse ignoranti si ricollega intimamente alla fredda scienza
dei teologi. Accusa fondamentale alla quale è legato il tema
del castigo capitale, della terribile maledizione che grava
sulle spalle di Israele, spiegando (e giustificando in
anticipo) il suo deplorevole destino, le sue più crudeli
prove, le peggiori violenze commesse contro di lui, i
torrenti di sangue che scorrono continuamente dalle sue
piaghe aperte e vive [...]. Di modo che, per un abile
meccanismo alternativo di sentenze dottrinali e di furori
popolari, si fa ricadere su Dio ciò che, visto dalla sfera
terrestre, è senza dubbio il risultato della cattiveria
umana, di questa perversità, diversamente, ma abilmente
sfruttata di secolo in secolo, di generazione in generazione
e che culminò ad Auschwitz, nelle camere a gas e nei forni
crematori della Germania nazista» 21.
«Bisogna riconoscerlo con tristezza: quasi tutti i
Padri della Chiesa hanno partecipato, ognuno con la
propria pietra, a queste gesta di lapidazione morale (non senza
conseguenze materiali): Sant'Ilario di Poitiers (315-367)
come San Girolamo (347-420), Sant'Efrem (306-373) come San
Gregorio di Nissa e Sant'Ambrogio come Sant'Epifanio
(315-403), giudeo di nascita, e San Cirillo di Gerusalemme,
e taccio. Ma in questa illustre corte, venerabile sotto
altri punti di vista, due nomi, tra tutti, hanno diritto ad
una menzione speciale: l'allegoria scultorea medievale
raffigurante l'oratore greco San Giovanni Crisostomo
(dal greco «bocca d'oro»; N.d.R.) per l'abbondanza e la
ferocia delle invettive, e per lo straripamento degli
oltraggi; e il gran dottore della latinità, Sant'Agostino,
per la sua meravigliosa e (pericolosa) ingegnosità
nell'elaborazione di una dottrina coerente»
22. Dopo questa globale rassegna dei
Padri della Chiesa 23, passiamo
ora ai singoli casi, citando alcuni passi dello studio che
Jules Isaac ha consacrato ai grandi Dottori: San Giovanni
Crisostomo, Sant'Agostino, San Gregorio
Magno e Sant'Agobardo.
l
San Giovanni Crisostomo
Nel 386, San Giovanni
Crisostomo (345-407) cominciò a predicare ad Antiochia, dove
c'era un'importante comunità ebraica. Egli esordì con otto
omelie contro gli ebrei, il cui tono «è spesso di un'inaudita
violenza. Vi si trovano riuniti tutti i pregiudizi e
tutte le ingiurie 24.
In lui appare meglio che negli altri, con una veemenza e,
talvolta, con una rozzezza impareggiabili, questa
fusione di elementi attinti alla vena antisemita popolare e
ai pregiudizi di chiara provenienza teologica, mediante
l'utilizzo dei testi biblici, caratteristica quest'ultima
dell'antisemitismo cristiano» 25.
«Diciamo subito: qualunque sia stato lo scopo perseguito,
questa esagerazione nell'oltraggio e nella
calunnia è rivoltante in un oratore sacro. Tali germi di
disprezzo e di odio spuntano sempre. Bel lavoro, belle
mietiture; al di là dei santi retori del IV secolo,
santamente applicati a trascinare i loro nemici nel fango,
vedo profilarsi nei secoli futuri l'innumerevole legione di
teologi, di predicatori cristiani, di insegnanti e di
scrittori, intenti a ricamare sui temi impressionanti del
giudeo carnale, del giudeo lubrico, del giudeo cupido, del
giudeo demoniaco, del giudeo maledetto, del giudeo uccisore
di profeti, uccisore di Cristo, deicida e coscienziosamente
applicati essi stessi, in buona fede, a far penetrare negli
spiriti ricettivi queste nozioni pericolose,
mortali e false; pronti anche - conseguenza logica - ad
ammettere, con il Crisostomo, che se il giudeo odioso ha
avuto in eredità l'esilio, la disperazione, la schiavitù, la
miseria e la vergogna, ciò è giusto (giustizia di Dio); esso
è stato ripagato delle sue malefatte. Oggi, a distanza
di circa milleseicento anni, se volete una coscienza pulita,
dovete convincervi che si tratta di figure retoriche; e sia,
ma "bisogna capire" dove conducono le figure retoriche
presentate dalla "Bocca d'oro" e riprese coralmente
attraverso i secoli da miriadi di discepoli. Le figure
retoriche hanno preso una vitale e virulenta consistenza e
si sono incrostate in milioni di anime. Chi oserebbe credere
che l'anima cristiana ne sia oggi liberata? Chi può dire se
si arriverà mai a liberarla? E dopo i predicatori cristiani,
vedete venire i vergognosi libellisti, gli "Streicher
nazisti"» 26.
l
Sant'Agostino
Jules Isaac scrive che
Sant'Agostino (354-430) è meno violento dell'oratore greco.
«(Questo Padre della Chiesa) non è appassionatamente meno
ostile al giudaismo e ai giudei; egli non è meno preoccupato
di lottare contro la loro persistente influenza per
preservare i fedeli, e premunirli con un complesso di validi
argomenti in vista delle controversie con questi testardi,
questi riprovati. Il metodo è lo stesso; molto simili sono i
punti di vista e l'interpretazione della Sacra Scrittura
assai prima della venuta del Salvatore. Il giudaismo si è
progressivamente corrotto, disseccato, avvizzito; passata la
rivelazione di Cristo, esso non ha altro ispiratore che
Satana. Quelli che un tempo erano stati i figli privilegiati
di Dio, ora sono diventati i figli del demonio»
27. «In questo insegnamento
appassionato che ha sfidato i secoli e che ancora oggi osa
alzare la voce, non c'è più rispetto sia per la verità
biblica che per la verità storica. Non si teme di farsi
un'anima crudelmente acuminata per meglio colpire a morte il
vecchio Israele servendosi della deplorevole crocifissione e
della Diaspora» 28. «Non
ho ancora detto l'essenziale, l'apporto dottrinale proprio
di Sant'Agostino, caratteristico del suo spirito, ovvero
l'elaborazione di una tesi ingegnosa, opportuna, e perciò
destinata ad una più grande fortuna (teologica): la dottrina
del "popolo testimone" [...]. Se, nonostante tutto,
esistono ancora i giudei che hanno rifiutato di credere in
Cristo, è perché bisogna che sussistano; è perché Dio ha
voluto così nella sua Sapienza soprannaturale, per
testimoniare, e testimoniare la verità cristiana. Infatti,
essi, sia per mezzo dei loro libri sacri, che con la loro
dispersione, lo provano [...]. Fin da ora, vediamo la
differenza radicale che distingue il sistema cristiano
d'avvilimento dal suo moderno imitatore, il sistema nazista;
ciechi e ignoranti coloro che misconoscono i loro
profondi legami! Il nazismo è stato una tappa, una breve
tappa che ha preceduto lo sterminio di massa; quello, al
contrario, implicava la sopravvivenza, ma una sopravvivenza
vergognosa nel disprezzo e nella decadenza. Era fatto dunque
per durare, nuocere e torturare lentamente milioni di
vittime innocenti» 29.
l
San Gregorio Magno e Sant'Agobardo
«Consideriamo ora
l'insegnamento della Chiesa nell'alto Medioevo. Non se ne
può trovare una così perfetta espressione se non nel
capolavoro di San Gregorio Magno (540-604), il quale
s'interpone tra Sant'Agostino e Sant'Agobardo, alla fine del
IV secolo. Dopo i Padri della Chiesa, nessuna opera ha avuto
maggiore eco ed accoglienza, soprattutto nella cristianità e
nella cattolicità d'Occidente. Nessun esempio
può essere più
convincente, poiché noi sappiamo già per averlo visto agire
come capo della Chiesa e come capo di Stato che, lungi
dall'essere un fanatico, questo grande Papa si è immortalato
per le qualità insigni: generosità di cuore, elevazione
morale, equità e umanità. "Ebbri d'orgoglio, i giudei hanno
posto tutta la loro energia a chiudere la loro intelligenza
alla parola degli inviati di Dio. Perdendo l'umiltà, essi
hanno perduto l'intelligenza della verità". Ecco il tema del
popolo carnale, strettamente collegato con il tema
precedente (del giudaismo degenerato alla venuta di Cristo)»
30. «Imitando il quarto
Evangelista, San Gregorio fà un continuo abuso del termine
"giudei" per designare il partito degli avversari di Gesù
Cristo, e ciò significa votare tutto il popolo ebraico al
disprezzo e all'odio dei fedeli: "I giudei hanno consegnato
il Signore e l'hanno accusato [...]. Nemmeno i
migliori esempi sono stati sufficienti per condurre questa
rozza nazione a servire Dio per amore e non per timore
[...]. Essa è stata fedele solo alla lettera dei precetti
divini [...], e ha cercato nelle parole divine non un
mezzo di santificazione, ma un'occasione di superbia»
31. «Il tema del "popolo carnale"
è infinitamente pericoloso, poiché conduce con un crescendo
fatale a quello del popolo "della Bestia", dell'"Anticristo"
e del "demonio", animato da un odio perverso, diabolico,
contro Dio e i suoi difensori» 32.
«Tali sono gli insegnamenti del grande Papa, per lui di
carattere puramente dottrinale, e in pratica conciliabili
con i doveri umanitari di carità cristiana e di rispetto
alla legalità. Per lui, ma non necessariamente per gli altri
[...]. Gli spiriti e i cuori mediocri, sempre e
dovunque in maggioranza, traevano necessariamente da un tale
insegnamento l'orrore dell'ignominia scolpita sulla fronte
del popolo ebraico: i suoi delitti, la sua maledizione, e la
sua perversione satanica. Non occorre altro, in quest'epoca
ed in ogni epoca, per scatenare la barbarie della "Bestia"»
33. «Non tralascerò da parte mia
di dire e di ripetere dove conduca un tale insegnamento
lanciato a grande velocità tra la schiera
dei fedeli
ignoranti e crudeli; non si tratta unicamente di
"ingiuste violenze" che si condannavano, a fior di labbra,
ma delle più odiose conseguenze di delitti, di omicidio, di
genocidi, di massacri in massa, o dei mostruosi "pogrom"»
34. «È troppo semplice credere o
lasciar credere che le peggiori violenze verbali siano
inoffensive, come se esse non rischiassero di generare le
peggiori violenze di fatti. Tra la bocca che oltraggia e
il braccio che colpisce, chi è il più colpevole?
Lasciamo dunque a Sant'Agobardo, a dispetto degli
apologisti, la sua parte e il suo peso di responsabilità»
35. «E così, mediante
un'infiltrazione metodica, l'uomo cristiano, che non è un
angelo, si trova irresistibilmente condotto a sognare il
castigo, la vendetta e il sangue. Venga l'occasione, sia
essa la crociata, la peste, o la carestia, o le collere
trattenute, accumulate nel fondo dei cuori, rafforzate nella
facile credenza popolare in assurde calunnie ereditate dal
paganesimo (l'accusa dell'omicidio rituale); le ire
esplodono, e c'è sempre qualche miccia per accenderle, e
succedono i mille e un "pogrom" del Medioevo che, in
seguito, la pia eloquenza e la scienza teologica, sapranno
innalzare al piano di "castigo provvidenziale" e di
"vendetta divina"» 36.
«Per sostenere il contrario, si richiede un inveterato e
forsennato partito preso, o la sottomissione cieca ad una
tradizione che tuttavia, come si sa, non è "normativa", che
non dovrebbe dunque imporsi come regola di pensiero nemmeno
al figlio più docile della Chiesa. In realtà, si tratta di
una tradizione vivace, infinitamente nociva, di una
tradizione delittuosa di cui ho già parlato, e che
conduce - lo ripeto - ad Auschwitz e ad altri luoghi, dove
sei milioni d'israeliti sono stati assassinati solo perché
giudei! [...] E questo a disonore non solo del popolo
tedesco, ma dell'intera cristianità. Senza i secoli di
catechesi, di predicazione e di vituperio cristiani, la
catechesi, la propaganda e il vituperio hitleriani,
sarebbero stati impossibili» 37.
«Come dimenticare che la cristianità, soprattutto dall'XI
secolo in poi, ha praticato contro i giudei una politica di
avvilimento e di "pogrom" che si è protratta, presso alcuni
popoli cristiani, fino all'epoca contemporanea, di cui
ancora oggi constatiamo la sopravvivenza nella
cattolicissima Polonia, e di cui il sistema hitleriano non è
altro che una copia atrocemente perfezionata? Fino a quando
le Chiese e i popoli cristiani non avranno riconosciuto le
loro responsabilità iniziali, e fino a che non avranno il
vivo desiderio di ritrattarle, l'antisemitismo conserverà la
sua virulenza. Non molto tempo fa, l'Arcivescovo di York
osservava che esiste in Gran Bretagna un antisemitismo
latente, che serpeggia ovunque e il contrario sarebbe
veramente sorprendente, poiché la sorgente permanente di
questo antisemitismo latente è costituita dall'insegnamento
religioso cristiano in tutte le sue forme»
38.
V
QUELLO CHE JULES ISAAC
ESIGEVA DAL CONCILIO
Dopo aver letto i libri di
Jules Isaac, di Josué Jéhouda (1892-1966), di
Isidor Isaac Rabi (1898-1988), di Elia Benamozegh
(1822-1900), di Albert Memmi e di altri autori ebrei
contemporanei, si comprende benissimo la manovra e il
tranello tesi ai Padri Conciliari. «La Chiesa
- scrive Jules Isaac - è la sola colpevole; i
giudei sono completamente innocenti, scevri da ogni
responsabilità, che ricade quindi unicamente sulla Chiesa,
il cui ammaestramento è la sorgente inesauribile
dell'antisemitismo, quello stesso antisemitismo che ha
fermentato lungo i secoli per poi sfociare nel luogo
maledetto: Auschwitz. Solo la Chiesa, perciò, deve compiere
un atto di riparazione emendando e rettificando il suo
millenario insegnamento».
|
|
|
Isidor Isaac Rabi |
Albert Memmi |
Elia Benamozegh |
Dopo queste rimostranze, Jules
Isaac passò alle realizzazioni pratiche. Egli domandò, o
piuttosto, pretese dal Concilio le seguenti assicurazioni:
-
La condanna e la
soppressione di ogni discriminazione razziale, religiosa
o nazionale nei confronti degli ebrei;
-
La modifica o la
soppressione delle preghiere liturgiche riguardanti gli
ebrei, e in particolare quelle del Venerdì Santo;
-
L'affermazione che i
giudei non sono affatto responsabili della morte di
Cristo, la cui responsabilità cade sull'intera umanità;
-
La soppressione o
l'annullamento di quei passi evangelici che riportano il
cruciale episodio della Passione, e in particolare
quello di San Matteo che Jules Isaac tratta freddamente
da menzognero e da falsario;
-
Che la Chiesa confessi di
addossarsi tutti i torti che da duemila anni persistono
in uno stato di guerra latente tra ebrei e cristiani e
altri uomini;
-
La promessa che la Chiesa
avrebbe assunto in futuro, in modo definitivo, un
atteggiamento di umiltà, di contrizione, e di perdono
verso
gli israeliti, o, infine, che essa avrebbe fatto ogni
sforzo per riparare il torto causato, emendando e
rettificando il suo insegnamento tradizionale secondo le
sue direttive.
VI
L'AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
Malgrado l'insolenza del suo
ultimatum, e a dispetto della sua virulenta
requisitoria contro i Vangeli e contro l'insegnamento dei
Padri della Chiesa - il quale trova il suo fondamento nelle
parole stesse di Cristo - Jules Isaac incontrò proprio a
Roma, presso i Prelati moderni, potenti appoggi, a
cominciare dai numerosi adepti dell'Amicizia
ebraico-cristiana. Nel numero del 23 gennaio 1965, il
settimanale Terre de Provence, pubblicato ad Aix,
pubblicò il resoconto di una conferenza tenuta da Mons.
Robert Marie-Joseph François de Provenchères
(1907-1992), Arcivescovo di quella Diocesi, all'Amicizia
ebraico-cristiana in occasione dell'inaugurazione del
«Viale Jules Isaac», episodio che aveva avuto luogo la
mattina stessa. L'articolo in causa esordiva in questi
termini: «Una densa folla si è stipata nell'anfiteatro
Ziromski per ascoltare la conferenza che Mons. de
Provenchères doveva tenere, nel quadro dell'Amicizia
ebraico-cristiana sul seguente tema: "Il Decreto conciliare
sui rapporti tra i cattolici e i non-cattolici". Il Decano
Palanque ricordò dapprima la commovente cerimonia che aveva
avuto luogo in mattinata alla Montée Saint-Eutrope in
presenza del sindaco, il signor Mouret, del signor Schouraki
e del signor Armand Lunel, Presidente degli amici di Jules
Isaac. In questa riunione, che verteva sullo Schema
conciliare della 3ª Sessione del Concilio, venne ancora una
volta evocata la figura di Jules Isaac. Mons. de
Provenchéres ha presentato una documentazione di prima mano,
avendo egli stesso partecipato al Concilio. In seguito,
esprimendogli la nostra riconoscenza per il suo gesto, gli
si cedette la parola. Mons. de Provenchéres rivelò quanto la
sera di quella memorabile giornata di festa egli fosse
felice di rendere la sua testimonianza, giacché i lavori
conciliari gli avevano procurato una grande gioia. Parlando
di Jules Isaac, egli disse che fin dal primo incontro, nel
1945, provò un senso di stima profonda verso lui, stima
rispettosa che ben presto si colorò con una sfumatura
d'affetto. Lo Schema conciliare sembrò essere la ratifica
solenne di quella che fu la loro conversazione. L'origine di
tale Schema si doveva ad una richiesta di Jules Isaac al
Vaticano, esaminata da più di duemila Vescovi. Questa
iniziativa fu presa da un laico e da un laico ebreo. Mons.
de Provenchéres osservò allora che spesso i grandi atti
storici cominciano da dei fatti e vengono consacrati in
seguito; così [...] l'incontro di Jules Isaac con
Giovanni XXIII fu il segno della nascente amicizia
ebraico-cristiana [...]. Mons. de Provenchéres fece
in seguito una relazione particolareggiata del ruolo svolto
da Jules Isaac a Roma nella preparazione del Concilio. Poi,
il Decano Palanque, ringraziando
Mons. de Provenchéres,
rilevò il ruolo che il Vescovo di Aix aveva svolto per il
felice cammino di questo Schema» 39.
E poiché in questo capitolo trattiamo dell«Amicizia
ebraico-cristiana, è molto interessante vedere con quale
altezzosa e sprezzante ironia ne parli Josué Jéhouda, uno
dei capi spirituali dell'ebraismo contemporaneo
40: «L'espressione corrente
"giudeo-cristiana", che indica l'origine giudaica del
cristianesimo, ha falsato persino il corso della Storia
universale a causa della confusione che provoca negli
spiriti. Abolendo infatti le distinzioni fondamentali tra il
messianismo ebraico e quello cristiano, essa congiunge due
nozioni radicalmente contrastanti. Mettendo esclusivamente
l'accento su "cristiana" a discapito di "giudeo", essa fà
scomparire il messianismo monoteista, dottrina valevole
su tutti i piani del pensiero, e lo riduce ad un messianismo
prettamente confessionale, preoccupato come il messianismo
cristiano della salvezza individuale dell'anima.
L'espressione "giudeo-cristiana", qualora designi
provenienza comune, è senza dubbio la più letale nozione.
Si fonda infatti su una "contradictio in adjecto", e ha
inoltre falsato il corso della Storia. Essa unifica in una
sola espressione, due nozioni inconciliabili, e vuole
dimostrare che non c'è differenza tra giorno e notte, tra
caldo e freddo, o tra nero e bianco; essa porta dunque una
rovinosa confusione sulla quale tuttavia si tenta di
edificare una civiltà. Il cristianesimo offre al mondo un
messianismo limitato [...]; persino Spinoza, il
pensatore più lontano dal monoteismo storico d'Israele,
scrive: "A riguardo di quello che certe Chiese affermano
circa l'assunzione della natura umana da parte di Dio,
confesso che il loro sembra un linguaggio assurdo
come di chi affermasse che un cerchio si sia rivestito della
natura di un quadrato" 41.
L'esclusivismo dogmatico che la cristianità
professa deve infine cessare [...]. La
testardaggine cristiana pretende di essere la sola erede
d'Israele e propaga l'antisemitismo. Questo scandalo presto
o tardi deve terminare: prima finirà e prima scomparirà il
clima di menzogna nel quale si avvolge l'antisemitismo»
42. Questo si chiama parlar chiaro;
ma andiamo avanti: «Il cristianesimo si fonda su una
fede scaturita da un mito che si riallaccia alla storia
ebraica, e non ad una sua precisa tradizione trasmessa dalla
Legge scritta e orale, come lo è invece per Israele»
43. «La cristianità pretende
tuttavia di portare nel mondo il "vero" messianismo che
cerca di convertire tutti i pagani, ebrei compresi. Ma
finché persiste il messianismo monoteista d'Israele, anche
allo stato virtuale, il messianismo cristiano si presenta
tale qual'è in realtà, ovvero un'imitazione
che si dilegua alla luce del messianismo autentico»
44. Sembra che i cristiani abbiano
dato prova di una certa ingenuità precipitandosi con
entusiasmo nel tranello dell'Amicizia ebraico-cristiana,
ma bisogna temere che anche in questo caso, ancora una
volta, essi non siano state vittime del tutto innocenti
della doppiezza talmudica. Quando Jules Isaac e gli altri
capi dell'ebraismo vennero a Roma, furono sollecitati di non
ricordare questi passi presenti nei loro scritti; parlarono
di carità cristiana, di unità ecumenica, di filiazione
biblica comune, di Amicizia ebraico-cristiana, di
lotta comune contro il razzismo e di martirio del popolo
israelita. Hanno avuto partita vinta, poiché i 1.651
Vescovi, Cardinali, Arcivescovi e Padri Conciliari hanno
approvato la riforma dell'insegnamento cattolico
conformandolo alle direttive di Jules Isaac. I capi delle
organizzazioni ebraiche non hanno detto al Papa e ai
Vescovi: «I vostri Evangelisti sono bugiardi patentati. I
vostri Padri della Chiesa sono falsari ed ingiusti perché
hanno sparso nel mondo l'odio contro gli ebrei e hanno
scatenato la barbarie della "Bestia". Essi sono stati i
precursori di Hitler e di Streicher, e sono quindi i veri
responsabili di Auschwitz e dei sei milioni di ebrei vittime
del nazismo». Queste accuse si possono leggere
chiaramente nei libri di Jules
Isaac, libri che sono in
vendita in tutte le librerie, ma, come sembra, i Padri
conciliari non li hanno mai letti, come non hanno mai letto
i libri di Jéhouda, di Benamozegh, di Rabi, di Memmi e di
tanti altri. No, Isaac e i capi delle grandi organizzazioni
ebraiche non hanno detto con Josué Jéhouda, uno dei maestri
del pensiero ebraico contemporaneo: «Il vostro monoteismo
è un falso monoteismo, una bastarda e falsificata imitazione
del solo vero monoteismo, quello ebraico, e se il
cristianesimo non ritorna alle fonti ebraiche, esso è
condannato senza rimedio». Essi non hanno detto con
quella gloria del pensiero ebraico contemporaneo che è il
rabbino di Livorno Elia Benamozegh: «La religione
cristiana non è che una falsa religione sedicente divina.
Per lei e per il mondo non c'è altra via di salvezza che
ritornare ad Israele» 45.
Essi non hanno detto con Memmi: «Per gli ebrei,
la vostra religione è una bestemmia e una sovversione.
Per noi, il vostro Dio è il diavolo, ossia
il concentrato del male sulla terra»
46. Essi non hanno detto con Rabi:
«La conversione dell'ebreo al cristianesimo equivale al
tradimento e all'idolatria perché implica la
grande bestemmia, ovvero la credenza nella divinità
di un uomo» 47. Essi
sono stati molto abili nel non spaventare Roma manifestando
con chiarezza il loro pensiero, riuscendo così ad avere
dalla loro parte un certo numero di prelati. Tutto ciò
costituisce una storia piuttosto insolita. Com'è possibile
che diversi Vescovi progressisti che, nella loro opposizione
al cattolicesimo tradizionale (qualificato come
«integrismo»), siano arrivati a servirsi di tutte le armi,
comprese quelle avvelenate dall'odio ebraico contro i
cristiani? Ciononostante, si può giustamente supporre che
essi costituissero una minoranza. Ma allora, come spiegare
il successo degli ebrei in questo frangente? Esso deve la
sua fortuna alle due seguenti ragioni:
-
La maggioranza dei Padri
conciliari ignorava il ruolo svolto dalle organizzazioni
ebraiche e da Jules Isaac nella preparazione dello
Schema; essi, d'altronde, non avevano mai letto le opere
di quest'ultimo;
-
Presi nel loro insieme, i
Padri conciliari conoscevano male la questione ebraica,
e si lasciavano facilmente ingannare dalle disquisizioni
giudaiche, molto abilmente presentate con sottili e
temibili «argomentazioni» del genere di quelle di Jules
Isaac.
Comunque siano andate le cose,
la manovra fu condotta con grande abilità, e riuscì. La
votazione lo conferma: 1.651 Padri ritennero che il racconto
della Passione, secondo la versione di Jules Isaac, era da
preferirsi a quella di San Giovanni e di San Matteo. Questi
1.651 Vescovi, Arcivescovi e Cardinali ammisero che
l'insegnamento di San Giovanni Crisostomo, di Sant'Agostino,
di San Gregorio Magno, di Sant'Ambrogio e di Sant’Agobardo
doveva essere emendato e rettificato secondo le ingiunzioni
di Jules Isaac, di cui lo scrittore ebraico Rabi,
recentemente affermava che il suo libro Jésus et Israël
è stata «l'arma da guerra più indovinata contro
quell'insegnamento cristiano particolarmente nocivo»
48, ossia l'insegnamento codificato
dai summenzionati Padri della Chiesa. Modificando la
liturgia del Venerdì Santo e sopprimendo, fra l'altro, la
«preghiera degli improperi», questi 1.651 Vescovi
diedero ragione a Jules Isaac che, parlando di questa
preghiera, disse: «Non è facile dire ciò che in essa
maggiormente colpisca: se la sua bellezza o la sua
iniquità» 49.
Apparentemente, i Vescovi hanno creduto che l'iniquità di
questa preghiera superasse la sua bellezza
50. In poche parole, il voto del 20
novembre 1964, dietro le apparenze della carità cristiana,
della riconciliazione delle Chiese e dell'unità ecumenica, è
un'altra tappa nella via del cedimento, dell'abbandono del
cristianesimo tradizionale, e del ritorno all'ebraismo.
VII
LA LOTTA DELL'EBRAISMO CONTRO
LA TRADIZIONE CATTOLICA
In realtà, dietro le sembianze
della ricerca di un'unità ecumenica, di una riconciliazione
tra le religioni e di altri vocaboli altrettanto seducenti,
si trattava di demolire il baluardo della Tradizione
cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica
fortezza dell'oscurantismo cristiano».
Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di
«raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad
epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»;
tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana
divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte
nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In
realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione
del cristianesimo tradizionale:
-
Il Rinascimento;
-
La Riforma protestante;
-
La Rivoluzione Francese.
In questi tre grandi
movimenti, Jéhouda intravede l'opera meravigliosa di
scristianizzazione alla quale ognuno di essi, sotto diverse
forme, ha potentemente contribuito. Egli non ce lo dice così
brutalmente,
in quanto è molto abile nel maneggiare gli artifici del
linguaggio,
ma ciò erompe con evidenza dai suoi scritti, come ce lo
dimostrano
alcune citazioni estratte dalle sue opere: «Il Rinascimento,
la Riforma protestante
e la Rivoluzione Francese rappresentano i tre tentativi di
raddrizzamento
della mentalità cristiana per mettersi al diapason con lo
sviluppo progressivo
della ragione e della scienza, e mentre il cristianesimo
dogmatico andava oscurandosi,
gli ebrei si emancipavano gradualmente». Parlando del
Rinascimento,
egli sostiene: «Possiamo affermare che se il Rinascimento
non fosse stato
deviato dal suo corso iniziale a svantaggio del mondo greco
dualizzato, avremmo
avuto senza dubbio un mondo unificato dal pensiero e dalla
dottrina creatrice
della Kabbalah» 51. Passiamo ora alla Riforma:
«Con la
Riforma, che esplose in
Germania cinquant'anni dopo la fine del Rinascimento,
l'universalità della Chiesa venne distrutta. Prima di Lutero
e Calvino, Johannes Reuchlin
52, discepolo di Pico della
Mirandola, scosse la coscienza cristiana sostenendo fin dal
1494 che niente era superiore alla sapienza ebraica
[...]. Con il ritorno alle sorgenti antiche, Reuchlin
preconizzò anche il ritorno alle sorgenti ebraiche.
Finalmente, egli ebbe la rivincita sul convertito Joan Pfefferkorn, il quale chiedeva a gran voce la distruzione di
tutti i Talmud esistenti in circolazione. Lo spirito nuovo
che stava per rivoluzionare l'intera Europa [...] si
manifestò a proposito degli ebrei e del Talmud [...].
Tuttavia, non senza meraviglia, si trovarono tra i
protestanti tanti antisemiti quanti tra i cattolici». In
breve, conclude Jéhouda, «la Riforma fu la rivolta contro la
Chiesa cattolica, che a sua volta è già una rivolta contro
la religione d'Israele» 53.
|
|
|
Johannes Reuchlin |
Pico della
Mirandola |
J. Pfefferkorn |
Parlando poi della Rivoluzione Francese, Jéhouda affermava:
«Il terzo tentativo di raddrizzamento della posizione
cristiana, si compie dopo il fallimento di unificazione
della cristianità per mezzo della Riforma, sotto la spinta
della Rivoluzione Francese [...], la quale segnò
l'inizio dell'ateismo nella storia dei popoli cristiani.
Questa Rivoluzione, avendo assunto un atteggiamento
nettamente antireligioso, si prolungò nel comunismo russo, e
contribuì potentemente alla scristianizzazione dell'Europa»
54. E per coronare questo
raddrizzamento della mentalità cristiana, giunsero
Karl
Marx (1818-1883) e
Friedrich Nietzsche
(1844-1900). «Nel XIX secolo, vennero effettuati,
rispettivamente da Marx e da Nietzche, due nuovi tentativi
per risanare la mentalità del mondo cristiano»
55. In verità, «il senso profondo
della Storia è identico in tutte le epoche, ed è una lotta
sorda o aperta tra le forze che lavorano per il progresso
dell'umanità e le forze che si aggrappano a valori
cristallizzati, ostinandosi a mantenere ciò che sussiste a
detrimento di ciò che deve ancora venire»
56. Per i pensatori ebrei, la
riforma conciliare doveva costituire una nuova tappa nella
via dell'abbandono, del cedimento e della distruzione della
Tradizionale cattolica, svuotata a poco a poco della sua
sostanza.
VIII
SOLO IL MONOTEISMO D'ISRAELE
È DI ESSENZA DIVINA
In realtà, si trattava di un
nuovo episodio e di una nuova battaglia nel quadro del
millenario scontro ebraico-cristiano. Ecco come Jéhouda,
Rabi, Benamozegh e Memmi ci dipingono questo scontro: «Il
cristianesimo - ci dice Jéhouda - rifiuta
ostinatamente di considerare Israele come suo padre sul
piano spirituale [...]; credere che il cristianesimo
rappresenti la "pienezza" del giudaismo, che esso sia il suo
punto culminante, o che il giudaismo sia stato completato
dal cristianesimo, significa viziare in radice il
monoteismo universale [...]. È giunto il momento
in cui sarà necessario operare l'indispensabile
purificazione della coscienza cristiana mediante la
dottrina del monoteismo universale ebraico»
57. «L'antisemitismo cristiano,
pur dicendosi messianico, pretende di sostituire il
messianismo d'Israele con la fede in un Dio crocifisso che
assicurerebbe ad ogni fedele la salvezza personale.
Abbassando il messianismo ebraico mettendolo al livello del
paganesimo, il cristianesimo tende a convertire tutti i
giudei ad un messianismo ridotto [...]. Ma fino a
quando il messianismo monoteista di
Israele persisterà, anche solo in modo virtuale, quello
cristiano apparirà sempre per quello che è: un'imitazione
che crolla alla luce del messianismo autentico [...],
e l'antisemitismo persisterà fino a che la cristianità
rifiuterà di affrontare il suo vero problema, che è dovuto
al tradimento dei messianismo monoteista»
58. «La testardaggine
cristiana pretende di essere la sola erede d'Israele e
propugna l'antisemitismo. Presto o tardi questo scandalo
deve finire; prima finirà e prima scomparirà il clima di
menzogna nel quale si avvolge l'antisemitismo»
59. Ascoltiamo ora il rabbino Elia
Benamozegh, uno dei maestri del pensiero ebraico
contemporaneo: «Se il cristianesimo accetta di rivedere
il suo pensiero sull'ebraismo, esso sarà sempre la vera
religione dei gentili» 60.
«La religione dell'avvenire deve poggiare su qualche
religione positiva o tradizionale, avvolta dal misterioso
prestigio dell'antichità. Ora, tra tutte le religioni
antiche, l'ebraismo è la sola che afferma di possedere
l'ideale religioso per l'intera umanità, poiché l'opera del
cristianesimo non è che una copia che dev'essere posta
davanti all'originale [...]. Siccome è la Madre
incontrastata, essa è la religione più antica che diventerà
la più nuova [...] di fronte al cristianesimo
[...] con la sua pretesa origine divina e la sua
infallibilità [...]. Per sostituire un'autorità
che si dichiara infallibile e che nasce soltanto nell'anno
uno dell'era cristiana o dell'égira musulmana [...],
occorre trovare un'altra infallibilità molto più seria
che, iniziata con la storia dell'uomo sulla Terra, con lui
terminerà» 61. «La
riconciliazione sognata tra i primi cristiani, come
condizione della Parusìa, o avvento finale di Gesù Cristo,
il ritorno degli ebrei nella Chiesa, senza il quale - tutte
le diverse confessioni cristiane sono d'accordo su questo
fatto - l'opera della Redenzione rimane incompleta, questo
ritorno, diciamo, si effettuerà, com'è stato atteso, ma
nell'unico modo serio, logico e duraturo, e soprattutto
nell'unico modo proficuo per il genere umano. Si attuerà
l'unificazione dell'ebraismo e delle religioni che ne sono
scaturite, e, secondo la parola dell'ultimo dei Profeti,
sigillo dei Veggenti - come i dottori chiamano Malachia - si
avrà il ritorno cordiale dei figli al loro Padre»
62.
IX
SUPPOSTO CHE GESÙ CRISTO
SIA STORICAMENTE ESISTITO...
Passiamo ora a Rabi: «Tra
gli ebrei e i cristiani - dice Rabi - esiste una
divergenza insormontabile. Essa riguarda Gesù. Ammesso
che sia storicamente esistito, per l'ebreo
egli non è nè Dio, nè il figlio di Dio. Tuttalpiù,
si potrebbe ammettere, come ultima concessione, la tesi di
Giuseppe Klauzer: né Messia, né profeta, né legislatore, né
fondatore di una religione, né Tanna, né rabbi fariseo; per
la nazione ebraica, Gesù è un grande moralista e un artista
in parabole [...]. Il giorno in cui verrà liberato
dai racconti dei miracoli e dal misticismo, il
libro di
morale di Gesù Cristo (il Vangelo; N.d.R.) sarà uno
dei più preziosi gioielli della letteratura ebraica di tutti
i tempi» 63. «Talvolta,
mi capita di immaginare, nell'ultimo secolo, l'ultimo ebreo
vivente in piedi davanti al suo Creatore, com'è scritto nel
Talmud; il giudeo, legato
da giuramento, resta in piedi fin
dal Sinai. Immagino dunque quest'ultimo israelita che sarà
sopravvissuto agli oltraggi della Storia e ai richiami del
mondo. Che dirà dunque egli per giustificare la sua
resistenza all'usura del tempo e alla pressione degli
uomini? Lo sento; egli dice: "Non credo alla divinità di
Gesù Cristo". È logico che questa professione di fede
sia di scandalo per il cristiano. Ma la professione di fede
dei cristiani non è forse di scandalo per noi ebrei? Per noi
[...], la conversione al cristianesimo implica la
più grande bestemmia, ossia la credenza nella divinità
di un uomo» 64. Questi
scritti sono relativamente recenti. Ritorniamo ora a duemila
anni fa e rileggiamo il racconto della Passione: «Poi
quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo
sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli
scribi e gli anziani [...]. I sommi sacerdoti e tutto
il Sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro
Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne
alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.
Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui
ha dichiarato: 'Posso distruggere il tempio di Dio e
ricostruirlo in tre giorni'". Alzatosi il sommo sacerdote
gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano
costoro contro di te"? Ma Gesù taceva. Allora il sommo
sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente,
perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio". "Tu
l'hai detto", gli rispose Gesù, "anzi io vi dico: d'ora
innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di
Dio e venire sulle nubi del cielo". Allora il sommo
sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato!
Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete
udito la bestemmia; che ve ne pare"? "È reo di morte"»!
(Mt 26, 57-66) 65. A
distanza di duemila anni, le posizioni reciproche rimangono
immutate, e lo scontro ebraico-cristiano resta irriducibile.
X
ISRAELE E LE RIVOLTE DELLO SPIRITO
L'antagonismo ebraico si è
manifestato in modo continuo - anche se sotterraneo - nel
corso di duemila anni di scontro giudeo-cristiano.
«L'ebreo - ci dice James Darmesteter (1849-1894)
- è stato il campione della ragione contro lo spirito
mitico; nella notte intellettuale del Medioevo, solo in lui
il pensiero ha potuto trovare un asilo. Provocato dalla
Chiesa che vuole persuaderlo, dopo aver inutilmente cercato
di convertirlo con la forza, egli mina con l'ironia e con
l'avvedutezza delle sue controversie, e, come nessun altro,
sa trovare i punti vulnerabili della sua dottrina.
L'intelligenza dei Libri Sacri, e ancor più la terribile
sagacità di chi è oppresso, sono i suoi mezzi per scoprire
tali punti. Egli è il dottore dell'incredulo; tutte le
rivolte dello spirito gli si presentano all'ombra o a cielo
scoperto. Egli lavorò nell'immensa fucina di bestemmie del
grande Imperatore Federico e dei Prìncipi di Svevia o
d'Aragona; egli foggiò tutto questo micidiale arsenale di
ragionamento e d'ironia che offrì poi agli scettici del
Rinascimento e ai libertini del Seicento. E il sarcasmo di
Voltaire non è altro che la rumorosa eco d'una parola
mormorata sei secoli prima, nell'ombra del ghetto, e, prima
ancora, (nei contro-vangeli del I e II secolo) all'epoca di
Celso e di Origene, e alle origini stesse della religione di
Cristo» 66.
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James Darmesteter |
Elie Faure |
Dal canto suo,
Elie Faure (1873-1937), le cui opere sono state
recentemente ristampate e assai pubblicizzate, parla di
«questo sogghigno sarcastico (Heine, Offenbach) verso tutto
ciò che non è ebraico [...]. La sua spietata analisi
e il suo irresistibile sarcasmo hanno agito come il
vetriolo». Seguendo il corso della nostra Storia, «è
facile seguire la traccia, e benché non sia possibile
quantificare la diffusione del pensiero ebraico, solo dopo
il suo passaggio ci possiamo rendere conto della sua potenza
demolitrice. Sigmund Freud, Albert Einstein, Marcel Proust,
Charlie Chaplin ci aprirono, in tutti i sensi, prodigiose
vie che abbatterono le strettoie dell'edificio classico
greco-latino e cattolico in cui da cinque o sei secoli il
dubbio ardente dell'anima ebraica stava aspettando le
occasioni per demolirlo. Poiché occorre notare che proprio
il suo polo scettico sembra emergere per primo dal completo
silenzio che avvolge l'azione dello spirito ebraico nel
Medioevo, silenzio in mezzo al quale, dal Rinascimento in
avanti, prorompono alcune voci, e che oggi è annichilito da
un grandissimo fracasso». Sì, «si può forse
considerare diversamente l'ebreo che da un demolitore armato
dal dubbio corrosivo che fin dai tempi dei greci ha sempre
opposto Israele all'idealismo sentimentale dell'Europa?
[...] La sua missione storica è chiaramente definita, e
forse per sempre. Essa sarà il fattore principale di ogni
periodo apocalittico, come lo fu alla fine del mondo antico,
e come lo sarà alla fine del mondo cristiano in cui
viviamo» 67.
XI
L'IMPERIALISMO EBRAICO
I cittadini dell'orgoglioso
impero britannico, a quel tempo al culmine della sua
potenza, che la mattina del 9 febbraio 1923 lessero i
giornali, sicuramente non fecero alcuna attenzione alle
poche righe apparse sul settimanale ebraico Jewish World
(«Mondo ebraico»), righe temibili perché profetiche per
coloro che seppero coglierne il senso. Il Jewish World
diceva: «La dispersione degli ebrei ne ha fatto un popolo
cosmopolita. Infatti, esso è l'unico popolo veramente
cosmopolita, e, come tale, esso deve agire - e in realtà
agisce - come dissolvente di ogni distinzione di razza e di
nazionalità. Il grande ideale dell'ebraismo non consiste nel
fatto che un giorno gli ebrei si riuniranno in qualche
angolo della Terra per fini separatisti, ma che il mondo
intero sarà imbevuto dell'insegnamento ebraico, e
che quindi in una fraternità universale delle nazioni - in
realtà, un più vasto ebraismo - tutte e le razze e le
religioni separate scompariranno [...]. Essi andranno
ben oltre. Con la loro attività letteraria e scientifica,
con la loro supremazia in tutti i settori dell'attività
pubblica, essi si accingono a fondere gradualmente i
pensieri e i sistemi non-ebraici, o non rispondenti agli
stampi ebraici» 68. «Già
fiammeggia all'orizzonte l'aurora del "Nostro Giorno"»,
scrive un loro moderno profeta abbacinato dalla visione del
vicino trionfo 69. Il sogno
messianico può prendere le più svariate forme, ma lo scopo
finale resta immutabile: il trionfo dell’ebraismo, della
legge ebraica e del popolo ebraico. Sotto l'aspetto
universalistico, si tratta, in verità, di un imperialismo
ebraico che pretende di governare e asservire il mondo.
Scrive Elie Faure: «Il popolo ebraico, fin dai tempi di
Gesù Cristo - tuttora non accolto dal suo popolo - si
crede il popolo eletto in quanto strumento di una potenza
superiore. Rispetto agli altri popoli, esso si crede a
tutt'oggi il popolo eletto, perché rappresentante di una
forza soprannaturale [...]. Per lui l'al di là non
esiste. Per quanto se ne sia spesso parlato, Israele non vi
ha mai creduto. Il patto d'alleanza non è che un contratto
bilaterale nettamente preciso e positivo. Se l'ebreo
obbedisce, lo fà esclusivamente per avere il dominio del
mondo [...]. Israele è un terribile realista: vuole
la ricompensa quaggiù sulla terra per chi fà il bene e il
castigo per chi vive nel male [...]. Perfino nei
momenti più oscuri della loro storia - e della Storia
universale - questi eterni vinti conservano nel cuore fedele
la promessa di un'eterna vittoria» 70.
XII
LA DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO,
OSTACOLO PER IL MESSIANISMO EBRAICO
Ma per raggiungere tale scopo,
occorre abolire il cristianesimo, che rappresenta un
ostacolo insormontabile sul cammino dell'imperialismo
ebraico. Fino alla venuta di Gesù Cristo, la posizione
d'Israele era semplice e chiara: secondo i Profeti, per
grazia di Yahwéh, Israele era stato chiamato a reggere il
mondo; se il popolo dei servi d'Israele si fosse conformato
alle esigenze divine, sarebbe venuto il tempo in cui Israele
avrebbe regnato su tutta la Terra. Ma ecco che
all'improvviso in Galilea nacque un Profeta: un Profeta -
Uomo e Dio - anch'Egli della stirpe reale di Davide, e
quindi figlio dell'Alleanza. «Non pensate che io sia
venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per
abolire, ma per dare compimento» (Mt 5, 17). E
come prova della Sua missione, compie una serie di prodigi
inauditi; le folle affascinate lo seguono... Però - ecco
l'enorme gravità della Sua missione - egli interpreta la
promessa in un senso completamente nuovo e diverso così da
distruggere l'orgoglioso edificio ebraico spiritualizzandolo
e universalizzandolo. La realizzazione delle promesse veniva
trasferita dal piano materiale a quello spirituale;
oltrepassando il quadro nazionale, essa non era più
unicamente indirizzata agli ebrei, fino a quel momento i
soli beneficiari, ma veniva estesa al mondo intero... Non si
trattava più della supremazia di una razza o di un popolo,
né del trionfo di una nazione di privilegiati: il popolo
eletto veniva declassato al rango di un popolo qualsiasi in
mezzo ad altri popoli. L'orgoglio e il nazionalismo
religioso degli ebrei non ammisero questo livellamento; esso
era contrario alle promesse messianiche, e allontanava
irrimediabilmente il momento della sottomissione di tutti
regni della Terra ad Israele. I capi dei sacerdoti e dei
farisei non potevano tollerare una simile bestemmia e un
simile attentato ai loro privilegi, e, quindi, per liberarsi
di quel pericoloso agitatore, lo consegnarono ai romani e lo
fecero condannare a morte. Ma Gesù Cristo risuscitò e la Sua
predicazione si propagò nel mondo antico con la rapidità
della fiamma. Gli ebrei denunciarono i Suoi discepoli alle
autorità romane quali ribelli dell'impero; Roma li
perseguitò incessantemente, offrendoli in pasto alle belve,
bruciandoli, scuoiandoli o crocifiggendoli. Ciononostante,
l'ondata cristiana progredì senza tregua, conquistando le
alte sfere del potere imperiale; poi bruscamente il mondo
oscillò e si inclinò in favore della Chiesa di Cristo. Il 28
ottobre dell'anno 312, avvenne la battaglia di Ponte Milvio,
alle porte di Roma, che vide Costantino contro Massenzio; il
primo fu vincitore, mentre il secondo annegò nelle acque del
Tevere. «Una sola battaglia fu sufficiente per cambiare
l'assetto del mondo e l'aspetto religioso [...]. La
vittoria di Costantino è giustamente considerata il punto di
partenza di una nuova era, quella dell'Impero cristiano
[...]. A partire da quel momento, per ragioni che non
sono ancora state completamente chiarite, il vincitore -
Costantino - legò il proprio destino a quello della Chiesa
di Cristo. Grande e sorprendente rivoluzione, deplorata
dagli uni ed esaltata dagli altri, essa rimane una delle più
importanti della Storia umana; il regno di Costantino non è
che il preludio di un fenomeno che continua e si completa
durante quel periodo caotico e straordinario che fu il IV
secolo. Ma la fortuna inaudita della Chiesa doveva
comportare la rovina della Sinagoga. Per questo motivo, il
IV secolo fu un'epoca fatale che sfociò in un avvenire di
angoscia, di lutto e di catastrofe»
71. Gli israeliti non hanno mai accettato e mai
accetteranno questa sconfitta. La rottura fu totale e
definitiva; lo scontro divenne ormai irriducibile da
entrambe le parti. «Se l'ebreo ha ragione, la cristianità
non è che un'illusione. Se invece ha ragione il cristiano,
l'ebreo è, nella migliore delle ipotesi, un anacronismo o
tuttalpiù l'immagine di ciò che non ha più ragione di
esistere. Per l'ebreo, il cristianesimo rappresenta la
rinuncia di un monopolio, e la rinuncia ad una
"interpretazione nazionalista" - per non dire razzista -
dell'"elezione"; esso è l'apertura alla fratellanza umana,
e, nello stesso tempo, un grande "amen" detto a Dio, e a
tutto ciò che Dio decide: è l'accettazione della sofferenza
e della morte, la rinuncia all'orgoglioso io [ ...].
Che io sappia, il cristianesimo non ha mai sottoposto ad una
prova così difficile nessun altro popolo. Perché per nessun
altro popolo il passaggio al cristianesimo ha significato, a
più o meno lunga scadenza, la sua scomparsa come tale.
Presso nessun altro popolo, le tradizioni che bisognava
abbandonare per abbracciare la fede in Cristo, erano così
intimamente legate a tutte le manifestazioni di appartenenza
ad una nazionalità. E qui tocchiamo l'altra ragione (o
pretesto) che giustifica il "no" dell’ebreo a Cristo, il
quale non corrispondeva all'idea che l'ebreo si era fatto
del Messia e della salvezza» 72.
«Pretendendo di essere il vero "Israele" - Israele secondo
lo spirito e non
secondo la spregevole carne - la teologia cristiana vuole
sostituire definitivamente
Israele. Peccato però che Israele non sia scomparso e che
non voglia scomparire» 73.
«Il cristianesimo si preoccupa essenzialmente della salvezza
individuale di ogni
uomo. L'ebraismo mira invece alla salvezza
della casa d'Israele, la sola che può permettere
la salvezza di settanta nazioni dell'Universo»
74. «Israele si presenta
nella Storia
come un popolo particolare perché esso
è contemporaneamente religione e nazione,
senza nessuna possibilità di separare questi
due fattori, cosa possibile invece per tutti
gli altri popoli. Senza dubbio, Israele è proprio
una razza, non nel senso biologico,
come l'ha preteso il razzismo, ma nel senso
etico della Storia» 75. «Il cammino con cui
la fede cristiana ha conquistato la sua indipendenza,
doveva rapidamente e fatalmente
trascinarla in una guerra aperta contro
Israele "secondo la carne", poiché la Chiesa si proclama il
solo Israele di Dio
e il solo Israele secondo lo spirito. Ma si coglie bene
tutta la gravità di una
tale rivendicazione? Essa è peggiore della diffamazione del
popolo ebraico, e
significa tentare di carpirle perfino la scintilla della
vita e il fuoco sacro, e
persino la sua stessa anima. Di più: essa significa
sottrarre ad Israele il suo
posto al Sole e il suo statuto privilegiato nell'impero,
perché tali sono gli
stretti legami e l'intreccio dello spirituale e del
temporale» 76. Ritorniamo
dunque al medesimo punto: abbattere la religione cristiana,
nata dal suo seno, è una necessità vitale per Israele, il
quale la considera come il
suo più temibile avversario; Jules Isaac lo ripete
continuamente nei suoi
scritti. Il seguente passo, estratto da una sua opera
relativamente recente,
mostra con forza lo stato d'animo di gran parte della
gioventù ebraica
contemporanea: «Viviamo nell'entusiastica attesa di tempi
nuovi e inauditi,
e crediamo di scorgerne già i segni precursori: l'agonia
decisamente iniziata
delle religioni, delle famiglie e delle nazioni. Nutriamo
solo collera,
disprezzo e ironia per i ritardatari della Storia che si
abbarbicano a
questi residui [...]. Ahimè! Sia che ci sbagliamo
completamente o che siamo rientrati
dopo, in un periodo di riflusso, o che
io sia semplicemente invecchiato, mi vedo
costretto ad ammettere che questi residui
avevano la tenacia della gramigna e si
ostinavano a restare quali strutture profonde
della vita dei popoli e del loro essere
collettivo [...]. Apparentemente, eravamo
condannati, e, per lungo tempo, ad accettare
le religioni e le nazioni. Ancora una
volta, io non giudico, ma mi limito a constatare»
77. Nel suo libro Le malheur
d'Israël («La disgrazia di Israele»), lo scrittore ebreo
A.
Roudinesco fornisce una magnifica
risposta a tutti questi anatemi pieni
di collera: «La sopravvivenza fino a nostri
giorni di questa piccola comunità,
malgrado le persecuzioni e le sofferenze
inaudite, è stata definita il "miracolo
ebraico". Questa sopravvivenza non è un miracolo, ma tuttalpiù è una disgrazia.
Il vero miracolo ebraico è la conquista spirituale
dell'umanità attraverso
il cristianesimo. La missione del popolo eletto è terminata
da
molto tempo. Quelli che, tra gli ebrei, sperano di poter un
giorno completare il
cristianesimo con un messianismo rinnovato, ignorano le
leggi essenziali dell'evoluzione
dell'umanità» 78.
NOTE
1 Che il Nuovo Patto sostituisca l'Antico, ormai
privo di alcuna efficacia salvifica e reso inutile dal
sacrificio di Cristo, i cristiani lo hanno cantato per secoli
nel bellissimo inno eucaristico Tantum Ergo, in cui
appunto si dice che «le figure dell'Antico patto cedano alle
verità del nuovo rito» («Et antiquum documentum novo
cedat ritui»).
2 Eppure, a riguardo del rigetto di Israele da parte
di Dio, il Vangelo parla un linguaggio che non dà spazio ad
equivoci: «E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il
velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo» (Mt
27-50-51). Il Dio d'Israele ha abbandonato il Tempio di
Gerusalemme per abitare in ogni anima in grazia di Dio.
3 In realtà, l'antisemitismo era stato condannato ben
prima del Vaticano II. Il 21 marzo 1928, al termine di una
riunione plenaria, i Rev.mi Padri della Suprema Sacra
Congregazione del Sant'Ufficio approntarono un documento che
condannava «tutti gli odi e le animosità tra i popoli, e
massimamente l'odio contro il popolo un tempo eletto da Dio,
quell'odio che oggi volgarmente suole designarsi con il nome di
"antisemitismo"» (cfr. La Civiltà Cattolica, 1928,
vol. II, pagg. 171-172).
4 «Associazione fraterna ebraica fondata negli
Stati Uniti nel 1843. Nella lingua ebraica "B'nai B'rith"
significa "i figli dell'alleanza". Lo scopo di questa
associazione è di mantenere la tradizione e la cultura ebraiche
e di lottare contro l'antisemitismo [...]. I membri si
chiamano "Fratelli", ricevono un'iniziazione e si riuniscono in
Logge» (cfr. D. Ligou,
Dictionnaire Universel de la Maçonnerie, Ed. P.U.K, Evry
1987); «Si può supporre che i dodici fondatori del B'nai B'rith
fossero già massoni affiliati alle Logge americane, dal momento
che essi scelsero un rituale che è un misto del Rito di York e
del Rito americano degli Odd Fellows» (cfr. Tribune Juive,
n. 997/1986; cit. in
Epiphanius, Massoneria e sètte segrete: la faccia
occulta della Storia, Trento s. d., pag. 478).
5 «Io sono il capo - disse con il suo linguaggio
bonario e un po' dissacratore Giovanni XXIII al Prof. Jules
Isaac - ma devo consultare anche gli altri, far studiare dagli
uffici i problemi sollevati. Qui non siamo in una monarchia
assoluta» (cfr. P. S.
Schmidt s.j., Agostino Bea, il Cardinale dell'unità,
Ed. Città Nuova, 1987, pag. 354). Lo schema venne poi
definitivamente votato e ratificato il 28 ottobre 1965
nell'ambito della Dichiarazione Nostra Ætate, sulle relazioni
della Chiesa con le religioni non-cristiane (La religione
ebraica, § 4).
6 Cfr. I documenti del Concilio Vaticano II,
Ed. Paoline, Roma 1979, pagg. 577-578.
7 Cfr. M. I.
Dimont, Les juifs, Dieu et l'Histoire («Gli ebrei,
Dio e la Storia»), Ed. Robert Laffont, Parigi 1964.
8 Che ciò corrisponda al pensiero di molti ebrei, lo
ricaviamo da un aneddoto: nel 1938, l'Austria veniva annessa
alla Germania di Hitler. L'ebreo Sigmund Freud (1856-1939), che
in quei giorni si trovava a Vienna, venne sollecitato da un suo
stretto collaboratore a lasciare la città per non rischiare la
cattura da parte dei nazisti. Il padre della psicanalisi rispose
con queste parole «I nazisti non li temo. Il nemico è la
religione, la Chiesa cattolica» (cfr. D. E.
Innocenti,
Critica alla psicoanalisi, Sacra Fraternitas Aurigarum in
Urbe, Roma 1988, pag.115).
9 Ad ulteriore conferma, ecco un breve estratto di un
articolo apparso nel febbraio del 1936 sulla rivista Catholic
Gazete di Londra, contenente alcuni brani di conversazioni
di ebrei parigini tenute nel corso di riunioni segrete:
«Abbiamo già compiuto gran parte del nostro lavoro, però non
possiamo dire di aver realizzato lo scopo della nostra opera.
Abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere prima di poter
abbattere il nostro principale nemico: la Chiesa cattolica.
Dobbiamo metterci bene in mente che la Chiesa cattolica è
l'unica istituzione che si è posta e rimarrà ad intralciare il
nostro cammino per quanto durerà la sua esistenza. La Chiesa
cattolica, con il suo lavoro metodico e con i suoi insegnamenti
educativi e morali, forma nei propri figli una tale mentalità
che li manterrà troppo fieri di sé stessi per sottomettersi alla
nostra dominazione e per inginocchiarsi ai piedi del futuro Re
d'Israele». Poco tempo dopo, il settimanale parigino Le
réveil du peuple precisò che si trattava di dichiarazioni
fatte nel corso di una riunione dell'Ordine massonico B'nai
B'rith (cfr. Chiesa Viva, nº 178, ottobre 1987,
pag.16).
10 Tutte le notizie che seguono, sono
state estratte da dichiarazioni dello stesso Isaac.
11 Padre Daniélou venne poi creato
Cardinale da Paolo VI nel 1969 nonostante fosse un fautore della
nouvelle théologie condannata sotto Pio XII. La sua morte
improvvisa, a causa di un infarto, fece all'epoca molto
scalpore. Il gesuita morì, infatti, sulle scale della casa di
Mimi Santoni una spogliarellista di ventiquattro anni con
indosso una forte somma di denaro. Si affermò che il Cardinale
fosse stato lì per usufruire dei servizi carnali della ragazza,
e che potesse essere un suo cliente abituale; la versione
riferita da Santoni durante l'interrogatorio era che il prelato
si trovava lì per donare alla ragazza la somma di denaro con cui
essa avrebbe pagato la cauzione del suo amante. Si scoprì che il
Cardinale non era nuovo a perseguire la conversione e il
sostentamento economico di prostitute o spogliarelliste.
12 Secondo alcuni autori, il Cardinale
Liénart era affiliato alla Massoneria.
13 «Ma chi era il Cardinale Agostino
Bea? Molti l'hanno indicato di origini ebraiche [...].
Gesuita tedesco, già confessore di Pio XII e amico di Giovanni
XXIII, Bea era professore di Sacra Scrittura e rettore dal 1930
al 1940 del Pontificio Istituto Biblico. l suoi stretti legami
con l'alta Massoneria ebraica sono noti e documentati: come
l'incontro con il presidente del B'nai B'rith Label Katz
avvenuto il 16 febbraio 1963 a Roma [...]. Ma Bea era in
contatto anche col Gran Maestro delle Logge unite di Germania
Pinkerneil» (cfr.
Epiphanius, op. cit., pag.488). Circa le sue
origini ebraiche, notiamo che «negli ultimi secoli troviamo
in Germania e in Austria diverse personalità che portano il
cognome "Beha", equivalente fonetico del cognome sefardita "Beja",
che i loro antenati sefarditi portavano in Spagna dove vivevano.
Ma il Cardinale Bea non era l'unico cripto-ebreo in Vaticano;
oltre a lui agirono attivamente in tal senso altri ebrei
sedicenti convertiti come i Monsignori John Oesterreicher e
l'agostiniano Gregory Baum, ai quali si unirono i Vescovi Kempe,
ausiliario della Diocesi di Linburg (Germania) e Sergio Mendez
Arceo, Vescovo di Cuernavaca, nel Messico (Mendez è un tipico
cognome ispano-ebraico; egli era discendente di sefarditi che
tentarono di giudaizzare la popolazione messicana dei Cotija)»
(cfr. Chiesa Viva, nº 179, novembre 1987, pagg. 16-17).
14 Cfr. J. M.
Isaac, Jésus et
Israël, Nouvelle Edition Paris, Fasquelle 1959.
15 Cfr. J. M.
Isaac, L'einsegnement
du mépris («L'insegnamento del disprezzo»), pag. 141.
16 Cfr. J. M.
Isaac, Jésus et
Israël, pag. 483.
17 Ibid., pag. 493.
18 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, Ed. Calmann-Lévy, Parigi 1956, pag. 327.
19 Ibid.
20 Ecco alcuni estratti di scritti dai
Padri della Chiesa a proposito del deicidio e dell'odio ebraico
verso Cristo e i cristiani: San Giustino (100-165) scrive:
«Voi avete ucciso il Giusto e prima di lui i suoi profeti, e ora
respingete perfidamente coloro che sperano in lui e colui che
l'ha inviato, il Dio onnipotente e autore dell'Universo; voi li
disonorate per quanto è in voi, e nelle vostre sinagoghe elevate
imprecazioni contro coloro che credono in Cristo, perché non
avete il potere di portare le mani su di noi grazie a coloro che
ora ci governano, ma ogni volta che l'avete potuto, l'avete
fatto» (cfr. Dial. cum Tryphone, 16, 4; PG 6,
511); Origene (185-253) pensava che il popolo ebraico in quanto
tale avesse commesso «il più grande dei delitti» (cfr.
Contra Celsum, IV, 32; PG 11,1087), quello di
uccidere il Figlio di Dio. Sant'Ambrogio (339-397) parlava degli
ebrei come di un «popolo parricida» e addossava a tutti
loro la responsabilità della morte di Gesù: «Egli (Gesù)
è stato ucciso dal popolo degli ebrei tutto intero, ed essi lo
perseguitano ancora con il loro odio» (cfr. Psal. 39,
14; PL 14, 1062); San Cirillo d’Alessandria (370-444)
parla degli ebrei divenuti «dominicidi» (kyrioktoni),
e prima di lui da San Gregorio Nazianzeno (329-390), che accusa
gli ebrei di aver ucciso Cristo «con mani deicide»
(chersi taìs theoktonis) (cfr. PG 37,466). Secondo
San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il
Figlio del Padre (celeste) e l'ha rigettato fuori dalla
vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro:
«Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore»
(cfr. in Psal. 109, 28).
21 Cfr. J. M.
Isaac, Jésus et
Israël, pag. 351.
22 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l’Antisémitisme, pag. 161.
23 Così San Gregorio di Nissa apostrofa
gli ebrei: «Assassini del Signore, assassini dei profeti,
nemici di Dio, uomini che odiano Dio, avversari della Grazia,
avvocati del diavolo, razza di vipere, discendenti dei farisei,
sinagoga di Satana, peccatori, uomini perversi, lapidatori,
nemici di ogni probità» (cfr. Oratio in Christi
resurrectionem).
24 Secondo San Giovanni Crisostomo, gli
ebrei, dopo la morte di Gesù, si diedero a commettere i più
grandi mali e perciò «Dio li odia» (nel senso che odia il
male che commettono). Con lui, Sant'Atanasio (295-373), un altro
Padre della Chiesa, afferma che «gli ebrei non sono il popolo
del Signore, ma i capi di Sodoma e Gomorra» (cfr. De
Incarnatione, 40, 7).
25 Cfr. J. M.
Isaac, Jésus et
Israël, pag. 256.
26 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pagg. 162-164, 165-166. L'Isaac si
riferisce a Julius Streicher (1885-1946), un maestro di
Norimberga nominato dal Führer, nel 1925, Gauleiter
della Franconia, che condusse per vent'anni una ferocissima
campagna antisemita che si concluse con la sua impiccagione al
processo di Norimberga il 16 ottobre 1946.
27 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pag. 166.
28 Ibid., pagg.167.
29 Ibid., pagg. 168, 172, 267,
289.
30 Ibid.
31 Ibid., pag. 289.
32 Ibid., pag. 290.
33 Ibid.
34 Pogrom è un termine russo che
significa «distruzione». Si trattava di sommosse popolari con
massacri e saccheggi contro le minoranze ebraiche accusate di
usura, frode, omicidi rituali, frequenti soprattutto nell'Europa
centrorientale nell'Ottocento e agli inizi del Novecento.
35 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pag. 285.
36 Cfr. J. M.
Isaac, Jésus et
Israël, pag. 365-508.
37 Ibid.
38 Ibid., pag. 572.
39 Cfr. Terre de Provence, del 23
gennaio 1965.
40 Cfr. J.
Jèhouda, L'antisémitisme,
miroir du monde («L’antisemitismo, specchio del mondo»), Ed.
Synthésis, Ginevra 1958.
41 Non è un caso che Jèhouda citi in suo
favore il filosofo ebreo Baruch Spinoza (1632-1677), le cui
relazioni con la Kabbalah ebraica e il conseguente
ritorno continuo della dottrina cabalistica nelle sue tesi, sono
note a tutti gli studiosi di questo particolare settore (vedi,
ad esempio, J. Meinvielle,
Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano,
Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988, pagg. 184-189).
42 Cfr. J.
Jèhouda, op.
cit., pagg. 135-136.
43 Ibid., pag. 132.
44 Ibid., pag. 155.
45 Cfr. E.
Benamozegh,
Israël et l'Humanité, Ed. Albin Michel, Parigi 1961; la
prima edizione di quest'opera risale al 1914.
46 Cfr. A.
Memmi, Portrait
d'un juif («Ritratto di un ebreo»), Ed. Gallimard, Parigi
1962.
47 Cfr. I. I.
Rabi, Anatomie
du judaisme français («Anatomia dell'ebraismo francese»),
Les Editions de Minuit, Parigi 1962.
48 Ibid.
49 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pag. 309.
50 Ecco il testo della preghiera
incriminata del Venerdì Santo, eliminata dal Messale Romano da
Giovanni XXIII: «Preghiamo anche per i perfidi giudei,
affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in
modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo Nostro
Signore»; da notare che etimologicamente il termine
«perfidi» (dal latino pérfidis) significa «privi di
fede», e quindi, lungi dall'essere un vocabolo offensivo, esso
risponde benissimo alla dottrina cattolica espressa in questa
bellissima preghiera. La stessa sorte è toccata alla preghiera
presente nel Prefazio della Messa della III Domenica di
Quaresima secondo il rito ambrosiano: «Oh, quanto perfida e
testarda è la malvagia stirpe dei giudei, i quali si gloriano
della loro carnale discendenza, al tempo stesso che si rifiutano
di riconoscere il Padre che sta nei cieli. O gente ingrata, già
molte volte colpita da esemplari castighi, che disdegna il Padre
presente senza saper conservare l'assente. Ben è giusto invece
che noi a grandi voci esultiamo, per aver ottenuto il posto e il
regno dei giudei, in grazia di Cristo, Nostro Signore».
51 Cfr. J.
Jèhouda, op.
cit., pag. 168.
52 «Con Johannes Reuchlin, l'umanista
di Pforzheim (nipote di Melantone, socio di Lutero nella Riforma
Protestante), la lotta per l'introduzione della Kabbalah nella
cristianità prende vigore. (Egli) si servì della sua
conoscenza dell'ebraico, come di una chiave che lo aiutò a
penetrare nel meraviglioso mondo della scienza cabalistica
[...]. Reuchlin pubblicò due opere: "De verbo mirifico"
("La parola miracolosa") e "De arte cabalistica"
("Sull'arte della Kabbalah") [...]. Giustamente temendo un
nuovo prevalere dell'ebraismo, il domenicano Santiago
Hochstratten, professore di teologia e inquisitore di Colonia,
si assunse il compito di confutare Johannes Reuchlin nella sua
"Distruzione della Kabbalah". In essa, dimostrò che la dottrina
cabalistica non era affatto a sostegno dei dogmi cristiani, ma
anzi li negava, e che i libri di Reuchlin pullulavano di
proposizioni erronee» (cfr. J.
Meinvielle, op.
cit., pagg. 164-165).
53 Cfr. J.
Jèhouda, op.
cit., pagg. 169-172.
54 Ibid., pagg. 170-172.
55 Cfr. J.
Jèhouda, op.
cit., pag.187. Il vero nome dell'ebreo Marx era Mordekkai
Levi.
56 Ibid., pag. 186.
57 Ibid., pagg. 10-11.
58 Ibid., pagg. 154-160.
59 Ibid., pag. 136.
60 Cfr. E.
Benamozegh, op.
cit., pag. 18.
61 Ibid., pagg. 34-35.
62 Ibid., pag. 48.
63 Cfr. I. I.
Rabi, op. cit.,
pag. 204.
64 Ibid., pag. 188.
65 Ecco come San Luca descrive il
medesimo episodio: «Appena fu giorno, si riunì il consiglio
degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo
condussero davanti al sinedrio e gli dissero: "Sei tu il Cristo,
diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete;
se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo momento starà
il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio".
Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio". Ed
egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono". Risposero:
"Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito
noi stessi dalla sua bocca"» (Lc 22, 67-71). Il
racconto di San Marco è
molto più simile a quello di San Matteo.
66 Cfr. A.
Spire, Quelques
juifs («Alcuni ebrei»), Ed. B. Grasset, Parigi 1928.
67 Cfr. E.
Faure, L'ame
juive («L'anima ebraica»); cit. in La question juive vue
par vingt-six éminentes personnalités juives («La questione
ebraica vista da ventisei eminenti personalità ebraiche»), Ed.
EIF, Parigi 1934.
68 Cfr. Jewish World, del 9
febbraio 1923. Al British Museum, ho potuto verificare
personalmente l'esattezza di questa citazione (N.d.A.).
69 Cfr. A.
Nossig,
Integrales Judentum, Ed. Renaissance-Verlag, Berlino 1922.
70 Cfr. E.
Faure, art.
cit.
71 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pagg. 155-156.
72 Cfr. F.
Fejto, Dieu et
son juif («Dio e il suo ebreo»), pagg. 34-190-192.
73 Cfr. J.
Jèhouda, op.
cit.
74 Ibid.
75 Ibid.
76 Cfr. J. M.
Isaac, Genèse
de l'Antisémitisme, pag. 150.
77 Cfr. A.
Memmi, op. cit.,
pag. 186.
78 Cfr. A.
Roudinesco, Le
malheur d'Israël, Ed. de Cluny, Parigi 1956.
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