di
Hugh Ross
Williamson 1
Hugh Ross Williamson (1901-1978), autore di
questo opuscolo, si è interessato per cinquant'anni
al problema dell'unità cristiana, e nel 1955, da
anglicano si fece cattolico, nella convinzione ben
maturata che le duecentonovanta sètte protestanti
fossero eretiche. Egli vide nella chiesa anglicana
la distruzione del Canone della Messa che in
Inghilterra era stato recitato da tutti i sacerdoti
dal tempo di Sant'Agostino fino all'avvento
dell'eresia protestante. Autore di molte opere
importanti, Hugh Ross Williamson è un'autorità ben
conosciuta nel campo degli studi teologici e
teoretici. Il suo ultimo lavoro è uno studio sul
Cardinale Reginald Pole (di cui parla anche in
questo articolo), di importanza fondamentale per la
documentazione storica e religiosa del XVI secolo. |
Presentazione
Le acute e lucide osservazioni
dell'Autore a riguardo delle innegabili somiglianze tra le
variazioni introdotte in seno alla riforma liturgica
anglicana del XV secolo e quelle adottate per l'attuazione
in ambito cattolico dei dettami sanciti in materia liturgica
dal
Concilio Vaticano II(1962-1965), costituiscono un
ulteriore prezioso tassello che va ad arricchire
notevolmente le solide argomentazioni di chi da oltre
trent'anni
denuncia il tentativo in atto di «protestantizzazione»
voluta scientemente dalla Gerarchia cattolica. Al lettore
attento non sfuggirà, infatti, come tutte le riforme
introdotte nella liturgia cattolica (l'uso della lingua
volgare e la completa abrogazione del latino, la
sostituzione dell'altare con una semplice tavola, la
Comunione in piedi e nella mano, ecc...) a partire dalla
Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium (del 4
dicembre 1963) e soprattutto dalla successiva Istruzione
Eucharisticum Mysterium (del 25 maggio 1967), la cui
paternità sarebbe del Cardinale Giacomo Lercaro
(1891-1976), abbiano come obiettivo finale e come logica
conseguenza l'affievolimento e la morte della pietà e della
fede eucaristica nel popolo cristiano, clero compreso.
Non
per nulla, il pastore luterano statunitense Luther D.
Reed, professore di liturgia per trentacinque anni
presso il seminario teologico di Philadelphia, e autore di
molte opere su questo soggetto, ha potuto scrivere
quarant'anni fa queste brucianti parole che la dicono lunga
sulla vera natura del cosiddetto «rinnovamento liturgico»
imposto dal Vaticano II e che dovrebbero far meditare certi
difensori ad oltranza della Messa di
Paolo VI
(1897-1978): «L'attuale movimento liturgico mondiale
della Chiesa romana non è che uno sforzo tardivo
(ossia, lo stesso fatto da noi più di quattro secoli fa;
N.d.R.) compiuto per sviluppare una partecipazione
attiva e intelligente dei laici alla messa, in modo
che il popolo possa credersi concelebrante con il sacerdote»
2.
|
1966:
durante un incontro ecumenico nella Basilica romana
di San Paolo Fuori le Mura, Paolo VI dona il suo
anello papale al (massone) Dr. Michael Ramsay
(1904-1988), Arcivescovo di Canterbury, e lo invita
a «benedire» i Vescovi e i Cardinali presenti. E
pensare che nel 1896, con la Lettera Apostolica
Apostolicæ Curæ, Papa Leone XIII
(1810-1903) aveva decretato invalide le ordinazioni
anglicane... |
Prefazione del Traduttore
Spesso, gli autori cattolici
hanno trattato il tema dell'instaurazione del
protestantesimo in Inghilterra, ponendolo come paradigma
tipico di ogni rivolta eretica, anche se esso ripeté, nelle
strutture, i mezzi impiegati da sempre nello smantellamento
ricorrente della cattolicità. Nello studio che segue del
Williamson, si vedrà chiaramente come tali mezzi siano stati
sostanzialmente tre:
-
L'abolizione del
latino e l'introduzione della lingua volgare;
-
La sostituzione dell'altare
con una tavola;
-
I cambiamenti nel
Canone della Messa.
Da questi tre principali
sovvertimenti derivarono altre non meno gravi distruzioni e
scardinamenti, come la graduale scomparsa dei libri sacri,
ritirati a poco a poco dalle librerie e quindi mandati
silenziosamente al macero; la Comunione in piedi, primo
passo per poi riceverla da seduti e nella mano; la
trascuratezza per il culto mariano; il rapido declino
dell'autorità pontificia; l'aperta opposizione dei Vescovi e
il sorgere di nuove sètte sempre più numerose. Il lettore
troverà tutti questi fenomeni nelle pagine che seguono, e
che descrivono, appunto, come ad un certo momento della sua
storia, l'Inghilterra si trovò con una nuova religione al
posto di quella tradizionale; e si fà cenno del sangue, dei
patimenti e delle torture atroci che tale cambiamento costò
al Paese, attraverso la persecuzione crudele di quei martiri
inglesi che furono riconosciuti e solennizzati dal vertice
romano, in curiosa concomitanza con l'imposizione dei nuovi
Canoni della Messa, il cui testo attuale, secondo l'Autore
di questo studio, assomiglia moltissimo al Canone della
Messa riformato da Thomas Cranmer (1489-1556), crudele
persecutore dei cattolici, moltissimi dei quali subirono il
glorioso martirio per averlo respinto. Il dato
impressionante rimane la ripetizione esatta e puntuale nella
storia dei fenomeni che spingono avanti l'eresia. Sono
sempre identici. I lettori di questo studio potranno
facilmente constatare come le interpretazioni del Cranmer
siano state ormai in buona parte accettate e adottate dalla
Chiesa cattolica attraverso il Novus Ordo Missæ, e le
relative disposizioni, autorevolmente suggerite, più che
ufficialmente date, come l'abolizione del latino, la
Comunione in piedi e nella mano, la distruzione dei testi
sacri, ecc...; mentre la sostituzione dell'altare
(praticamente una tavola, anche quando la Messa viene
celebrata versus populum) e lo sconvolgimento del
Canone, tradotto e recitato ad alta voce, sono contemplati
nel corpo delle disposizioni chiaramente emanate dal
vertice, senza sussulto, con lentezza, seguendo la tecnica
della «sorpresa» e del «fatto compiuto», e con le periodiche
riaffermazioni di fede cattolica. Esattamente ciò che
avvenne in Inghilterra nel bel mezzo del XVI secolo.
I
CHI ERA THOMAS CRANMER?
Thomas Cranmer, il
protagonista di questo scritto, fu il Vescovo riformatore
anglicano, nato ad Aslacton (nella contea del
Flottinghamshire) il 2 luglio 1439, e morto sul rogo il 21
marzo 1556. Egli insegnò teologia a Cambridge partecipando
attivamente alla vita politica e religiosa del suo tempo, e
soprattutto alla formazione della confessione anglicana che
volle attuare con ogni mezzo, non esclusi i più efferati.
Nominato Arcivescovo di Canterbury da Papa Clemente VII
(1478-1534), dopo qualche tempo si ribellò all'autorità di
Roma, infrangendo il giuramento di fedeltà.
Morto
Enrico VIII (1491-1547), Cranmer fece parte del Consiglio di
Reggenza di Edoardo VI (1537-1553), ma quando partecipò al complotto per
far salire
al trono
Lady Jane Grey (1537-1553), al posto di Maria Tudor
(1516-1558), fu condannato al rogo come eretico. Le sue famose
opere, tra le
quali, il Book Of Common Prayer («II libro della preghiera
comune»),
scritto nel 1549, culminarono con la versione in volgare
della Bibbia,
operata con chiara intenzione antipapale. Egli combatté
soprattutto la
dottrina cattolica della Transustanziazione, della Presenza
Reale della
Carne e del Sangue di Cristo nell'Ostia e nel calice, e del
Sacrificio dell'altare,
riducendo la Messa, in armonia con
Martin Lutero (1483-1546)
e con gli altri riformatori, ad una semplice commemorazione
storica.
Per far ciò, distrusse le basi stesse della dottrina
cattolica, perseguitando
non solo le sue strutture, ma i suoi testimoni viventi.
|
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Clemente VII |
Edoardo VI |
Maria Tudor |
II
OBIETTIVI DI CRANMER
Lo storico inglese diffida
istintivamente dei cambiamenti liturgici. Sa che questi sono
già avvenuti nel suo Paese e che hanno avuto per conseguenza
lo scardinamento del precedente sistema religioso. Non
sempre ci si rende conto, però, che, se si escludono gli
specialisti, solo pochi si interessano di un argomento così
particolare, e che la generale indulgenza verso certi atti è
originata dall'ignoranza più che dalla malafede. La riforma
liturgica compiuta in Inghilterra nel XVI secolo fu opera,
in gran parte, di Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury,
che dal 1547 al 1553 fece il bello e il cattivo tempo in
campo religioso. Egli non faceva mistero delle sue
intenzioni e non cercava affatto di celare il suo pensiero,
e cioè, che la potenza della «grande prostituta, vale a
dire della pestifera sede di Roma», risiedeva
nella «dottrina papista della Transustanziazione, della
Presenza Reale del Corpo e del Sangue di Cristo nel SS.mo
Sacramento dell'altare (come essi dicono), e del Sacrificio
e dell'oblazione di Cristo offerti, mediante il ministero
sacerdotale, per la redenzione dei vivi e dei morti»
3.
Ecco quello che occorreva
distruggere. Era necessario che il popolo apprendesse che
Cristo non era presente nel SS.mo Sacramento, ma soltanto in
coloro che lo ricevono degnamente. «Mangiare e bere la
Carne e il Sangue di Cristo non deve essere preso nel
significato letterale di mangiare con la bocca e con i denti
una cosa reale, ma in quello di assimilare, mediante una
fede viva, con il cuore e con lo spirito una cosa in
realtà assente» 4. Il
nuovo rito escogitato da Cranmer per giustificare il suo
atteggiamento, «la celebrazione della Santa Cena»,
non doveva contenere nulla che si prestasse a qualche
somiglianza con la Messa, «mai abbastanza odiata».
La Messa nella quale «è offerto a Dio Padre un
sacrificio, cioè il Corpo e il Sangue di Nostro Signore,
vero e reale, per ottenere il perdono dei peccati e la
salvezza dei morti e dei vivi» 5
venne definita un'eresia meritevole della pena di morte.
Tale era l'obiettivo di Cranmer. I tre principali mezzi per
raggiungerlo dovevano essere l'uso della lingua volgare, la
sostituzione dell'altare con una santa tavola e i
cambiamenti operati nel Canone della Messa.
|
Condannato per eresia sotto il regno di Maria la
Cattolica, Cranmer venne deposto nel 1555 e arso
vivo ad Oxford nel 1556. |
III
LA LINGUA VOLGARE
La traduzione della Bibbia in
lingua volgare esisteva in Inghilterra fin dall'epoca
sassone. Molto prima che John Wycliff
6, nel 1380, proponesse la sua nuova
traduzione «con intenti perfidi», vi erano state,
come aveva fatto osservare San Tommaso Moro
(1478-1535), altre traduzioni in inglese ad opera di
«uomini virtuosi ed eruditi, buoni ed onesti». E il
Santo insisteva sul fatto che non vedeva la ragione per cui
la Bibbia non dovesse essere tradotta in inglese, dal
momento che «non c'è alcun passo della Scrittura tanto
ostico da non offrire spunti per gioire e per accrescere la
propria devozione sia ad un uomo virtuoso e onesto che ad
una donna». Ciò a cui si doveva resistere era la
traduzione della Bibbia deliberatamente orientata
«secondo un perfido intento». Ecco la principale ragione
dell'insistenza dei riformatori del secolo XVI nel chiedere
la lingua del popolo 7.
La
traduzione di William Tyndale 8,
uno dei seguaci di Cranmer, fu fatta bruciare dalle autorità
religiose. Interrogato in proposito, San Tommaso Moro
rispose: «Mi meraviglio assai che qualche buon cristiano,
con appena un briciolo di cervello, si stupisca o si lamenti
che questo libro sia stato bruciato, sapendo di che si
tratta. Se qualcuno lo chiama il "Nuovo Testamento", lo
chiama con un falso nome, a meno che non lo chiami il
Testamento di Tyndale o il Testamento di Lutero. Perché
Tyndale, dietro consiglio di Lutero, ha corrotto e cambiato
la buona e salvifica dottrina di Cristo nelle loro
diaboliche eresie al punto tale da renderla cosa nettamente
contraria». Pregato di dare alcuni esempi, scelse tre
parole: «Una è la parola "sacerdote". La seconda è
"Chiesa". La terza è "carità". Al posto di "sacerdoti",
Tyndale usa sempre la parola "anziani". Chiama la Chiesa
"Assemblea", e invece di "carità" dice "amore". Poiché tali
termini non sono affatto sinonimi nella lingua inglese, a
ben considerare le cose è chiaro che un'intenzione malvagia
ha ispirato questi cambiamenti» 9.
D'altra parte, Tyndale corredava la sua traduzione di note;
come quella, ad esempio, che diceva essere la Messa una
questione di «scuotimenti, dondolamenti e
miagolii come un gioco di scimmie». Coloro che
ancora credevano alla fede tradizionale e la praticavano,
erano considerati «bestie senza il suggello dello
Spirito di Dio, bollati dal Segno della Bestia,
coscienze cancerose». Ma molto più dannose delle
note - come San Tommaso Moro aveva sottolineato - erano le
traduzioni deliberatamente falsate che Tyndale (seguito da
Cranmer in una versione pubblicata sei anni dopo) aveva
fatte allo scopo di estirpare la dottrina cattolica
tradizionale. Tradusse la parola «immagini» con «idoli»,
creando così un mezzo efficace contro il culto dei Santi e
della Santa Umanità di Gesù Cristo. La parola «confessare»,
che potrebbe ricordare il Sacramento della Penitenza,
divenne «riconoscere». Le grandi parole chiave del Vangelo
«grazia» e «salvezza» divennero «favore» e «salute». La
parola «sacerdote», come si è detto, divenne «anziano», e
«Chiesa» divenne «Assemblea». Tyndale spiegava in una nota
che «con la parola "sacerdote", il Nuovo Testamento
intende parlare di un "anziano" che deve insegnare ai
giovani».
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John Wycliff |
San Tommaso Moro |
William Tyndale |
Spiegava ancora che i due Sacramenti istituiti
da Gesù Cristo, il Battesimo e la Santa Comunione, erano
«nient'altro che la predicazione delle promesse di Cristo».
Così, per non citare che un esempio, il consiglio apostolico
contenuto nella lettera di San Giacomo, «qualcuno fra voi
è malato? Chiami i sacerdoti della Chiesa ed essi preghino
su di lui dopo averlo unto con olio nel nome del Signore»
(Gc 5, 14), fu epurata per il suo evidente
riferimento al Sacramento dell'Estrema Unzione. Lo stesso Wycliff, nella versione precedente, traducendo correttamente
«i sacerdoti della Chiesa», non aveva operato nessun
cambiamento. Ma nella versione di Tyndale e in quella di
Cranmer, essi divennero «gli anziani dell'Assemblea».
Così, i protestanti potevano esibire la Bibbia in lingua
volgare per provare che il Nuovo Testamento non conteneva
alcun riferimento che giustificasse l'insegnamento e la
pratica cattolica contemporanea delle dottrine discusse; per
di più, quando simili traduzioni tendenziose della Bibbia
furono giustamente sequestrate dalle autorità cattoliche,
queste poterono essere accusate «di impedire al popolo di
leggere la Bibbia». Era così semplice... E l'efficacia
di questa doppia menzogna era tale che ancora oggi se ne
conserva l'eco. La parte centrale della Messa in lingua
volgare conteneva la narrazione dell'istituzione
dell'Eucarestia, ugualmente in volgare. Non solo si doveva
rinunciare al Canone recitato a bassa voce
10, come era stata la regola dall'VIII
secolo; anche le parole in inglese «fate questo in
memoria di me» dovevano essere distintamente intese. La
parola greca anamnesis, che viene tradotta «in
memoria di», è difficile da tradurre correttamente in
inglese. Espressioni come «ricordo», «memoria» e «memoriale»
implicano l'esistenza di una cosa in sé stessa assente,
mentre anamnesis ha il significato di ri-chiamare e
ri-presentare un avvenimento passato in modo che questo
divenga attivamente presente. Anche la parola latina
memoria non rende adeguatamente questo significato. Le
parole inglesi «ricordare» (recall) e «ripresentare»
(represent), anche se scritte re-call e
represent, sono insufficienti senza spiegazioni
supplementari, e remembrance («memoria»), memory
(«ricordo») e memorial («memoriale»), per il loro uso
e significato convenzionale, sono effettivamente equivoche
11.
«In tutta la tradizione della
Chiesa primitiva, appare chiaramente - come ha rilevato un
teologo - che l'Eucarestia è considerata, per il significato
del termine "anamnesis di me", come
la ri-presentazione
davanti a Dio dell'unico Sacrificio di Gesù Cristo in tutta
la sua efficace e completa pienezza, che dà i suoi frutti
nel momento attuale. Così San Giovanni Crisostomo: "Noi
offriamo ancora oggi ciò che fu offerto allora ed è
inesauribile. Questo viene fatto per un'anamnesis di ciò che
fu fatto allora, poiché Egli disse: "Fate questo per l'anamnesis
di me".
Non offriamo un altro sacrificio, come un tempo il gran
sacerdote, ma offriamo il medesimo sacrificio. O meglio,
offriamo l'anamnesis del
sacrificio"» 12.
Cranmer, volendo distruggere ogni idea di Messa-sacrificio,
e sostituirle
la teoria di una semplice cena commemorativa in cui Cristo è
presente
solo nel cuore dei fedeli, non avrebbe potuto trovare arma
più efficace
della sostituzione del Canone recitato a bassa voce con il
racconto dell'istituzione,
in inglese. Racconto che si faceva ripetendo: «Fate questo
in
memoria di me». Nel silenzio assoluto, il fedele, istruito
sul significato di
quel momento, sapeva ciò che accadeva, anche se non era in
grado di
formularlo. Ora, invece, poteva ascoltare con le proprie
orecchie, per
quel che ne poteva capire, che quella
era una cena commemorativa. La
Bibbia lo diceva. Era invitato al ricordo
di qualcosa accaduto in un remoto
passato. E questa interpretazione
veniva sottolineata dalle parole
del pastore che, dandogli la comunione,
diceva: «Prendi e mangia questo
per ricordare che Cristo è morto per
te, e nutriti di Lui nel cuore per mezzo
della fede, con azione di grazie». Il nuovo Prayer
Book in volgare fu imposto al Paese la domenica
di Pentecoste, ossia il 9 giugno
1549. Il 10 giugno, una folla di paesani del Devonshire,
dopo aver
assistito al nuovo rito, obbligò il curato a ridire la
Messa. In meno di
dieci giorni, un'armata popolare di circa seimila persone -
è difficile avere
le cifre esatte - aveva occupato Crediton e minacciava
Exeter. Le loro
rivendicazioni erano semplici e precise e non riguardavano
che la fede.
Chiedevano che fosse loro restituita la Messa «come prima» e
che il SS.mo
Sacramento fosse di nuovo conservato in un posto preminente.
«Non
accetteremo - dicevano - il nuovo servizio, perché non è che
un gioco. Vogliamo
le nostre antiche funzioni del Mattutino, della Messa, di
Compieta, della Processione e delle Litanie della Madonna,
il tutto in latino, e che ogni predicatore nell'omelia e
ogni sacerdote nella Messa preghi specialmente per le anime
del Purgatorio come facevano i nostri avi». Il battesimo
doveva essere amministrato «durante la settimana come nei
giorni festivi». Chiedevano inoltre che fosse
ristabilita la benedizione dei semplici oggetti, che l'olivo
e le ceneri fossero distribuite nel tempo dovuto e con
«tutte le antiche cerimonie in uso fino ad ora nella Santa
Madre Chiesa», cose che Cranmer aveva abolito come «superstizioni»
13.
Cranmer fu irritato non solo da
queste rivendicazioni in sé stesse, ma, ancor più, dal fatto
che contadini ignoranti, «Hob, Will e Dick», avessero
avuto l'audacia di giudicare la sua teologia. Scrisse loro:
«Oh, ignoranti del Devonshire e Cornwall, non appena ho
letto i vostri articoli ho pensato che eravate stati spinti
dai papisti, esperti nel chiedervi quel che voi non capite.
Voi mostrate quale spirito guidi coloro che vi hanno
convinti che la Parola di Dio non è che un gioco. Non è
forse ancor più un gioco e uno scherzo ascoltare il
sacerdote che parla al popolo ad alta voce in latino? Nel
servizio inglese c'è solo la Parola eterna di Dio. Se ai
vostri occhi questo è solo un gioco, penso che non si debba
biasimare tanto voi, quanto invece i preti papisti che hanno
abusato della vostra sincerità. Preferite essere come le
gazze o i pappagalli che vengono addestrati a parlare senza
capire una parola di ciò che dicono, piuttosto che
essere veri cristiani che pregano Dio nella
fede»?
14. I ribelli, nella semplicità
della loro fede, non si lasciarono intimorire dal loro dotto
Arcivescovo. Cranmer dovette allora ricorrere al braccio
secolare, ossia all'autorità civile e militare. Mercenari
stranieri, principalmente luterani tedeschi, furono
impiegati sul suolo inglese, per la prima volta dopo
trecento anni, e l'ultimo baluardo della fede fu battuto
dalle armi. «Il massacro fu eseguito alla cieca»;
sono le memorabili parole di
Hilaire Belloc
(1870-1953). «Quattromila di loro furono uccisi,
schiacciati dai cavalli o impiccati, prima che gli uomini di
Devon accettassero, sia pure freddamente, l'eletta prosa di
Cranmer» 15. Si dice che i
mercenari italiani e
spagnoli, impiegati come rinforzo alle truppe tedesche,
resisi conto di come stessero le cose, siano andati dal
Nunzio Imperiale per essere assolti dalla colpa di aver
partecipato a quel massacro. Quando giunse a Londra la
notizia della sua vittoria, Cranmer la fece celebrare con
una cerimonia solenne nel coro della cattedrale di San Paolo
e, in un sermone pronunciato alla presenza del sindaco e dei
consiglieri, l'Arcivescovo si rivolse al suo uditorio con
queste parole: «Il flagello delle divisioni, quale non si
era mai più visto dopo la passione di Cristo, è giunto fra
noi per istigazione del demonio, perché non siamo stati
diligenti ascoltatori della Parola di Dio diffusa dai suoi
fedeli predicatori, ma siamo stati traviati dai preti
papisti». In realtà, era completamente falso dire che il
popolo non capisse la Messa in latino.
Lo si può giudicare
dal gran numero di libri di devozione che circolavano fra
una popolazione di tre milioni; infatti, soltanto
nell'olocausto della scienza e
della pietà cattolica che faceva parte della politica
protestante, 250.000 libri liturgici furono distrutti. Nel
1550, l'anno dopo l'entrata in vigore del primo Prayer
Book, Cranmer inviò dei commissari nelle Università. Ad
Oxford, furono distrutti migliaia di libri. Cambridge subì
una devastazione più
lenta, ma ancora più completa, di modo
che, all'inizio del regno della regina Elisabetta I
(1533-1603), rimanevano appena centosettantasette volumi
«tagliuzzati e lacerati»! Il risultato fu inevitabile.
Un predicatore protestante, in un sermone pronunciato alla
presenza del re nel 1552, non esitò a dichiarare: «Ecco
invadere l'Inghilterra più cieca ignoranza e più
superstizione e infedeltà di quanta mai ve ne fosse sotto i
Vescovi di Roma. Il vostro regno (mi dispiace dirlo) sta per
divenire più barbaro della Scozia» 16.
Un altro predicatore, deplorando il moltiplicarsi delle
sètte che sorgevano, come conseguenza inevitabile della
politica di Cranmer, lamentò: «Ecco gli ariani, i
marcionisti, i libertini, i davisti e molte altre simili
mostruosità; occorrono ripari contro i sèttari, contro gli
epicurei e contro gli pseudo-evangelici, che cominciano a
scuotere le nostre chiese con una violenza mai vista»
17. Una delle ragioni per cui
Cranmer aveva ordinato la distruzione dei libri sacri, era
la voce che correva all'estero secondo cui i fedeli
avrebbero avuto di nuovo l'antico servizio in latino.
Occorreva dunque vigilare affinché il popolo
«abbandonasse questa vana attesa di avere di nuovo le
pubbliche funzioni e la somministrazione dei Sacramenti in
lingua latina». L'Atto stesso del Cranmer, prescriveva
la consegna di tutti i libri liturgici latini alle autorità
allo scopo di «manometterli e ridurli in stato tale che
mai più potessero servire all'uso previsto». Vi fu
un'eccezione. Furono permesse alcune copie in latino e in
inglese del Primer di Enrico VIII, purché vi si
cancellasse ogni menzione dei Santi. Infatti, Cranmer
detestava i Santi quasi quanto la Messa, e uno dei vantaggi
della lingua volgare fu che egli poté così pubblicare nuove
litanie dalle quali tutti i nomi dei Santi - perfino quello
della Madonna - poterono essere radiati e rimpiazzati da
questa preghiera: «Dalla tirannia del Vescovo di Roma
e da tutti i suoi detestabili errori, liberaci,
o buon Dio»; cosa che il popolo poteva
comprendere facilmente e recitarla ogni mercoledì e venerdì.
IV
LA SANTA TAVOLA
L'anno seguente l'ascesa di
Cranmer all'apogeo del potere ecclesiastico, uno dei
protestanti stranieri in Inghilterra, scrisse trionfante a
Bullinger 18, successore
di Zwingli 19 a Zurigo:
«Aræ factæ sunt haræ» («Gli altari sono divenuti
porcili») 20. Questo non era ancora del tutto
vero perché, in vari luoghi, gli altari furono conservati da
sacerdoti e da
comunità devote. Ma nel novembre del 1550, Cranmer fece
pubblicare
dal Consiglio privato un editto che stabiliva la distruzione
di tutti gli
altari nel regno. Ormai, dove si celebrava il rito della
Santa Eucarestia,
era di rigore una tavola di legno.
|
|
Zwingli |
Heinrich Bullinger |
Nel decreto era incluso
un chiarimento
di Cranmer che, come ha detto Philip Hughes nella sua opera
definitiva
The Reformation In England («La Riforma in Inghilterra»),
«non lasciava
alcun dubbio sul fatto che una religione era stata
sostituita da un'altra religione». Secondo alcune considerazioni
21, «la forma di tavola è
prescritta per
portare la gente semplice dall'idea superstiziosa della
Messa papista al buon
uso della Cena del Signore. Infatti, per offrire un
sacrificio occorre un altare; al contrario, per
servire da mangiare agli uomini occorre una tavola. Se
veniamo per nutrirci di Lui, per mangiare il suo corpo
spiritualmente e per
bere il suo sangue spiritualmente, secondo il buon uso della
Cena del Signore,
nessuno può negare che la forma di tavola si addica meglio
di un altare al
Banchetto del Signore». In seguito, Cranmer spiegò che
quando aveva conservato la parola «altare» nel suo nuovo
Prayer Book, questo significava «la tavola su cui
viene distribuita la santa comunione, e che potrebbe quindi
essere chiamata altare perché vi si offre il nostro
sacrificio di lode e rendimento di grazie».
|
A sinistra, la Santa Cena anglicana; a destra, la
Messa cattolica secondo il nuovo rito promulgato da Paolo VI
nel 1969. Entrambe sono celebrate su una semplice
tavola e in lingua volgare... |
L'Editto fu
applicato rigorosamente. Uno dei Vescovi
22 che si era rifiutato di togliere gli altari
nella sua diocesi, venne imprigionato e destituito. A
Londra, i cambiamenti furono immediati e totali. Il Vescovo
della città, che era stato cappellano di Cranmer, decise di
installare la nuova tavola in modo che solo i comunicandi
potessero accedervi. Una cronaca del tempo riferisce che
nella cattedrale di San Paolo «la tavola fu portata, per
ordine del Vescovo, nel mezzo del coro superiore, con le
estremità poste ad est e ad ovest. Dopo il "Credo", veniva
tirato un velo in modo che potessero esser visti solo coloro
che ricevevano la comunione; le grate del coro a nord e a
sud furono murate affinché nessuno potesse rimanervi»
23.
Poiché non c'era Presenza Reale,
né Sacrificio, era logico che si cercasse di impedire che
quelli che non si comunicavano assistessero all'Eucarestia.
Quindi Cranmer stabilì: «Non ci sarà celebrazione della
Cena del Signore a meno che un discreto numero di persone
non si comunichi insieme al prete secondo il giudizio di
questi; e se non si raggiungerà il numero di venti persone
in una parrocchia, non ci sarà comunione, a meno che quattro
o, come minimo, tre non si comunichino insieme al prete. E,
per eliminare ogni superstizione riguardo al pane e al vino,
basterà che il pane sia come quello che si mangia di solito
con altri cibi, purché sia il migliore e il più puro pane di
frumento che si possa avere. E se resta del pane e del vino,
il pastore se ne serva per le sue necessità»
24. «L'ultima pietra da
aggiungere al tumulo sotto cui giaceva l'antica credenza
nell'Eucarestia - scrive testualmente Philip Hughes - fu
l'attacco contro l'uso di ricevere la
Comunione in ginocchio. Che cos'era codesto
inginocchiarsi, se non idolatria? Venne quindi inserita una
rubrica nel nuovo "Prayer Book" 25,
la quale spiegava che "ciò non significava fare o dover fare
un atto di adorazione, sia del pane o del vino sacramentali
ricevuti corporalmente, sia di una qualche presenza reale o
essenziale della Carne e del Sangue di Cristo"».
Col
passare del tempo, la tavola divenne sempre più una semplice
tavola che veniva spostata a seconda delle necessità
pratiche. Esplicite istruzioni prescrivevano che, in ogni
chiesa, la santa tavola dovesse essere messa dove prima si
trovava l'altare, eccetto al momento in cui si distribuiva
la comunione: «Allora la si metta all'interno del coro,
di modo che sia la preghiera che il servizio del pastore
possano essere seguiti più comodamente dai comunicandi e il
ministro possa farsi meglio udire da questi, ed essi possano
più agevolmente e in maggior numero comunicarsi insieme al
pastore. Dopo la comunione, la santa tavola sia rimessa
dov'era prima». Un secolo dopo, toccò ai puritani di
portare l'opera di Cranmer fino alla logica conclusione, non
solo ricevendo la comunione seduti, ma anche utilizzando la
tavola come il posto più indicato per deporre il cappello.
|
Dopo
la riforma liturgica, anche nelle chiese cattoliche
è stata introdotta la pratica di ricevere la
comunione in piedi e nella mano. |
V
IL CANONE DELLA MESSA
La lingua volgare e la santa
tavola furono il mezzo pratico con cui Cranmer abituò il
popolo alle nuove dottrine. La gente poteva ormai
comprendere, con l'azione liturgica, che un semplice pasto
non era un sacrificio - il Sacrificio - e che esso non
implicava nient'altro che la consumazione del pane e del
vino comuni. Poteva anche comprendere che ciò veniva fatto
in memoria di un avvenimento remoto. Infatti, per coloro che
non avevano istruzione religiosa, questi usi erano più
suggestivi di ogni insegnamento dottrinale. Nel breve
periodo di cinque anni in cui, sotto il regno di Maria la
Cattolica, l'Inghilterra tornò per l'ultima
volta alla fede tradizionale, il Cardinale Reginald Pole
(1500-1558) insistette non solamente sulla restaurazione
degli altari e della Messa, ma anche delle semplici
cerimonie abolite da Cranmer (acqua benedetta, ceneri, olivo
benedetto, ecc...), «con l'osservanza delle quali inizia
l'educazione dei figli di Dio», tanto che la loro
abolizione è il «punto iniziale» per gli eretici che
tentano di distruggere la Chiesa 26.
Ma il punto centrale dell'opera di Cranmer risiedeva
evidentemente nell'esposizione teologica delle nuove
credenze in una nuova forma liturgica. La versione
definitiva di quello che un tempo era stata la Messa,
risultava - come ha sottolineato il liturgista anglicano Gregory Dix
(1901-1952) - non una disordinata offensiva contro un rito
cattolico, ma il solo tentativo, per la prima volta
compiuto, di dare un'espressione liturgica alla dottrina
della «giustificazione per mezzo della sola fede»
27. E, considerata da questo punto
di vista, tale versione fu un capolavoro. La logica
conseguenza della dottrina protestante fondamentale della
«sola fede» era - e resta - l'abolizione dei Sacramenti.
|
|
Il
Cardinale Pole |
Gregory Dix |
Le manifestazioni esteriori, ovviamente, non possono essere
accettate come cause di grazia. Lutero, naturalmente, lo
aveva previsto fin dall'inizio; mentre da una parte aboliva
cinque Sacramenti «minori», dall'altra attaccava l'uso della
Comunione sotto una sola specie, la Transustanziazione, e la
dottrina dell'Eucarestia come Sacrificio, cominciando così a
minare dal di dentro ciò che non poteva negare, visto che il
Battesimo, non meno che la Santa Comunione, erano
innegabilmente comandati nel Nuovo Testamento. Essendo
impossibile sbarazzare il cristianesimo degli atti esteriori
del Battesimo e dell'Eucarestia, occorreva assolutamente
svuotarli di ogni reale significato. Su questo punto furono
unanimi tanto i protestanti seguaci di Zwingli, quanto i
calvinisti e i luterani.
Cranmer non poteva non convenire
con la logica di Zwingli «che la dottrina "sola fides
justificat" costituisce il fondamento e il principio per
negare che il Corpo di Cristo sia realmente presente nel
Sacramento» 28; per questo
- come abbiamo visto - attaccava la Messa con la stessa
violenza di Lutero, il quale affermava: «Dichiaro che
tutti i bordelli (benché Dio li abbia disapprovati
severamente), tutti gli omicidi, uccisioni,
ladrocini e adulteri hanno fatto meno danno che l'abominio
della messa papista»
29. La contraffazione della Messa operata
da Cranmer si trova nei due Prayer Books del 1549 e
del 1552. Ma come i novatori di epoche posteriori, anch'egli
pensava che fosse preferibile introdurre le innovazioni
gradualmente per non suscitare reazioni immediate
30; pertanto, non c'è dubbio che la
versione del 1552 fu da lui prevista fin dall'inizio. E
poiché «la versione del 1552 fornisce ancora per il 95%
la struttura della liturgia (anglicana) attuale»
31, noi non considereremo qui che la
liturgia del 1552.
Il Canone fu diviso in tre parti: la
«Preghiera per la Chiesa
militante», la «Preghiera della consacrazione» e
la cosiddetta «Preghiera dell'oblazione». La prima
corrisponde, grosso modo, al Te igitur, al Memento
Domine e al Communicantes; la seconda all'Hanc
igitur, al Quam Oblationem e al Qui pridie;
la terza all'Unde et memores, al Supra quæ e
al Supplices te rogamus (non c'è parallelismo per il
Memento etiam, per il Nobis quoque peccatoribus
e per il Per Quem). Per capire esattamente ciò che
fece Cranmer, bisogna considerare nei particolari queste tre
parti.
VI
LA PREGHIERA PER LA CHIESA MILITANTE
Eccone il testo: «Dio
onnipotente ed eterno, che per mezzo dei santi Apostoli
ci hai insegnato a pregarTi, a supplicarTi e a ringraziarTi
per tutti gli
uomini, Ti imploriamo umilmente di accettare con clemenza le
nostre offerte e
di accogliere queste preghiere che offriamo alla Tua divina
maestà, supplicandoTi
di ispirare sempre la Chiesa universale con lo spirito di
verità, di unità, di
concordia e di giustizia. Concedi che tutti coloro che
confessano il Tuo santo
Nome siano concordi nella verità della Tua santa Parola e
vivano nell'unità e
nel santo amore. Ti
supplichiamo anche di proteggere e di
difendere tutti i Re, Prìncipi e Governanti cristiani e, particolarmente, il Tuo
servo Edoardo, nostro
Re, affinché sotto di lui noi siamo governati santamente e
in pace; accorda
al suo intero Consiglio e a tutti coloro che servono sotto
la sua autorità di
amministrare la giustizia con verità e imparzialità, punendo
la malvagità e
il vizio, e conservando la vera religione
di Dio e la virtù. Concedi, o Padre
celeste, a tutti i Vescovi, Pastori e Vicari
la grazia di manifestare, con la loro
vita e con il loro insegnamento, la Tua
Parola vera e vivente, e di amministrare
i Tuoi santi sacramenti correttamente
e debitamente; dona la Tua grazia
celeste a tutto il Tuo popolo, specialmente
a questa assemblea qui riunita,
affinché essa ascolti e riceva la Tua santa Parola con cuore
umile e con la
dovuta riverenza, e Ti serva in vera santità e giustizia per
tutta la vita. E Ti
imploriamo molto umilmente (o Signore) di consolare e di
aiutare, nella Tua
bontà, tutti coloro che, in questa vita, sono soggetti al
turbamento, alle pene, al
bisogno, alla malattia o ad altre avversità. Concedici
questo, o Padre, per amor
di Gesù Cristo, nostro unico mediatore e avvocato. Amen».
Il cambiamento
è abbastanza drammatico. Oltre alle omissioni del Papa e dei
Santi, cosa
del resto che non meraviglia, è scomparsa del tutto
qualsiasi menzione
delle oblazioni - hæc dona, hæc munera, hæc sancta
sacrificia illibata - parti
essenziali del Te igitur. Nell'antica liturgia della Chiesa,
le offerte del pane e del vino occupavano un posto
preminente. L'immaculatam
hostiam e
il calicem salutaris delle preghiere dell'Offertorio, come
il sancta sacrificia illibata del Te igitur,
vengono presentati a Dio con la richiesta di rendere
l'offerta in omnibus benedictam, ratam, rationabilem
acceptabilemque, per l'imminente miracolo della
Transustanziazione. E, come ha dimostrato il gesuita
Joseph Andreas Jungmann (1889-1975), «è sempre il
pensiero della loro imminente Transustanziazione che ha
motivato l'insistenza sulla loro santità»
32.
Tutto questo per Cranmer era
anatema. «Come Lutero, egli credeva che ogni forma di
Offertorio puzzasse di oblazione» 33.
Egli abolì, quindi, tutte le preghiere dell'Offertorio,
compresa quella che è generalmente considerata la più bella
(Deus, qui humanæ), e così pure ogni menzione
dell'oblazione del pane e del vino. Restava la difficoltà
rappresentata dalla presenza del pane e del vino
sull'altare, che per il popolo aveva lo stesso aspetto che
aveva avuto l'Offertorio. Occorreva qualcosa che inculcasse
nell'assemblea un'idea completamente nuova. Cranmer la trovò
decidendo che i sagrestani facessero la questua in quel
momento, e che nella preghiera si parlasse solo delle
«elemosine». Poiché queste non erano né offerte né toccate
dal pastore, non c'era alcun pericolo che fossero
considerate un'«oblazione» nell'antico significato. Questa
manipolazione liturgica era così ingegnosamente concepita da
suscitare ammirazione, come ha detto Gregory Dix.
Evidentemente, l'assemblea non sentiva e non comprendeva
altro che il riferimento alle «elemosine». Era insito nello
spirito della Riforma che il Canone recitato in silenzio in
uso dall'VIII secolo 34 fosse
abolito, di modo che il nuovo canone in volgare ottenesse
sul popolo tutto l'effetto previsto. Ai cambiamenti
effettuati con le omissioni, Cranmer aggiunse un'alterazione
importante sostituendo il nome del Sovrano a quello del
Papa. Sedici anni prima, re Enrico VIII aveva ordinato delle
«Preghiere universali» in lingua volgare, grazie alle
quali, sotto forma di petizioni abilmente composte, si
presumeva di far esprimere al popolo idee politiche e
teologiche corrette. Bisognava anzitutto che la gente si
rendesse conto che il re era il capo supremo della Chiesa
d'Inghilterra. Il Papa doveva essere nominato solo con
disprezzo. Le preghiere universali rappresentavano un mezzo
utile per commentare i diversi aspetti della vita
contemporanea, ma la ragione essenziale per cui furono
introdotte è che si voleva sottolineare la funzione del
sovrano nella Chiesa. Pur abolendo le preghiere in vigore,
Cranmer conservò e mise in risalto il Te igitur,
inserendo la preghiera per il Re e per lo Stato (di cui la
Chiesa non è altro che una parte), nel punto in cui si
trovava la preghiera per il Papa e per la Chiesa
35. Così, la «Preghiera per la
Chiesa Militante», omettendo da una parte ogni riferimento
all'oblazione, alla Madonna e ai Santi, al Papa e alla
Chiesa cattolica di tutto il mondo e, dall'altra,
sostituendovi la preghiera per il capo ad un tempo dello
Stato e della Chiesa, serviva da introduzione alla preghiera
della Consacrazione.
VII
LA PREGHIERA DELLA CONSACRAZIONE
Nel Prayer Book del
1549, Cranmer fece precedere le Parole dell'istituzione da
questa preghiera: «Ascoltaci, o Padre Misericordioso; noi
Ti supplichiamo e, per mezzo dello Spirito Santo e della Tua
Parola, degnaTi di benedire e di santificare questi doni,
Tue creature di pane e di vino, affinché essi siano per noi
il corpo e il sangue del Tuo amatissimo Figlio, Gesù
Cristo»! Questa formula fu criticata perché suscettibile
di essere interpretata nel senso della Transustanziazione.
Al che Cranmer, indignato, rispose: «Noi non preghiamo
assolutamente affinché il pane e il vino siano cambiati nel
corpo e nel sangue di Cristo, ma affinché per noi siano così
in questo santo mistero; cioè, che noi
possiamo riceverli
tanto degnamente, da divenire partecipi del corpo e del
sangue di Cristo, e che quindi possiamo essere nutriti in
spirito e verità» 36.
Nondimeno, benché questa formula rendesse esattamente il
senso del rito secondo Zwingli, cioè che il fatto di
«mangiare la carne e bere il sangue si riferisce alla
memoria della passione di Cristo e della Sua morte, e che
l'offerta a Cristo delle nostre anime e dei nostri corpi
costituisce il solo sacrificio», Cranmer, nel secondo
Prayer Book decise di evitare ogni possibilità di
malinteso. Ma, prima di procedere, facciamo una digressione.
È senz'altro vero che la parola «nobis» esiste nel
Quam Oblationem del Canone Romano: «Degnatevi (o
Signore) di rendere questa oblazione in tutto bene
X
detta, as X
critta, rati X
ficata, ragionevole e accettabile, affinché essa diventi per
noi il Corpo e il Sangue del Vostro dilettissimo Figlio
nostro Signore Gesù Cristo». Qui, pertanto, il senso non
si presta ad equivoci, perché la
Transustanziazione è stata annunciata dai magnifici Te
igitur, Memento Dómine e Hanc igitur, in
cui «i doni sacrificali santi e immacolati» vengono
descritti in termini appropriati all'imminente
trasformazione in Corpo e Sangue, di cui noi siamo gli
indegni beneficiari. L'omissione, da parte di Cranmer, di
questi riferimenti e cambiamenti circa le oblazioni,
giustificò la sua protesta; la sua formula, infatti, non
poteva essere compresa nel senso della Transustanziazione.
Essa significava semplicemente «per noi», cioè nei nostri
spiriti, non oggettivamente. Il nuovo Canone Anaphora II,
imposto oggi alla Chiesa cattolica dalla Gerarchia, segue
fedelmente Cranmer. Non esiste preparazione alla
Consacrazione. Dopo il Benedictus, il celebrante dice
semplicemente: «Padre veramente santo, fonte di ogni
santità», per chiedere subito che «questi doni
diventino per noi il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo...».
Nel Canone Romano, è impossibile interpretare il «nobis»
nel senso datogli da Cranmer. Nell'Anaphora II è
quasi impossibile interpretarlo diversamente.
Il peggio è
che, secondo l'Istruzione del Consilium ad Exsequendam
Constitutionem de Sacra Liturgia, questo Canone,
Anaphora II, dev'essere detto abitualmente e, oltre a
ciò, dev'essere destinato all'istruzione catechistica dei
giovani sulla natura della preghiera Eucaristica. Nel luglio
1968, sapendo che molti di coloro che avevano studiato
l'opera di Cranmer si preoccupavano seriamente della
possibilità che l'Anaphora II fosse redatta e fosse
applicata in vista di una falsa «unità» con i protestanti -
poiché può chiaramente servire a negare la
Transustanziazione - sulla rivista Catholic Herald
apparve un appello indirizzato alla Gerarchia inglese
(perfettamente al corrente di tutta la storia di Cranmer),
affinché intervenisse presso il Consilium, e, per
dimostrare la sua buona fede, sopprimesse il «nobis»
(per noi). Non si ottenne nulla e si fu costretti a
ricordare che la Riforma anglicana si era affermata in
seguito all'apostasia di tutti i Vescovi inglesi, eccetto il
solo San Giovanni Fisher 37.
Ma torniamo a Cranmer e all'opera da lui compiuta per
eliminare ogni possibile falsa interpretazione o ambiguità
dalla sua preghiera. Ecco il testo della versione del 1552:
«Ascoltaci, Padre misericordioso, Ti supplichiamo e
concedici che, ricevendo il pane e il vino, creature Tue,
secondo la santa istituzione del Tuo Figlio, il nostro
Redentore Gesù Cristo, in memoria della Sua morte e della
Sua passione, diveniamo partecipi
del Suo corpo e del Suo sangue santissimi». Sopprimendo
il passo «per mezzo dello Spirito Santo e della Tua
Parola, degnaTi di benedire e santificare questi doni, Tue
creature di pane e di vino, affinché essi siano per noi il
corpo ed il sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù Cristo»,
Cranmer escluse ogni possibilità che il dono del Corpo e del
Sangue si riferisse al pane e al vino, e che il
«santificare» comportasse effettivamente la Presenza divina.
La Preghiera della Consacrazione del 1552 comincia con
queste parole: «Dio onnipotente, nostro Padre celeste
che, nella Tua dolce misericordia hai donato il Tuo unico
Figlio Gesù Cristo, affinché patisse la morte sulla Croce
per la nostra redenzione, il quale con la Sua morte,
offrendo Sé stesso in olocausto, ha offerto un'unica
oblazione di completo sacrificio, perfetto e sufficiente per
i peccati del mondo intero, e ha istituito e ci ha comandato
nel Suo santo Vangelo di celebrare una memoria perpetua
della Sua morte preziosa, fino a che Egli ritorni...». A
questo punto, Gregory Dix fa notare che l'accento è stato
posto di proposito sull'«unica oblazione di Sé stesso
offerta una sola volta, sacrificio, poi oblazione e
soddisfacimento completo, perfetto e sufficiente per i
peccati del mondo intero», ossia in un lontano passato
(sul Calvario). Fà inoltre notare che l'Eucarestia è stata
ridotta ad una «memoria perpetua» (la parola è stata
scelta abilmente) «della Sua morte preziosa, fino a che
Egli ritorni» (il «ri» - assente in San Paolo - è stato
aggiunto per dimostrare che la «passione» è un fatto che
riguarda il passato, mentre la «venuta» riguarda il futuro,
e non l'Eucarestia) 38.
VIII
LA PREGHIERA DI OBLAZIONE
La Preghiera di Oblazione,
recitata immediatamente dopo la comunione del popolo era la
seguente: «O Signore e Padre celeste, noi, Tuoi
umilissimi servitori, desideriamo ardentemente che la Tua
paterna bontà accetti con clemenza questo sacrificio di lode
e di azione di grazie che Ti abbiamo offerto: umilmente, Ti
supplichiamo di concedere che, per i meriti e per la morte
del Tuo Figlio, Gesù Cristo, e per la fede nel Suo sangue,
noi e tutta la nostra Chiesa otteniamo la remissione dei
nostri peccati con tutti gli altri benefici della Sua
passione. Ecco, Ti presentiamo e Ti offriamo, o Signore, noi
stessi, le nostre anime e i nostri corpi, affinché siano per
Te un sacrificio giusto, santo e
vivente; supplicandoTi
umilmente che noi tutti che siamo partecipi di questa santa
comunione, siamo pieni della Tua grazia e celeste
benedizione. E, benché indegni a causa dei nostri infiniti
peccati di offrirTi un qualsiasi sacrificio, Ti supplichiamo
di accettare questo servizio santo e doveroso, non valutando
i nostri meriti, ma perdonando le nostre offese per Gesù
Cristo, nostro Signore, per il quale e con il quale, in
unità con lo Spirito Santo, a Te siano resi ogni onore e
gloria, o Padre onnipotente, nei secoli dei secoli. Amen».
Si noterà che qui Cranmer tolse ogni dubbio circa la sua
nuova interpretazione del rito e, nello stesso tempo, con il
triplice impiego della
parola «sacrificio», trasse in inganno le anime semplici
che, ascoltando
il testo in volgare, furono portate a pensare che la nuova
messa avesse
qualche continuità con l'antica. Secondo la concezione
cattolica, Gesù
Cristo offre al Padre la perfetta oblazione di Sé stesso e
la Chiesa, in
quanto Suo Corpo, partecipa al Suo eterno atto sacerdotale
per mezzo
dell'Eucarestia. Cranmer, deliberatamente, sostituì questo
concetto con
l'idea che noi offriamo a Dio «noi stessi, le nostre anime
ed i nostri corpi».
Ugualmente, la conclusione «per il quale e con il quale, in
unità con lo
Spirito Santo, a Voi siano resi ogni onore e gloria, o Padre
onnipotente, nei
secoli dei secoli», sembra evocare (pur essendo totalmente
diversa) la
più grande dossologia della liturgia: «Per ip X
sum, et cum
ip X
so et in ip X
so, est ti X
bi, Deo Patri omni X
potenti, in unitate
Spiritus Sancti, omnis
honor et gloria, per omnia sæcula sæculorum». Qui, i cinque
segni di Croce,
seguiti dalla simultanea elevazione dell'Ostia e del Calice
in un gesto
d'offerta (ricordo dell'antica cerimonia in cui il
celebrante sollevava il
Pane consacrato e il diacono, con le due mani, il grande
Calice, per far toccare l'uno all’altro), erano il segno
esteriore e visibile dell'offerta a Dio del Sacrificio
accettabile. L'atto dell'elevazione, coincidendo con le
parole «omnis honor et gloria», compiva la fusione
dei simbolismi del linguaggio e dell'azione, presentando in
questo modo un'espressione liturgica del significato della
Messa. Cranmer vietò i segni di croce e l'elevazione,
ma conservò approssimativamente le parole che, pur
significando una cosa del tutto diversa, davano l'illusione
della continuità. Così, il nuovo rito fu plasmato in modo da
esprimere la dottrina della giustificazione per mezzo della
sola fede, dottrina che non poteva adattarsi al senso che si
era sempre attribuito ai Sacramenti.
IX
LA QUESTIONE DELLA GIUSTIFICAZIONE
E LA MESSA TRIDENTINA
Alla base di tutti gli
argomenti che il Concilio di Trento (1545-1563) era stato
chiamato a trattare, c'era la questione della
giustificazione, e si dimentica troppo spesso che il
Concilio era stato convocato per appianare le controversie
fra cattolici e protestanti. Ma dopo dibattiti che durarono
diciotto anni, ci si rese conto che le divergenze erano
insormontabili. Non poteva esserci compromesso tra la
dottrina cattolica basata sulla Sacra Scrittura («Che
giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha
le opere? Forse che quella fede può salvarlo? [...]
Così anche la fede: se non ha le opere è morta»; Gc
2, 1-14,17) e la dottrina luterana della sola fede, senza il
valore delle opere e la partecipazione della volontà umana.
La definizione di Trento fu promulgata nel 1547: «Se
qualcuno dice che l'uomo peccatore è giustificato dalla sola
fede, come se non fosse richiesto nient'altro per ottenere
la grazia della giustificazione, e che non c'è nessun
bisogno di essere preparati e disposti dal movimento della
volontà, sia scomunicato». Alla fine del Concilio di
Trento, durante il quale i protestanti promossero
ovunque, come Cranmer, nuovi riti che davano un volto
all'eresia, la grande necessità per i cattolici fu quella di
unirsi e di serrare le file contro le nuove negazioni. Per
questo fine, l'antica liturgia, ovunque nella stessa lingua,
era uno strumento troppo prezioso che non bisognava perdere.
Ne risultò il Messale Romano riformato di San Pio V
(1504-1572), che fu imposto dall'autorità centrale a tutti i
cattolici di rito latino con un atto legislativo senza
precedenti 39. La Messa
Tridentina fu promulgata da San Pio V con la Costituzione
Apostolica Quo primum, del 19 luglio 1570.
|
|
Papa San Pio V |
Missale Romanum |
Il Santo
Papa dichiarava: «Con il nostro presente decreto, valido
in perpetuo, Noi determiniamo e ordiniamo che mai niente
dovrà essere aggiunto, omesso o cambiato in questo Messale».
Al fine di vincolare i posteri, affermò che «mai, in
avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso, potrà
essere costretto ad usare un altro modo di dire la Messa».
E, onde prevenire una volta per tutte ogni scrupolo di
coscienza o paura di sanzioni e censure ecclesiastiche,
aggiunse: «Noi qui dichiariamo che, in virtù della Nostra
Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro
presente ordine e decreto durerà in perpetuo e non potrà mai
essere legalmente revocato o emendato in avvenire».
Si
può giudicare l'importanza che San Pio V stesso attribuì al
suo atto, leggendo queste sue parole: «E se nondimeno
qualcuno osasse attentare con un’azione contraria al Nostro
presente ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà
nell'ira di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e
Paolo». Di questo tenore sono le interdizioni e le
censure di San Pio V, oltre le quali è andato Paolo VI con
la sua Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3
aprile 1969, decretando forme nuove per la Messa e
sostenendole con la seguente dichiarazione: «Noi
desideriamo che i Nostri presenti decreti e prescrizioni
siano fermi e validi per il presente e per l'avvenire,
nonostante, nella misura necessaria, le ordinanze promulgate
dai nostri predecessori». La Messa tridentina, voluta e
forgiata come arma indistruttibile contro l'eresia, è stata
così sostituita da una nuova liturgia che è fin troppo
compatibile con le eresie di Cranmer e seguaci. Alcuni di
noi si chiedono il perché 40.
APPENDICE
TESTO COMPLETO DEL CANONE ANAPHORA II
IMPOSTO DA THOMAS CRANMER
41
«È veramente degno e
giusto, ed è nostro dovere renderTi grazie sempre e ovunque,
Signore, Dio Padre onnipotente ed eterno. Per questo, con
gli Angeli e con gli Arcangeli e con tutta la celeste
schiera, lodiamo e magnifichiamo il Tuo nome glorioso,
osannando sempre e dicendo: santo, santo, santo, Signore Dio
degli eserciti. Il cielo e la terra sono pieni della tua
gloria! Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che
viene nel nome del Signore; Gloria a te, Signore, nell'alto
dei cieli. Dio onnipotente ed eterno che, per mezzo dei Tuoi
santi
Apostoli, ci hai insegnato a pregarTi ed a supplicarTi
e a ringraziarTi per tutta l'umanità, Ti supplichiamo
umilmente di accogliere per la Tua grande misericordia
queste preghiere che noi offriamo alla Tua maestà divina,
supplicandoTi di ispirare sempre la Chiesa universale con lo
spirito della verità, unità e concordia; accorda a tutti
coloro che confessano il Tuo santo nome di comprendersi
nella verità della Tua santa Parola e di vivere nell'unità e
nell'amore divino. Specialmente Ti preghiamo di salvare e di
difendere il Tuo servo Edoardo nostro re, di modo che sotto
di lui possiamo essere governati nella pietà e nella pace.
Concedi a tutto il suo consiglio e a tutti coloro che egli
ha investito di autorità di amministrare la vera e
imparziale giustizia, onde punire la malvagità e il vizio e
conservare la divina religione e la virtù. Dona a tutti i
Vescovi, pastori e curati, o Padre celeste, la grazia di
manifestare, con la loro vita e la loro dottrina, la Tua
viva e vera Parola e di amministrare degnamente e fedelmente
i Tuoi santi sacramenti; e a tutto il Tuo popolo, dona la
Tua grazia celeste affinché, con cuore umile e con la dovuta
riverenza, ascolti e riceva la santa Parola, servendoTi
veramente nella santità e nella giustizia tutti i giorni
della vita; Ti supplichiamo umilmente per la Tua bontà, o
Signore, di consolare e di soccorrere tutti coloro che, in
questa vita transitoria, sono nelle pene, nel dolore, nel
bisogno, nella malattia o nell'avversità. Raccomandiamo
specialmente alla Tua bontà misericordiosa questa comunità
qui radunata nel Tuo nome per celebrare la commemorazione
della gloriosa morte del Tuo Figlio; e Ti offriamo la più
alta lode e il più sincero rendimento di grazie per la
grazia e la mirabile virtù che Tu hai manifestato in tutti i
santi dal principio del mondo; anzitutto nella gloriosa e
Beata Vergine Maria, Madre del Tuo Figlio Gesù Cristo,
nostro Signore e Dio, e nei santi Patriarchi, Profeti,
Apostoli e Martiri; ci sia dato, o Signore, di seguire il
loro esempio, la loro fermezza nella fede, e di osservare i
Tuoi santi comandamenti. Raccomandiamo alla Tua
misericordia, o Signore, tutti i Tuoi servi che ci hanno
lasciato nel segno della fede e riposano ora nel sonno della
pace; concedi loro, Ti supplichiamo, la Tua misericordia e
la pace eterna, e che nel giorno della resurrezione noi e
tutti coloro che appartengono al corpo mistico del Tuo
Figlio possiamo insieme essere posti alla Tua destra e
ascoltare la Sua gaudiosa parola: "Venite a Me, voi,
benedetti da Mio Padre e prendete possesso del Regno che vi
è stato preparato dal principio del mondo". Concedici
questo, o Padre, per l'amore di Gesù Cristo, nostro solo
mediatore e avvocato. O Dio, Padre celeste, che nella Tua
dolce misericordia, hai dato il Tuo unico Figlio Gesù Cristo
perché patisse la morte sulla Croce per la nostra
redenzione, il quale in essa ha compiuto (con una unica
oblazione offerta una volta) un pieno, perfetto e
sufficiente sacrificio, oblazione e soddisfazione per i
peccati del mondo intero, e ha istituito e ci ha comandato
nel Suo santo Vangelo di celebrare una perpetua memoria
della Sua preziosa morte finché Egli non torni. Ascoltaci, o
Padre misericordioso, Te ne supplichiamo, di volere, col Tuo
Spirito Santo e la Tua parola, benedire e santificare questi
doni, queste creature di pane e di vino in modo che siano
per noi il corpo e il sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù
Cristo, che, la notte in cui fu tradito, prese il pane e,
dopo averlo benedetto ed aver reso grazie, lo spezzò e lo
diede ai Suoi discepoli, dicendo: "Prendete, mangiate,
questo è il mio corpo che è offerto per voi; fate questo in
memoria di me". Ugualmente, dopo aver cenato, prese il
calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo:
"Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue del Nuovo
Testamento, che è sparso per voi e per molti in remissione
dei peccati; fate questo, tutte le volte che ne berrete, in
memoria di me". (Una rubrica, a questo punto,
prescriveva al ministro, mentre prende in mano il
pane e il
calice, di restare voltato verso l'altare, senza elevazione
né ostensione del sacramento ai fedeli). Per questo, o
Signore e Padre celeste, secondo l'istituzione del Tuo
amatissimo Figlio, il nostro Salvatore Gesù Cristo, noi,
Tuoi umili servi, celebriamo e facciamo, dinanzi alla Tua
divina maestà, con questi santi doni che ci vengono da Te,
il memoriale che Tuo Figlio ha voluto che noi facessimo,
avendo nella memoria la Sua beata passione, la Sua potente
resurrezione e la Sua gloriosa ascensione, rendendoTi le
nostre più sincere azioni di grazie, per gli innumerevoli
benefici che in tal modo ci ha procurato, desiderando solo
che la Tua paterna bontà voglia accettare
misericordiosamente il nostro presente sacrificio di lode e
di azione di grazie; supplicandoTi molto umilmente di
concedere, per i meriti e la morte del Tuo Figlio Gesù
Cristo e per la fede nel Suo sangue, che noi e tutta la
Chiesa, possiamo ottenere la remissione di tutti i nostri
peccati e tutti gli altri benefici della Sua passione. E Ti
offriamo, o Signore, le nostre anime, i nostri corpi come un
sacrificio consapevole, santo e vivo ai Tuoi occhi, supplicandoTi umilmente che tutti coloro che partecipano
alla Tua santa comunione possano ricevere degnamente il
preziosissimo corpo e sangue di Tuo Figlio Gesù Cristo,
essere ripieni della Tua grazia e benedizione celeste, e
divenire un sol corpo con il Tuo Figlio Gesù Cristo, in modo
che Egli abiti in loro e loro in Lui. E benché noi siamo
indegni per i nostri numerosi peccati di offrirTi alcun
sacrificio, Ti supplichiamo ciononostante di accettare il
nostro presente dovere e servizio e di comandare che queste
preghiere e suppliche, col ministero dei Tuoi santi Angeli,
siano portate fino nel Tuo santo Tabernacolo, agli occhi
della Tua divina maestà, non guardando ai nostri meriti, ma
perdonando le nostre offese, per Cristo nostro Signore, col
quale e per il quale in unità con lo Spirito Santo, ogni
onore e gloria vengano a Te, o Padre Onnipotente, nei secoli
dei secoli. Amen».
NOTE
1 Traduzione dall'originale inglese A Reversion To
the Reforms of Cranmer («Un ritorno alle riforme di Cranmer»),
a cura dell'Associazione «Una
Voce».
2 Cfr. L. D.
Reed, The Lutheran Liturgy («La liturgia luterana»),
Fortress Press, Philadelphia 1959, 2ª edizione, cap. XXIII, pag.
824.
3 Cfr. T.
Cranmer, The Defence of the True Catholic Doctrine of
the Sacrament («La difesa della vera dottrina cattolica del
Sacramento»), I, 1550.
4 Ibid., III.
5 Cfr. Reformatio Legum Ecclesiasticarum,
1553.
6 John Wycliffe (1324-1384), riformatore e precursore
della Riforma protestante, per aver sostenuto la perfetta
uguaglianza del potere regale e quello papale e per aver negato
molti dogmi e verità cattoliche (la Transustanziazione, la Messa
come sacrificio per i vivi e per i defunti, il culto dei Santi,
la venerazione delle reliquie e delle immagini e il celibato
ecclesiastico), fu accusato di eresia e citato davanti alla
corte ecclesiastica di San Paolo nel 1382, e si salvò solo
grazie al tumulto popolare. Sosteneva inoltre che la Bibbia era
l'unica autorità in materia di fede ed egli stesso la tradusse
in inglese. I suoi errori vennero, condannati, con quelli di Jan
Hus, al Concilio di Costanza (1415). Nel 1428, le sue ossa
furono dissepolte e bruciate, e le ceneri vennero gettate nel
fiume Swift.
7 Cfr. The English Hexempla, pubblicato nel
1805, contiene sei versioni in volgare (del 1380, del 1534, del
1557, del 1582, e del 1611) stampate in colonne parallele.
Comprende quelle di Wycliffe, di Tyndale e di Cranmer di
inestimabile valore per uno studio comparato.
8 William Tyndale (1490-1536), sacerdote apostata,
pubblicò nel 1526 una traduzione in inglese del Nuovo
Testamento, proibita per ordine di Enrico VIII, non ancora
ribellatosi alla Chiesa cattolica.
9 La controversia di San Tommaso Moro con Tyndale
comprende il Dialogue Concerning Heresies (del 1529), da
cui e stato estratto questo passo, e la Confutation Of
Tyndale's Answer (del 1532 e 1533).
10 Contro i propugnatori della tesi
secondo cui il Canone della Messa doveva essere recitato ad alta
voce (tesi peraltro abbracciata dal Vaticano II), il Concilio di
Trento comminò la scomunica (cfr. Denz., nº 956).
11 Che la Messa sia la rinnovazione
incruenta del Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo è
evidente da tutta la Tradizione e dalle parole che Egli stesso
disse agli Apostoli nell'ultima cena, con le quali, dopo di aver
istituito l'Eucarestia, li ordinò sacerdoti: «Fate questo in
memoria di me». E quindi, il Concilio di Trento, contro i
negatori della Presenza Reale e del Sacrificio della Messa,
definì: «Se qualcuno dice che con le parole "hoc facite in
meam commemorationem" (Lc 22, 10; 1 Cor 11, 24), Gesù Cristo non
consacrò gli Apostoli sacerdoti o non ordinò che essi e gli
altri sacerdoti offrissero il Suo Corpo ed il Suo Sangue, sia
scomunicato» (Sess. XXII, can. 2; cfr. il cap. I della
stessa Sessione).
12 Cfr. G.
Dix, The Shape
Of The Liturgy («La forma della liturgia»), 1944, pag. 243;
citando San Giovanni Crisostomo in Heb. hom, XVII, 3.
13 I quindici articoli dei ribelli sono
riprodotti nell'opera Cranmer, dello Stryper, Appendice XI.
Esistono altre versioni, ma le richieste sopracitate si trovano
in tutte. L'intera questione è riportata in F.
Rosetroup, The Western Rebellion of 1549.
14 L'assai lunga e amara lettera da cui
è stato estratto questo passo è riprodotta integralmente in
Jenkins,
Remains of Thomas Cranmer, vol. II. Un breve riassunto (sei
pagine) si trova nel Cranmer del Mason.
15 Cfr. H.
Belloc, A
History of England, vol. IV.
16 Cfr. Sermone di Bernard Gulpin, cit.
in F. O. W. Hawels,
Sketches Of The Reformation Taken From The Contemporary
Pulpit.
17 Cfr. Original Letters Relative To
The English Reformation («Lettere originali relative alla
Riforma inglese»), vol. II, «Micronius a Bullinger»,
maggio 1550.
18 Heinrich Bullinger (1504-1575),
certosino apostata e riformatore svizzero, successore, nel 1531,
di Zwingli che tentò, riuscendovi solo in parte, di riunificare
tutti i riformati in un'unica confessione di fede.
19 Huldrych Zwingli (1484-1531),
sacerdote apostata, fondatore del protestantesimo in Svizzera,
si batté contro la dottrina cattolica del peccato originale, del
precetto del digiuno e del celibato ecclesiastico. Per opera
sua, fu abolita a Zurigo la Messa e quasi tutte le cerimonie
cattoliche. Si tolsero nelle chiese le immagini dei Santi e i
monasteri furono soppressi. Nel 1524, Zwingli sposò Anna von
Kronau, una vedova con la quale conviveva già dal 1522. Morì
combattendo contro i cattolici nella battaglia di Kappel.
20 Cfr. «John ab Ulnis a Bullinger»,
in Original Letters Relative To The English Reformation.
21 Cfr. «Ragioni per cui il banchetto
del Signore dovrebbe avere la forma di una tavola, piuttosto che
quella di un altare», riportato integralmente in Cranmer,
Parket Society, vol. II.
22 Si trattava di Mons. George Day, di
Chichester.
23 Cfr. Wriothesley's.
24 Rubriche del Prayer Book
(1552); «Communion Service».
25 La cosiddetta Black Rubric,
del Prayer Book (1552).
26 Il grande sermone di Pole del giorno
di Sant'Andrea del 1557, si trova mirabilmente riassunto in P.
Hugues, op.
cit., vol. II, pagg. 246-253.
27 Cfr. G.
Dix, op. cit.,
pag. 672.
28 Cfr. Stephen Gardiner, Vescovo
cattolico di Winchester, fatto imprigionare da Cranmer per aver
difeso l'Eucarestia, citò la dichiarazione di Zwingli nel corso
della sua controversia con Cranmer (cfr. The Letters of
Stephen Gardiner, pag. 277).
29 Cfr.
Werke (Ed. Weimar,
1888), XV, pag. 773. Sua è anche la seguente affermazione che è
stata ed è il programma di ogni nemico della santa Chiesa
cattolica: «Quando la Messa sarà distrutta, penso che avremo
distrutto anche il Papato [...]. Infatti, il Papato
poggia sulla Messa come su una roccia [...]. Tutto questo
crollerà necessariamente quando crollerà la loro abominevole e
sacrilega Messa» (cfr.
Werke, Contra
Enricum Anglæ, vol. X, II).
30 Vedi in proposito la lettera
pastorale del Cardinale John Carmel Heenan (1905-1975), del 12
ottobre 1969: «Perché la messa è in evoluzione»? Vi si
troverà la risposta. Sarebbe stato un atto temerario introdurre
cambiamenti tutti in una volta. Era naturalmente più saggio
cambiare gradualmente e pacificamente. Se tutti i cambiamenti
fossero avvenuti in una sola volta lo shock sarebbe stato
troppo forte.
31 Cfr. G.
Dix, op. cit.,
pag. 669.
32 Cfr. P. J. A.
Jungmann s.j.,
Missæ Solemmnia, vol. II, pag. 62, nº 19.
33 Cfr. G.
Dix, op. cit.,
pag. 661.
34 L'Istruzione Pontifex tacite
intrat in canonem esigeva il Canone a bassa voce, pur non
essendo ovunque interpretata come «voce assolutamente
impercettibile» (cfr. P. J. A.
Jungmann s.j.,
op. cit., pag. 9).
35 È interessante notare che la recente
introduzione delle preghiere universali nella Messa ha, almeno
in Inghilterra, lo stesso effetto. Così, la prima petizione può
essere considerata una preghiera per la Regina e per la famiglia
reale, di modo che questi, per la posizione che le preghiere
occupano nella Messa, hanno il primo posto. Il corrispondente
nel nuovo rito di Paolo VI è la cosiddetta «preghiera dei
fedeli» o «salmo responsoriale» (N.d.R.).
36 Cfr. T.
Cranmer, Works
(«Opere»), Ed. Jenkyns, vol. III, pag. 146; Parker Society,
op. cit., vol. I, pag. 79.
37 San Giovanni Fisher (1469-1535),
Vescovo di Rochester. Creato Cardinale da Paolo III mentre si
trovava imprigionato nella torre di Londra per la sua
disapprovazione circa il secondo matrimonio di Enrico VIII. Morì
decapitato e martire della fede il 22 giugno del 1535.
38 Cfr. G.
Dix, op. cit.,
pag. 664.
39 Ibid., pag. 619. Questa
citazione è stata tratta da fonte anglicana. Essa pone l'accento
sul fatto che per lo storico e per il teologo è ovvio che Trento
ha uno status unico nel suo genere, e non è, come
affermano troppi lettori superficiali, né più, né meno di un
qualsiasi Concilio Ecumenico.
40 Per la storia generale dell'epoca, si
consulti P. W. Dixon,
History Of The Church Of England From 1529 to 1570, sei
volumi dei quali particolarmente il quarto presenta un valore
inestimabile. Da leggere è pure P. Hughes, The Reformation In
England, pubblicato più recentemente, e particolarmente il
vol. II. Abbondante è la bibliografia sulla personalità di
Cranmer. La Parker Society ha pubblicato sull'argomento le
seguenti opere: Writings And Disputations Of Thomas Cranmer
Relative To The Sacrament Of The Lord's Supper;
Miscellaneous Writings And Letters Of Thomas Cranmer. Vi è
poi il famoso Memorial of Cranmer, di Stryper e il
Remains of Thomas Cranmer, di Jenkyns. Queste ultime opere,
insieme all'Edizione Gardiner di Bishop Cranmer's
Recantacyons, possono fornire un indice completo delle idee
teologiche deI Cranmer. Un'esposizione moderna di queste,
fornita da un teologo anglicano è The Shape Of The Liturgy,
di Gregory Dix. Per i due Prayer Books di Cranmer, si
consulti con profitto l'Edizione Everyman's The First And
Second Praver Book Of Edward VI, con l'introduzione di
Bishop Gibson. Tra le pubblicazioni italiane sull’argomento, va
segnalato il bellissimo volume di Padre Celestino Testore s.j.,
intitolato Il primato di Pietro difeso dal sangue dei martiri
inglesi.
41 Nella nostra traduzione abbiamo
seguito il testo dell'Everyman's Library (pagg. 221 e
ss.). Va rilevato che i prefazi proprî di Natale, di Pasqua,
dell'Ascensione, di Pentecoste e della Trinità furono conservati
da Cranmer, ma in un testo parafrasato (talvolta ridotto, come
per l'ultimo, ma talvolta anche esteso, come per quello di
Pentecoste).
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